Duo Dego-Leonardi, il talento italiano esalta Beethoven

Duo Dego-Leonardi, il talento italiano esalta Beethoven

giovanni francio

Duo Dego-Leonardi, il talento italiano esalta Beethoven

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mercoledì 21 Dicembre 2016 - 07:31

Splendida interpretazione di Francesca Dego e Francesca Leonardi per l'esecuzione integrale delle dieci sonate per violino e pianoforte composte dal genio tedesco

Secondo e penultimo appuntamento con l’esecuzione integrale delle dieci sonate per violino e pianoforte di Beethoven, – sabato al Palacultura – a cura dell’Accademia Filarmonica, in associazione con la Bellini, che ha invece concluso quest’anno l’eccezionale esecuzione integrale delle sonate per pianoforte di Beethoven, due splendidi regali per gli amanti della grande musica e del genio tedesco in particolare.

A differenza di altri generi musicali da camera, come i quartetti d’archi, le sonate per pianoforte e le sonate per violoncello e pianoforte, il genio di Ludwig van Beethoven, pur raggiungendo talora delle vette altissime, nel genere della sonata per violino e pianoforte non è stato un grande innovatore, eccezion fatta forse per la sonata A Kreutzer, che ascolteremo l’anno prossimo. Questo non certamente perché Beethoven sottovalutasse il genere o non gli fosse del tutto congeniale (tutt’altro), ma semplicemente perché la grande innovazione in quel campo era stata già compiuta prima di lui da un altro grandissimo, Wolfgang Amadeus Mozart. Prima delle sonate di Mozart, in epoca barocca le sonate per violino e cembalo si caratterizzavano dall’assoluta predominanza del violino, fungendo il cembalo soltanto da basso continuo. Successivamente, nella metà del settecento, le parti si invertirono totalmente, il pianoforte (prima cembalo, poi forte-piano) assunse il compito di solista, mentre il violino si limitò ad eseguire il ripieno o comunque ad accompagnare. Con Mozart, soprattutto nelle ultime sue sonate, il violino ed il pianoforte acquistano pari dignità, dialogano alla pari, dando vita alla moderna sonata per violino e pianoforte. Le tre sonate op. 12, le prime sonate per violino e pianoforte composte da Beethoven, risentono con evidenza dell’influsso di Mozart; Beethoven adopera addirittura lo stesso modus procedendi del suo illustre predecessore negli ultimi movimenti, nei quali il tema viene enunciato prima dal solo pianoforte, proprio come avviene nei rondò mozartiani. Manca forse in queste sonate quella leggerezza propria della musica di Mozart, tuttavia non può parlarsi di mal riuscite imitazioni delle sonate del compositore austriaco, in quanto emerge qua e là l’unghia del leone, come ad esempio nel primo movimento della sonata in la maggiore, la n. 2, un allegro capriccioso e ricco di estro, meritatamente celebre. Nella Sonata in do minore op. 30 n. 2 (la settima sonata per violino e pianoforte), capolavoro che ha occupato tutta la seconda parte del concerto, Il maestro di Bonn ci catapulta invece in pieno Sturm und Drang. Si tratta della prima grande sonata per violino e piano di Beethoven, da alcuni denominata l’eroica delle sonate per violino. Composta nel 1803 e dedicata, come le altre due dell’op. 30, ad Alessandro I di Russia, si emancipa finalmente dal passato, già nella suddivisione in quattro movimenti in luogo dei tradizionali tre, con l’aggiunta dello Scherzo. Il primo movimento – Allegro con brio – presenta un piglio eroico e concitato, tipicamente beethoveniano; il secondo – Adagio cantabile – è imperniato su un nobile e contemplativo tema in la bemolle maggiore; dopo l’energico terzo movimento – Scherzo, allegro – ecco infine il Finale, allegro, forse il movimento più riuscito per la bellezza dei temi, per il ritmo concitato e soprattutto per la splendida coda, definita da Carli Ballola “quasi una corsa cieca verso l’abisso”.

Come nel concerto che l’anno scorso ha inaugurato il ciclo dell’integrale delle sonate per violino di Beethoven, anche sabato le due musiciste Francesca Dego al violino e Francesca Leonardi al pianoforte, che ascolteremo anche l’anno prossimo concludere il ciclo, hanno regalato pubblico del Palacultura un’interpretazione eccellente ed impeccabile. Quello che colpisce di queste due meravigliose realtà della musica italiana è l’affiatamento, la ormai consumata intesa, che conferisce all’esecuzione una gradevolissima naturalezza, rendendo l’interpretazione perfettamente unitaria e precisa. Da notare ancora una volta la felicissima scelta dei tempi, la disinvoltura e la capacità espressiva nell’eseguire sonate che toccano tutte le corde emotive d Beethoven, dall’ironia della seconda sonata op. 12 al dramma ora eroico, ora mesto, ora addirittura sinistro e inquietante della sonata op. 30 n.2. Costituisce una enorme soddisfazione ascoltare due musiciste italiane eseguire Beethoven in maniera così egregia sia sotto il profilo tecnico che espressivo. Alla fine del concerto le due giovani artiste, applauditissime, hanno suonato le sei arie tedesche, composizioni minori di Beethoven, gradevoli, leggere e prive di problemi, quasi a stemperare la tensione accumulata con la sonata in do minore. Rivedremo con enorme piacere le nostre “Francesche” l’anno prossimo per il gran finale di questo formidabile ciclo: la celeberrima Sonata a Kreutzer.

Giovanni Franciò

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