Dario Candela, quattro bis e la riscoperta di Cimarosa

Dario Candela, quattro bis e la riscoperta di Cimarosa

giovanni francio

Dario Candela, quattro bis e la riscoperta di Cimarosa

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lunedì 19 Marzo 2018 - 05:02

Un allievo del grande Ciccolini riscopre il pianismo di Cimarosa

Si è esibito al Palacultura, per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica, il pianista Dario Candela, allievo prediletto del compianto ed indimenticabile Aldo Ciccolini, e autore tra l’altro del libro “Conversazioni con Aldo Ciccolini”. La prima parte del concerto è stata dedicata a Franz Liszt, del quale Candela ha eseguito dapprima il Klavierstucke S192. Si tratta di cinque brani molto brevi, dal carattere introspettivo, pubblicati dopo la morte dell’autore. Sono cinque piccole composizioni ove il pianismo di Liszt, di solito ridondante e tendente allo più sfrenato virtuosismo, si riduce qui all’essenziale, asciutto e privo di fronzoli. Ha fatto seguito l’esecuzione della Ballata n. 2 S171 in si minore. È una composizione impegnativa ispirata al mito dello sfortunato amore fra Ero e Leandro, che racconta come Leandro, innamorato della sacerdotessa di Afrodite (Ero), fosse costretto ogni sera ad attraversare a nuoto lo stretto dell’allora Ellesponto (oggi Dardanelli), per raggiungere la sua amata, la quale accendeva una lanterna per permettergli di orientarsi. Una notte però una tempesta spense la lanterna, Leandro non riuscì a raggiungere la costa e morì annegato. Al mattino, Ero, alla vista del corpo di Leandro, si tolse la vita. Nel brano di Liszt possiamo percepire l’impeto della tempesta nei minacciosi fraseggi iniziali, come pure la dolcezza dei sentimenti fra i due sfortunati amanti, ed il tragico epilogo. Il piatto forte del concerto però è stato rappresentato senza ombra di dubbio dalla seconda parte della serata, interamente dedicata ad uno dei massimi capolavori di Robert Schumann e dell’intera letteratura del pianoforte romantico: gli “Studi Sinfonici op. 13”. Completati nel 1835, l’ampio brano si compone di dodici studi, per l’esattezza nove variazioni su un tema di un flautista dilettante, il barone Von Fricken, due studi liberi e un finale, a sua volta tratto da un tema di un’opera di Marschner, “Il templare e l’ebrea”. Schumann eleva al più alto grado l’arte della variazione, sulla scia dell’ultimo Beethoven, ed i singoli studi sono rappresentativi di tutta la sua poetica musicale: troviamo momenti misteriosi ed inquietanti, come la prima variazione, altri impetuosi e brillanti, alcuni ricchi di pathos, come la seconda, l’ottava e l’undicesima, pagine fra le più intense e riuscite del musicista tedesco, che esprimono una liricità appassionata, quasi patetica (Variazioni Patetiche era infatti il titolo originario dato a questo capolavoro). L’ultima variazione, la più celebre, ha un carattere marziale e cavalleresco, e conclude trionfalmente la composizione. In realtà due anni prima della definitiva pubblicazione Schumann eliminò cinque variazioni, aggiungendone otto nuove, e così furono pubblicati i dodici studi sinfonici. Successivamente Brahms, suo amico e allievo, reinserì, come“postume”, le cinque variazioni eliminate da Schumann. Dario Candela ha optato per l’esecuzione dei dodici studi, senza aggiungere i cinque “postumi”; tale scelta, abbracciata da diversi pianisti, se da un lato conferisce maggiore unitarietà a tutta la composizione, dall’altro ci ha privato dell’ascolto di cinque stupende pagine, intrise anch’esse di lirismo, in particolare la seconda e la quinta variazione. L’interpretazione di Candela è stata corretta, sobria, pulita, tecnicamente ineccepibile, tuttavia forse un po’ carente di personalità. In particolare l’esecuzione degli Studi Sinfonici talora è apparsa priva di nerbo, talora monocorde, soprattutto nel finale, ove forse non è riuscito a trasmettere la travolgente energia marziale caratteristica del brano. Ben quattro bis concessi, quattro brevi sonate di Domenico Cimarosa, del quale Candela ha inciso tutto il repertorio pianistico (più di ottanta sonate). Quella di Cimarosa compositore di sonate per piano è una interessantissima scoperta, essendo l’autore italiano noto soprattutto nel’ambito dell’opera buffa (“Il matrimonio segreto” la sua opera più importante). Le Sonate, in unico movimento alla stregua di quelle di Scarlatti, sono molto gradevoli e risentono sia dello stile di Scarlatti stesso, sia delle influenze dei quasi contemporanei Haydn e Mozart. Ottima stavolta l’interpretazione di Candela, esecuzione tersa e cristallina, che ci ha fatto apprezzare pagine italiane che andrebbero senz’altro rivalutate.

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