La Messina che si sporca le mani col sudore e quella che se le mette in tasca

La Messina che si sporca le mani col sudore e quella che se le mette in tasca

Rosaria Brancato

La Messina che si sporca le mani col sudore e quella che se le mette in tasca

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domenica 23 Marzo 2014 - 06:38

Nel corso di questa settimana mi sono inbattuta in due "Messine" diverse: da un lato quella dei 16 del Birrificio Messina, che hanno investito il loro Tfr per tornare a produrre la storica birra, dall'altro la Messina dello scandalo Formazione, la città che vede nei soldi pubblici una cassa ad uso e consumo personale. Il lavoro, in questo sistema, ha perso dignità, è diventato un concetto ridicolo. C'è un abisso tra la Messina che si sporca le mani di sudore e quella che se le mette in tasca.

Mi ero ripromessa di dedicare la rubrica di oggi ai coraggiosi eroi del Birrificio Messina, che, messi in strada da un’imprenditoria incapace di volare, hanno investito cuore e Tfr in un sogno che tra pochi mesi diventerà realtà. Mi ero ripromessa di raccontare la storia della Messina che produce e fatica, che rischia di suo, braccia e sudore, che non si lamenta, che lotta per ottenere un diritto, che lavora per realizzare un obiettivo. Poi, mercoledì 19, con la richiesta di autorizzazione a procedere per il deputato Pd Francantonio Genovese, si è tornato a parlare dello scandalo Formazione. E scorrendo le pagine dell’ordinanza ho trovato un’altra Messina, che vede nel pubblico casse da saccheggiare, che non crede nel lavoro, che non vede altro futuro se non il proprio. E le due Messine sono come una fotografia ed il suo negativo. Chiedo scusa ai coraggiosi del Birrificio Messina se rubo loro spazio per parlare di un altro furto, quello del concetto di lavoro inteso come produzione, il furto del futuro per lasciare solo un deserto. I 16 ex dipendenti della Birra Triscele, dopo aver lottato per salvare lo storico stabilimento, hanno investito IL LORO TFR, non quello di altri, non soldi dell’Unione Europea, dell’Ars, dello Stato, ma il loro TFR (quello che gli italiani accantonano per una serena vecchiaia) , per realizzare il sogno di continuare a fare la Birra Messina. Hanno investito i loro soldi perché credono nelle loro braccia e nel loro progetto. Alla Regione hanno chiesto i capannoni non per far finta, come si usa al Sud, di avviare fabbriche e fantomatiche iniziative imprenditoriali, ma per vedere nuovamente “una cosa” prodotta, una cosa vera, che si tocca, che si crea. In una città dove i luoghi di produzione reale chiudono per far spazio alle palazzine, ci sono 16 pazzi scriteriati che si rimboccano le maniche per produrre. A settembre contano di mettere in bottiglia 20 mila ettolitri di birra. “Quello che stava morendo non era solo il nostro sogno ma un pezzo di storia di Messina”. Questa frase l’ho letta lunedì 17 nell’articolo di Francesca Stornante che ripercorreva il calvario dei lavoratori. Tre giorni dopo ho letto, tra le carte dell’inchiesta Corsi d’oro, frasi ben diverse. Gli Enti di formazione sono nati ( o almeno così riteniamo noi babbei) per dare ai nostri giovani la possibilità di qualificarsi per trovare un lavoro. Ma quel mostruoso sistema che è stato creato in tutta la Sicilia, se ne frega totalmente dei giovani e del futuro dell’isola. Il concetto di lavoro è diventato una parola ridicola di fronte a quel che è stato fatto. Gli Enti sono serviti a drenare fiumi di denaro che finivano in un mare di clientela che andava dal Cda, al docente, all’impiegato fino al fornitore. Nelle carte dell’inchiesta ho letto di Enti che venivano fatti agonizzare appositamente per poterli acquistare a poche lire e quindi continuare a fare affari. Meccanismo semplice, gli si bloccavano i fondi alla Regione per prenderli con l’acqua alla gola per poche lire e tornare a ottenere milioni di euro dall’Ue. Ho letto di compravendita di corsisti. Mi servono due apprendisti fabbri, se me li dai in cambio ti dò una quota di finanziamento. E si contrattava la percentuale, come al mercato. I corsisti non sono merce, non sono numeri, sono i nostri ragazzi. In tanti casi i corsisti non venivano neanche pagati perché si lucrava persino sulle loro indennità. Ho letto di persone assunte formalmente negli Enti ma che in realtà lavoravano per la segreteria di Genovese. E, lamentandosi del livello a loro assegnato e dello stipendio, minacciavano di andare sul serio a lavorare allo sportello. Lavorare realmente nell’Ente era insomma una minaccia…. E’ un po’ come se io mi facessi rifare il salotto dall’architetto del Dipartimento urbanistica facendolo pagare dal Comune, o come se mi facessi pulire la casa dai dipendenti di Messinambiente.

