“Canta il cinema”, come eravamo

“Canta il cinema”, come eravamo

Tosi Siragusa

“Canta il cinema”, come eravamo

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mercoledì 20 Gennaio 2016 - 07:23

La settima arte e quella musicale si incontrano in una serata memorabile allestita dall'Associazione Bellini con i contributi di Orio Caldiron ed Egidio Bernava

Domenica 17 gennaio, presso l’Auditorium del Palacultura “Antonello”, sotto l’egida dell’Associazione musicale Vincenzo Bellini di Messina, si è tenuto ancora una volta un interessante evento, molto partecipato dalla cittadinanza. Già dall’intitolazione, e ancor di più dal sottotitolo “Grandi film e grandi canzoni dal ’30 al ’60” si può tracciare l’originale percorso, denso di contributi. Il grande critico Orio Caldiron non era presente in sala, ma è stato meritoriamente menzionato dall’altro curatore della manifestazione, il messinese Egidio Bernava, che ha sapientemente retto la serata, con il piglio del “conduttore” di un viaggio attraverso la memoria, che si è avvalso delle arti, cinematografica e musicale e del canto, per rievocare chi eravamo, non siamo e mai più saremo.

Apporto primario quello della messinese Orchestra Cooperativa Sinfonietta, composta da sei professionisti e da Alessandro Blanco, alla chitarra, Giovanni Alibrandi al violino, Flavio Gullotta al contrabbasso, Giuseppe Corpina al clarinetto, Antonio Cicero al fagotto, fino a Pierangelo La Spada alla batteria: ognuno ha svolto la propria parte egregiamente. Nero Toscano, alias Alfredo Catarsini, si è cimentato nel “bel canto”, unitamente a Elisa Smeriglio, valentissima performer, che ha sugellato i migliori momenti musicali con la sua voce ben modulata. Il compositore e esecutore Giovanni Puliafito, che si dedica particolarmente alle colonne sonore cinematografiche, ed è anche docente di educazione musicale presso scuole superiori, ha contribuito alla resa della serata con buona tecnica interpretativa. Pregevole l’attività di studio e ricerca dei rapporti fra la musica cosiddetta leggera e la settima arte, in un percorso lungo ventisette anni, con proiezione di frammenti di pellicole, da “Gli uomini che mascalzoni”, sceneggiato anche da Mario Soldati, con un giovanissimo Vittorio De Sica al suo trampolino di lancio, del 1932, a “Nel blu dipinto di blu” del 1958, ove la canzone ispiratrice, divenuta nota in ambito internazionale, è ancora rappresentativa di quello che era il Bel Paese. Degna di nota soprattutto la componente antropologica e di costume, che ha consentito per qualche ora di reimmergersi in quegli anni – forse per lo più bui, essendo in parte quelli risalenti all’epoca fascista e della seconda guerra mondiale – ove la grande storia entrava nelle case italiane attraverso la radio e, successivamente, negli anni ’50, che hanno preceduto il boom economico, a mezzo della televisione, e ove gli attori si facevano cantanti e i cantanti attori, in una condivisione di sfaccettature difficili da smembrare, perdurata fino agli anni ’70, ed oggi insolita. Le pellicole tutte restituiscono la grazia, dolcezza e leggerezza, gaia e malinconica e l’aria dei tempi e sono testimonianza delle mutazioni che hanno portato al capitalismo italiano. Alcune volte si resta a livello di bozzetti e aneddoti, e comunque, ai giorni nostri, indubbiamente, quelle interpretazioni, sovente dilettantistiche, laddove gli artisti non erano in possesso di entrambe le competenze, musicale e attoriale, richieste, fa un po’ sorridere, ma ci consente di effettuare un iter storico – documentaristico di rilievo, anche perché parte del materiale in visione è abbastanza raro.

Abbiamo inoltre ritrovato volti amatissimi, femminili, come quello di Alida Valli, di Anna Magnani, di Ebe de Paolis, Nilla Pizza, Maria Mercader, o maschili, dal già citato Vittorio De Sica a Tito Schipa, Beniamino Gigli, Alberto Rabagliati, Gino Bechi, Teddy Reno, Claudio Villa, e, ancora, Renato Carosone, fino a Fred Buscaglione e Domenico Modugno, tutti artisti non più viventi. Particolarmente toccanti le sequenze di “Vivere!”, con l’omonima canzone, del 1936, “Siamo donne”, del 1953, film a episodi, diretto altresì da Luchino Visconti (nell’episodio con Anna Magnani) e Roberto Rossellini (in quello con Ingrid Bergman). Notevoli anche i fotogrammi di “Monastero di Santa Chiara” del 1949, che rievocano la distruzione in periodo bellico di quel sito religioso, così come le note di “Mattinata fiorentina” in “La vita è bella“, del 1943, con Anna Magnani e Maria Mercader, svampita commedia per distrarre una nazione in guerra. La Magnani e la Campanini si scatenano in duetti comici, come quello su un’aria dell’Aida. “Tu vuò fa l’americano”, cantata da Renato Carosone e “Eri piccola così”, costituiscono parodie di quella propensione a importare gusti e atteggiamento americani, propri dei tardi anni ’50. Infine, “Malafemmena”, del 1951, intonata da Teddy Reno in “Totò Peppino… e la malafemmina”, del 1956, forse è il film maggiormente di valore ed è un gioiello di comicità surreale (esilarante la scena della lettura della lettera) ed è stato scritto da Totò in crisi amorosa per l’abbandono di una delle mogli. In conclusione, “Canta il cinema”, ha appassionato e commosso con leggerezza.

Tosi Siragusa

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