Il fallimento dell'Acr Messina specchio della città. Un bando per la serie D

Il fallimento dell’Acr Messina specchio della città. Un bando per la serie D

Rosaria Brancato

Il fallimento dell’Acr Messina specchio della città. Un bando per la serie D

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domenica 16 Luglio 2017 - 07:44

Squadra e città sono fuori da "ogni serie". I tempi sono stretti. C'è una strada che passa per Palazzo Zanca: il sindaco potrebbe firmare un bando, come ha appena fatto il suo collega di Mantova.

Dopo di noi non ci sarà più calcio a Messina” dissero i Franza nel 2008. E così fu. Non perché fossero gufi o jettatori ma perché questa è la fotografia di una città che non ha trovato più imprenditori in grado di sostenere una squadra nel calcio che conta.

Peggio, dall’asta fallimentare in poi (primavera 2009), finimmo nelle mani di figure di ogni genere, al limite tra il giudiziario e l’incapace.

La mancata iscrizione in C dell’Acr e il fallimento mi convincono sempre più che le sorti di squadra e città sono legati, sono speculari.

La discesa negli inferi della squadra che resta fuori dalla serie C è lo specchio di Messina, piombata nel peggior stato di degrado.

Se dovessimo scattare la fotografia oggi, nel 2017, Messina è questa: devastata dagli incendi, sporca, piena di rifiuti, sciatta, le strade dissestate, una condizione economica sull’orlo del default, fuori davvero dalla serie A, B e C in ogni senso. Manca solo l’invasione delle cavallette e siamo nel medioevo del 2000.

Mentre la città si spopola di giovani e non solo, quel che più allarma è il senso di resa, di rassegnazione, come se precipitare fosse ineluttabile e nessuno avesse più la forza di porre un argine alla caduta.

Le due immagini, Acr e Messina sono speculari in più di un punto.

1)Oltre 2 milioni e mezzo di debiti all’Acr non sono spuntati nella notte tra fine febbraio e il 1 marzo quando Proto ha acquistato la squadra. La mole debitoria Proto l’ha ereditata da quellicheceranoprima. Sulle spalle si è preso un fardello accumulato, in modo anche disinvolto, da chi ha guidato la squadra in quasi un decennio, dal 2009 in poi. Allo stesso modo Accorinti ha ereditato le macerie ed un dissesto nei fatti lasciati da quellicheceranoprima. Anche il sindaco si è trovato una mole disastrosa di macerie provenienti da chi ha guidato la città negli ultimi 10 anni, in modo altrettanto disinvolto dei “colleghi” dell’Acr.

I debiti non sono stati creati né da Proto né da Accorinti. Li hanno ereditati.

Entrambi però quando si sono quando si sono seduti nella poltrona di presidente e di sindaco erano perfettamente a conoscenza della situazione disastrosa che andavano ad affrontare.

Non sono stati bendati, erano pienamente consapevoli che le due poltrone erano posizionate sopra un rogo.

Entrambe sono senza dubbio due brave persone, sinceramente animate da buoni propositi, passionali ed entusiaste ma evidentemente troppo superficiali nell’affrontare la gravità della situazione. Non bastano le buone intenzioni.

Proto, ad esempio, da uomo di calcio e da imprenditore navigato, non avrebbe dovuto a marzo affrontare questa avventura se non era certo di avere una solidità economica in grado da solo di coprire le cifre necessarie.

Avventurarsi in un tunnel senza uscita contando sulla pacca sulle spalle di chi magari gli ha detto, stando a quanto racconta Proto, “vai avanti finisci il campionato e poi ti aiutiamo noi”, è quantomeno da ingenui. Sicuramente non è un comportamento avveduto. Se intraprendo un lungo viaggio metto in valigia carta di credito, farmaci, vestiti, tutto l’occorrente per sopravvivere senza contare su improbabili compagni di viaggio che potrebbero anche non presentarsi all’aeroporto il giorno della partenza.

Proto è arrivato con un Messina in agonia, il suo si è rivelato un accanimento terapeutico con l’aggravante che non ha detto chiaramente come stavano le cose.

E’ vero, è stato lasciato solo. Ma avrebbe dovuto essere prudente nelle dichiarazioni ottimistiche e lanciare un allarme forte, serio, sin da aprile.