Di fronte a tutto questo lo stupore degli ispettori europei dell’Olaf quando hanno scoperto che al Ciapi l’Unione Europea aveva mandato 15 milioni di euro per avviare al lavoro 18 ragazzi (quasi un milione di euro a ragazzo) dei quali si conosceva solo il nome, è nulla. Siamo di fronte ad una concezione della cassa pubblica come portafoglio privato. L’ufficio di collocamento è stato sostituito con una segreteria politica che smistava le assunzioni, tenendo conto, persino degli invalidi civili e delle categorie svantaggiate. Il tutto ovviamente senza graduatorie, concorsi, bandi. Ma la differenza tra il collocamento pubblico e la segreteria politica non è una quisquilia, perché il conto lo paghi alla cassa e la cassiera non è una signorina sorridente, ma l’urna elettorale. In Sicilia si utilizzava il denaro pubblico come se fosse il proprio conto in banca, peraltro con rischio d’impresa pari a zero perché i soldi non erano i loro. Il problema è anche l’assoluta mancanza di produttività di tutto questo. Riempire gli Enti di finti docenti finti impiegati finti corsisti finti fornitori finte sedi crea un’illusione di “lavoro” che quando il sipario cala lascia il deserto.

Questa inchiesta ti lascia un profondo senso di tristezza. Se ami la tua città, la tua gente, devi piantare un seme e poi vederlo crescere. Lo innaffi, lo curi. Se invece passi con una ruspa senza lasciare neanche un filo d’erba non resterà più niente. Da questa formazione non nascono fiori né frutti, se non per chi ha trasformato gli enti nel bancomat personale. C’è un episodio nelle intercettazioni in cui uno degli arrestati racconta come è avvenuta l’assunzione di decine di persone per l’Enfap: “ Allora prima fanno la riunione da soli e noi eravamo tutti lì come scolaretti e poi ci chiamano uno per uno, come scolaretti”. Nel leggerla avverti quel senso di umiliazione che proviene da un diritto trasformato in elemosina. Non è questo che chiediamo alla politica.

Poi il pensiero torna a lunedì 17 marzo. I 16 della Birra Messina non hanno chiesto uno stipendio, assistenzialismo. Hanno chiesto le opportunità per poter poi crearsi il proprio stipendio. Non si sono inventati un corso di formazione per “il bravo birraio”, docenze sull’uso del malto a fini terapeutici o sulla matematica applicata alla birra scura. I 16 del Birrificio Messina non hanno studiato come ingannare l’Unione europea, hanno pensato, guarda un po’, anche ai loro figli, che magari un giorno potranno investire, ampliare la produzione, far girare la birra nel mondo. O semplicemente essere orgogliosi dei loro papà che a 50 anni si sono rimessi in gioco. La loro storia commuove perché è una piccola perla rara in un mare scuro in cui il lavoro ha perso ogni valore, ha perso ogni dignità. E poi, diciamolo, la birra mette allegria e dopo un po’ ti torna il sorriso e la voglia di sognare.

