Giani-Cicero, l’evoluzione del fagotto

Giani-Cicero, l’evoluzione del fagotto

giovanni francio

Giani-Cicero, l’evoluzione del fagotto

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giovedì 23 Novembre 2017 - 07:00

Il fagotto dal barocco ai nostri giorni, una storia protagonista all’Annibale di Francia con la prestigiosa partecipazione di Maria Assunta Munafò al clavicembalo

Un insolito concerto si è tenuto al Teatro Annibale di Francia, per la stagione concertistica dell’Associazione Vincenzo Bellini. Insolito per la composizione dell’organico: due fagotti, integrati, nella prima parte, da un clavicembalo. Il fagotto è uno strumento a fiato dal timbro caldo, spesso assimilato alla voce umana, che si caratterizza per la sua vis comica, ma che può anche essere intensamente malinconico. Viene anche definito il violoncello degli strumenti a fiato, avendone la stessa estensione, ed infatti la sonata mozartiana – uno dei brani in programma – è stata scritta originariamente per fagotto e violoncello (oltre la sostituzione del violoncello qui si è anche aggiunto il cembalo).

I due bravi e simpatici fagottisti, Marco Giani e Antonino Cicero, che hanno scherzato, con buona dose di autoironia, col pubblico – che ha riempito la sala – sulla curiosità di assistere ad un concerto per simili strumenti, hanno offerto un percorso musicale dedicato a questo strumento dal barocco al Novecento. I due musicisti, accompagnati da Maria Assunta Munafò al clavicembalo, dopo l’esecuzione della Sonata in sol maggiore op. 14 n. 1 di Joseph Bodin De Boismortier, autore barocco quasi sconosciuto, hanno eseguito il celebre concerto RV 439 di Antonio Vivaldi. Intitolato dallo stesso autore “La notte”, è il secondo dei sei concerti op. 10 per flauto, archi e basso continuo, di Antonio Vivaldi. In realtà il concerto è un arrangiamento di un precedente concerto da camera, scritto dal musicista veneziano per flauto, due violini e fagotto. Stasera ascoltiamo una versione adattata per due fagotti e cembalo. Si tratta, dopo le “Quattro Stagioni”, probabilmente del concerto a programma più celebre di Vivaldi, un concerto cioè di natura descrittiva (nella fattispecie descrive appunto la notte). Dopo un primo movimento “Largo”, che evoca la calma della notte, ma intriso di una certa inquietudine, quasi un presagio di ciò che sta per accadere, ecco apparire i “Fantasmi”, resi con impetuose e rapide scale. Altro movimento con titolo è l’altro “Largo” denominato “Il sonno”, un movimento che rappresenta la versione abbreviata del celebre largo da “L’autunno”, e che analogamente intende descrivere il sonno degli ubriachi. Tuttavia l’arrangiamento per fagotti e cembalo purtroppo ha fatto perdere molto dello spirito brillante ed inquietante al tempo stesso di questo capolavoro. La Sonata in sib maggiore KV 292 Wolfgang Amadeus Mozart per fagotto e violoncello, (adattata come so è detto per due fagotti e cembalo), rappresenta l’unica sonata composta per questo organico dal compositore austriaco, da qui l’importanza, più storica che artistica, che il brano riveste. La sonata fu composta nel 1775, all’età di diciannove anni, in occasione della conoscenza, fatta da Mozart a Monaco, del barone Thaddaus Von Durnitz, ricco proprietario, e pianista e fagottista dilettante di ottimo livello. Il barone commissionò a Mozart una pagina originale per fagotto, e il genio salisburghese compose questa sonata insieme a tre concerti per fagotto e orchestra, dei quali solo uno, il concerto K 191, è a noi pervenuto. La sonata presenta molti aspetti simili alle coeve sonate per pianoforte (una delle quali, la K 284, composta per il barone, e detta appunto “Durnitz-Sonate”), ma, a causa dello strumento – il fagotto – meno agile e duttile del pianoforte, risulta meno ricca e complessa sotto il profilo tecnico, con l’elemento virtuosistico quasi assente. Tuttavia una pagina interessante, specialmente nei tempi estremi, “Allegro” e “Rondo”, ricchi di temi graziosi ed espressivi. La seconda parte, in cui i fagottisti hanno fatto a meno dell’accompagnamento del cembalo, ha visto prima l’esecuzione di un brano di Francois Devienne, contemporaneo di Mozart, “Duetto concertante op. 3 n. 4”, unico brano della serata composto originariamente per due fagotti. Ha fatto seguito l’arrangiamento per due fagotti, a cura di Francis Gebau, di due celebri arie rossiniane tratte dal “Barbiere di Siviglia”, “Ecco Ridente in Cielo”, e “Largo Al Factotum”, ovviamente assai gradite.

Infine due brani contemporanei appartenenti alla musica sudamericana: Carinhoso” di Pixiguinha, e “El firulete”, di Mariano Mores hanno concluso questo percorso musicale, intrapreso da due ottimi e affiatati interpreti di questo particolare strumento. In assenza di brani di repertorio per tale compagine, i musicisti hanno bissato con il “Rondo” dalla Sonata di Mozart.

Giovanni Franciò

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