Anche Accorinti probabilmente ha creduto nelle pacche sulle spalle che qualcuno, soprattutto tra i partiti, gli ha dato durante il ballottaggio “vai avanti che lungo la strada ti aiutiamo”. Salvo poi, girato l’angolo e il vento lasciarlo solo. E’ rimasto col cerino in mano. Certo il sindaco ci ha messo del suo, ma questa è un’altra storia.

Adesso abbiamo una città in ginocchio sotto ogni punto di vista. L’acqua erogata, le fiamme, l’incuria, i giovani che vanno via, il dissesto, i fallimenti.

Sono dell’idea che quando ci sono i rami secchi devono essere tagliati.

Adesso non è tempo per piangersi addosso e distribuire le responsabilità che sono sempre degli altri e mai le nostre.

Non c’è tempo per stare sul gradino del San Filippo a ricordare i bei tempi andati e a tirare sassi a Proto piuttosto che a Stracuzzi o Lo Monaco.

Nel ’93 abbiamo iniziato la risalita dagli inferi finendo addirittura in serie A.

Nel 2009 vi fu l’asta fallimentare (finita peraltro nel peggiore dei modi…..).

Nel 2017 una strada c’è e passa proprio dal sindaco Accorinti.

Le squadre di città blasonate possono contare su una via d’uscita, rivolgendosi al Presidente della FIGC Tavecchio per chiedere l’scrizione in serie D. Lo deve fare il sindaco a nome della comunità e nel contempo provare a vedere se in giro ci sono imprenditori (o società già esistenti) in grado di sostenere un campionato senza accumulare nuovi debiti attraverso un bando.

Il sindaco di Mantova Mattia Palazzi lo sta facendo in tempi record. Ha firmato un bando in meno di una settimana che consentirà a chi vuol proporsi al timone della squadra di presentare le offerte. Un comitato cittadino le vaglierà e deciderà entro il 25 luglio a chi affidare il titolo sportivo di serie D che il sindaco richiederà alla Figc. Gli imprenditori, non solo di Mantova, si stanno già facendo avanti.

I tempi sono stretti, per quanto la situazione sia disperata.

E’ vero, a Messina non c’è più stato calcio dagli anni dei Franza, ma ci sono i tifosi e la città. Ed è da qui che possiamo ricominciare.

Ai tempi di Martorano presidente del Messina, periodo nel quale io sono stata addetto stampa (come nel periodo successivo con Manfredi presidente) ricordo un tifoso che disse “inutile piangere sul latte macchiato”, facendo un errore, usando il termine macchiato invece che versato. Aveva ragione, era un latte macchiato da troppe “sporcizie” ed errori di vario genere.

Probabilmente è tempo di gettare via quel latte troppo pieno d’impurità e trovare nuova acqua per dare risposta alla sete dei tifosi.

Rosaria Brancato

9 commenti

  1. Brava Rosaria, ottimo articolo e sacrosante valutazioni. Ma chi ha il coraggio di dire “E’ vero, ho sbagliato tutto ed il primo colpevole sono io” anziché puntare il dito sempre verso gli altri???
    Non sicuramente Accorinti e probabilmente nemmeno Proto…

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  2. Le missioni impossibili non sono per tutti. Men che meno per gli sprovveduti o improvvisati. Come si vede nei film, sono gli uomini migliori, quelli più addestrati ad essere arruolati per le missioni difficili. E’ proprio in queste circostanze che si vede la differenza tra chi ha gli attributi realmente e chi si vanta di averli: quelli per esempio che vincono le partite con 11 maratona in campo e dicono di essere bravi allenatori. Lo stesso discorso vale per il tibetano e , probabilmente, ( perché non seguo il Messina calcio) vale per il sig. Proto. Il punto dolente però non è questo. Tutti purtroppo, siamo consapevoli che la città …”non è più una città” . La cosa drammatica è che non si vede all’orizzonte nessuno con gli attri. che pos.

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  3. La città con il messina calcio sono due mondi diversi…. ricordiamoci quando il messina era in serie A attraverso il suo indotto portò sicuramente un po di benessere e ottimismo in città! Gestire una squadra di calcio non è da tutti!