Rosaria Brancato

14 commenti

  1. Cambiamo Messina dal basso, ma non solo come supporter o elettore di Accorinti, ma come cittadini.

    Possiamo farlo in moltì modi: Non allontanandoci dalla politica ma facendola con la nostra testa, pensando a tutto il tempo che siamo stati dietro ai politici ed alle loro false promesse, dietro a chi usava il sistema di “premiare” uno per avere attorno a sè una moltitudine di servi agognanti lo stesso premio.

    In tanti se ne sono andati da Messina, tutti quelli che non volevano sottostare a questo sistema, tra di loro tanti erano i migliori, quelli che avrebbero potuto dare un serio contributo alla nostra città, ormai ridotta al lumicino.

    Il DNA dei messinesi si è impoverito, chi è rimasto è stato costretto a vivacchiare o ad elemosinare a meno che con uno scatto di orgoglio non si fa come gli ex Triscele che vorrei potessero servire da esempio.

    Io spero di ubriacarmi della loro birra…

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  2. Da “commentatore” storico della rubrica di Rosaria Brancato, non posso che esprimere soddisfazione ed anche un po’ di emozione per lo splendido articolo odierno che ha il merito, a mio giudizio, di rappresentare clamorosamente il fondamentale nodo( scorsoio) nel quale questa nostra amata città e’ da tempo appesa e che conferma anche plasticamente l’analisi che mi sforzo di segnalare maniacalmente da anni, spesso nella disattenzione generale :
    La nostra e’ una città amministrata e sostenuta da forze in grandissima parte “dipendenti”dal pubblico….che ignora, snobba quando non contrasta energicamente ogni iniziativa imprenditoriale autonoma produttiva “indipendente”.
    Già da almeno 8 anni tentavo con lo pseudonimo di ” Dolce & Gabbato” di indicare i rischi connessi al venir meno della logica del voto di scambio, dell’avvento della “spending review” e del “federalismo fiscale”. Restavano da spolpare ancora i fondi europei dei corsi di formazione… si sono avventati come lupi famelici. Persi ormai anche quelli, non ci resta che “morire”…di fame. Grazie alla lungimiranza di quasi tutti i politici ed amministratori locali.
    La coraggiosa iniziativa di questi ex operai della birra Messina, deve essere sostenuta con forza dalla nostra comunità anche perché non sarà per niente facile competere con la forza devastante e senza scrupoli del monopolista del mercato.

    La vicenda paradossale dell’abbattimento del ponte, del progetto concreto più innovativo dell’era moderna, del tabù ponte di Messina che si è’ instillato subdolamente nei neuroni dei Messinesi (Genovese, D’Alia, Accorinti, PD sindacati di pensionati…) inquinandoli inesorabilmente , costituisce la prova più clamorosa della nostra incapacità antropologica di affrontare tematiche di sviluppo legate all’iniziativa privata autonoma indipendente. L’abitudine all’assistenzialismo incoraggia a rifugiarsi nella “barca” pubblica nella speranza di continuare a galleggiare. E’ giunto il momento storico di innalzare i cuori, “resettare” le menti, liberarsi dai pregiudizi ideologici e di ” partito”, mettersi in gioco…. per il bene dei nostri figli e nipoti che non meritano la prospettiva della disoccupazione o della forzata emigrazione.

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  3. roberto cerreti 23 Marzo 2014 10:01