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  4. Il dramma di questa città è la cappa che la avvolge inesorabilmente e che ne ottunde purtroppo
    una realistica visione, la visione impietosa così ben descritta da R.Brancato.
    Tuttavia pochi comprendono che la città decresce economicamente e demograficamente perché NON ESISTE
    una vera classe imprenditoriale produttiva in grado di investire.

    Era inevitabile. Lo sostengo da lustri..Una città che ha”congiurato”
    in molte delle sue componenti sociali per”abbattere”il Ponte
    sullo Stretto ha determinato”ipso facto”il declassamento della città intera,insieme alla sua squadra di calcio.
    Non ammetterlo,non è molto intelligente e segnala insufficiente esperienza imprenditoriale ed economica.Esagerando:col Ponte,i cinesi fra Milan e Messina?

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  5. Il dramma di questa città è la cappa che la avvolge inesorabilmente e che ne ottunde purtroppo
    una realistica visione, la visione impietosa così ben descritta da R.Brancato.
    Tuttavia pochi comprendono che la città decresce economicamente e demograficamente perché NON ESISTE
    una vera classe imprenditoriale produttiva in grado di investire.

    Era inevitabile. Lo sostengo da lustri..Una città che ha”congiurato”
    in molte delle sue componenti sociali per”abbattere”il Ponte
    sullo Stretto ha determinato”ipso facto”il declassamento della città intera,insieme alla sua squadra di calcio.
    Non ammetterlo,non è molto intelligente e segnala insufficiente esperienza imprenditoriale ed economica.Esagerando:col Ponte,i cinesi fra Milan e Messina?

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  6. Il dramma di questa città è la cappa che la avvolge inesorabilmente e che ne ottunde purtroppo
    una realistica visione, la visione impietosa così ben descritta da R.Brancato.
    Tuttavia pochi comprendono che la città decresce economicamente e demograficamente perché NON ESISTE
    una vera classe imprenditoriale produttiva in grado di investire.

    Era inevitabile. Lo sostengo da lustri..Una città che ha”congiurato”
    in molte delle sue componenti sociali per”abbattere”il Ponte
    sullo Stretto ha determinato”ipso facto”il declassamento della città intera,insieme alla sua squadra di calcio.
    Non ammetterlo,non è molto intelligente e segnala insufficiente esperienza imprenditoriale ed economica.Esagerando:col Ponte,i cinesi fra Milan e Messina?

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  7. Messina Prima di Tutto 16 Luglio 2017 21:18

    Quando si parla di calcio a Messina non si capisce più nulla..ci zziccate magari A’ccoriti.. LE VERE RESPONSABILITA’ SONO 2 LA GESTIONE FRANZA INNAMORATI DEL BUSINESS E NULLA PIU’ (per loro la maglia era merchandising da vendere ) e DEI COSIDETTI TIFOSI.. quelli che si fanno i conti con i soldi degli altri, con i sacrifici degli altri, con le passioni e le motivazioni degli altri.. salvo poi battersi il petto “Compare tu c’eri a Benevento?, a san benedetto? , a Modena? a Pisa (a 1000 Lire) a Lecce? ad Avellino? La ns città non ha nè il passo nè l’andatura di questo calcio moderno.. ma soprattutto non ha gli Uomini per essere una città moderna..Abbiamo dato lustro a Truffatori, lestofanti e criminali con il calcio. per inciso Me non è Mn

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  8. Nicolò D'Agostino 16 Luglio 2017 22:20

    Non capisco… L’ascesa dei Franza al Messina Calcio fu una mossa imprenditoriale per garantirsi la simpatia della cittadinanza sul monopolio dell’attraversamento dello Stretto. Non ha concorrenza reale ma virtuale dovendosi confrontare con una Società a capitale pubblico che dovrebbe essere venduta ma che è affidata alla guida del cugino del ministro Alfano (guarda caso). Dopo di Loro è passata da mani in mano ma vorrei sapere quanti soldi hanno investito (realmente) chi si è posto come salvatore della “patria” (io avanzo ancora soldi e materiali da alcuni di questi). Dopo… il nulla… Mi dispiace per Proto ma gli hanno mollato “un grande pacco”. Chissà… Se si troverà una soluzione…Mi auguro.

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  9. memento per buddaci……….chi è causa del suo mal pianga se stesso….

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