    Cara Rosaria, nei diversi anni, ho avuto il piacere di conoscerti ed apprezzare il tuo alto senso di appartenenza alla nostra Messina e sono profondamente colpito dal tuo articolo e dai sentimenti contrastanti che emergono circa le due differenti tematiche. Da un lato un gruppo di coraggiosi e virtuosi lavoratori, dall’altro il nulla. Vedi io sono stato rappresentante istituzionale nel messinese per 10 anni e quando ho iniziato il mio percorso politico, molto giovane, ero convinto che il consenso elettorale fosse il frutto del proprio operato, delle proprie capacità messe a disposizione della collettività e soprattutto dell’amore per la nostra provincia. Beh.. anche se la mia linea è rimasta uguale, ciò che ho compreso è che mi sbagliavo…nella cinica logica politica messinese per fare strada o per essere eletto, contano solo i voti, i soldi e la copertura politica. Con questi 3 elementi in una città ridotta all’osso e tristemente clientelare fai quello che vuoi, puoi permetterti di usare la gente come pedine, decidere chi far lavorare, a chi far vincere le elezioni e guai se in qualche raro caso e come successo a me, batti un predestinato o un parente del boss politico di turno, sei costretto subito a cambiare partito, ad essere emarginato, attaccato, ad essere orgogliosamente e per sempre una voce fuori dal coro!
    Sai dal 94 ad oggi ho conosciuto tutta la deputazione messinese e regionale che si è succeduta e tutti i potenti della nostra terra, provando solo all’inizio un senso di soggezione per questi uomini e per i loro ruoli, per poi comprendere la pochezza del loro operato, l’incapacità manifesta di difendere i messinesi ed i loro lavoro, assistendo inermi o consenzienti alle tragedie lavorative dei dipendenti della birra Messina, della Sicilia Limoni, dell’Aicon e di tutte quelle realtà chiuse negli ultimi 10 anni. Ma la risposta, ha ragione l’amico che mi ha preceduto, deve venire dal basso, dalla ritrovata capacità di noi messinesi di saperci rimboccare le maniche per ricostruire per l’ennesima volta Messina, puntando ad esaltare gli esempi virtuosi del nostro territorio, come gli ex Dipendenti della birra Messina che oggi ci devono rendere veramente orgogliosi di essere messinesi.
    Noi dovremo ricordarci di perdonare i nostri nemici ed i nemici della nostra città, ma per il bene comune e di Messina non dovremo mai dimenticare i loro nomi!

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  4. Che bell’articolo complimenti….
    Auguroni ai fantastici 4²=16,che possiate realizzare cio’ che vi siete prefissati e che la buona sorte vi accompagni,sappiate che malgrato tutto di Messinesi onesti c’è ne tanti,e non aspettano altro di comprare la vostra birra.

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  5. antonio campanella 23 Marzo 2014 10:32

    Brava, condivido in toto!

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  6. MessineseAttento 23 Marzo 2014 12:05

    Intanto voglio esprimere la mia assoluta certezza sul fatto che la città premierà “gli eroi” ex Triscele, ai quali, spero, sia data la possibilità (purtroppo remota) di etichettare la loro (NOSTRA) birra con lo storico marchio BIRRA MESSINA.
    Adesso, però, voglio anche esprimere il mio rammarico per la mancata denuncia, da parte degli organi di stampa, dei risvolti politici, soprattutto cittadini, del guano venuto fuori in questi giorni.
    Assordante il silenzio dei genovesiani di ferro, pronti a ridicole conferenze stampa per disquisire sull’annoso problema dei mercatini natalizi e supini dinanzi allo scandalo che li coinvolge DIRETTAMENTE.
    Forse sperano nell’improbabile non autorizzazione a procedere, per tornare a serrare le fila della politica clientelare e ritentare la scalata al Palazzo!?

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  7. Complimenti!

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  8. angeliforever 23 Marzo 2014 13:45

    Gent.ma Rosaria anche i lavoratori dell’ex Hotel Europa di Messina,storica struttura alberghiera, avrebbero voluto investire il proprio tfr pur di riaprire i cancelli dell’albergo per non perdere le speranze di lavorare,ma quel tfr ci è ad oggi negato dai proprietari dell’ex azienda!
    Chissà magari lei potrà aiutarci pubblicando qualcosa in merito!
    Grazie

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  9. Arrampicarsi fino
    alla cima non è poi
    così difficile…
    quando – incauti – abbiamo
    lasciato laggiù, in fondo
    all’inizio…
    il peso di noi stessi.

    Non a tutte le piante serve lo stallatico per crescere bene.

    Viviamo tutti come fosse per sempre, privandoci nell’emanare amore, come fosse una forma congenita di stitichezza……
    Non si vive di solo pane….ci sono anche i crackers…. fatti in casa. Auguri ragazzi, auguri Rosaria e auguri Messina.

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  10. liliana parisi 23 Marzo 2014 15:49

    Tantissimo auguri a questi lavoratori volenterosi e coraggiosi:che Dio(anzitutto),le istituzioni,la stampa,la popolazione…li aiutino a raggiungere il successo che meritano!

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  11. io mi chiedo e chiedo a tutti,ma “carruvari” è chi lo fa’ o chi ci va appressu????????

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  12. Non ripeterò il pistolotto sulla bassa qualità dell’informazione messinese dove prima di informare l’importante è “ossequiare”. Non parlerò di intrecci massonici, scambi di favori e neanche di cambiamenti dal basso o dall’alto.
    Quello che era nell’aria da parecchi mesi e sta venendo fuori adesso non è UN FUNGO CHE SPUNTA ALL’IMPROVVISO.

    L’intera città di Messina era a conoscenza da quasi sempre del fenomeno e come era per la “formazione” avveniva per Messinambiente, avveniva per le università, avveniva per gli appalti del Policlinico, avveniva fuori e dentro i santuari delle figurine.. perché chi “gestisce” le figurine non è diverso.

    L’UNICA COSA DI CUI CI SI PUO’ STUPIRE E’ CHE SIA VENUTO ALLA LUCE,
    E CHE SIA VENUTA ALLA LUCE SOLO UNA PICCOLA PARTE DEL TUTTO,
    E CHE CERTI SANTUARI NON SIANO STATI NEMMENO SFIORATI,
    E CHE E’ TUTTA UNA CORSA NELL’INFORMAZIONE MESSINESE ALL’INCREDULITA’ DI FRONTE A FENOMENOLOGIE CHE FINO AL GIORNO PRIMA SI DAVANO SCONTATE.

    E poi non ci si stupisce neanche che i nuovi “poteri” dal basso o dall’alto che dir si voglia, stiano esattamente replicando la stessa metodologia gestendo gli altri come figurine, preoccupandosi di “intercettare i finanziamenti” senza nemmeno chiedersi se la cosa serve o meno. Gestendo le cose pubbliche, le istituzioni come se fosse un affare loro.

    LODE E GLORIA AI 16 CORAGGIOSI CHE SI PROPONGONO DI PRODURRE BIRRA sperando che la loro idea serva a rilanciare il polo industriale di Larderia…. posizionato a “casa di Dio” con delle strade di collegamento che fanno paura… (altro che passaggio dei TIR su via La Farina).

    Hanno avuto in concessione un capannone.. (ma vi risulta sia stato talmente difficile vista la crisi che svuota i capannoni?) eppure c’è da chiedersi.. Che fine faranno gli storici locali della Birra Messina? (ovvero: A chi serve averli tolto da lì? Io, se fossi un giornalista me lo chiederei preventivamente)

    Ed ancora, la forza del mitico marchio era che “viaggiava” anche oltre Messina. Augurando loro che la loro impresa vada a buon fine.. quando dovranno fare il salto dei confini della città si ritroveranno le stesse limitazioni logistiche che trovano le ormai poche “industrie” messinesi nell’affrontare il superamento dei confini comunali?

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  13. Brava Rosaria, in questo deserto mediatico, riesci ad andare dritto alle coscienze pulite di questa città . Questa città che ha già mandato segnali forti da Giugno 2013. Un patto fra noi,: berremo tutti solo Birra Messina e, sopratutto, non ci faremo più affamare da squallidi personaggi, da mediocri venditori di false illusioni, da straccioni assurti alla politica per sfruttare dal bisogno e dalle speranze della povera gente ( ed, ahimè , c’è ne sono ancora tanti anche in consiglio comunale.
    A proposito, non vedo più commentare i…..soliti noti anti-Renato, come mai?

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  14. Perché tu non sei abituato a leggere, ecco perché ( ma neanche a scrivere, ma questi sono affari tuoi)

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