Alfio Caruso presenta “Un secolo azzurro”, il calcio nel Paese

Alfio Caruso presenta “Un secolo azzurro”, il calcio nel Paese

Alfio Caruso presenta “Un secolo azzurro”, il calcio nel Paese

martedì 14 Gennaio 2014 - 15:34

Verrà presentato il libro alla libreria Feltrinelli, il 15 gennaio. Presentazione affidata a Francesco Musolino. La mattina secondo appuntamento con il CrochetLab

Doppio appuntamento al Feltrinelli Point Messina mercoledì 15 gennaio. Alle ore 9,30 ritorna il CrochetLab, a invitare tutti coloro che sono interessati all’antica e bella arte dell’uncinetto sono Antonella Magazzù e Lucia Di Gangi, “sempre più motivate”. Alle ore 18 avrà luogo l’incontro con Alfio Caruso e il suo ultimo libro, Un secolo azzurro, edito da Longanesi, con la partecipazione del giornalista Francesco Musolino. Un secolo azzurro ripercorre cent’anni di storia italiana (dal 1910 al 2010) raccontati dall’osservatorio della nazionale di calcio: da Edoardo Agnelli, che nel 1925 spiega a Mussolini come l’apertura nel campionato di calcio ai figli degli espatriati in America possa costituire il primo passo della futura espansione politica, all’aereo presidenziale di Pertini usato dagli azzurri nell’82 per trasferire a Roma 400 mila dollari in nero, passando per l’incredibile derby torinese giocato il 1° aprile 1945 e interrotto per la sparatoria in tribuna fra repubblichini, tedeschi e partigiani, Passioni, affari, complotti, scandali, intrighi: insomma – recita la quarta di copertina – “ il meglio della nostra società”. Tanto che “forse aveva ragione Churchill quando affermò: ‘Mi piacciono gli italiani: vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra’”.

“Il libro – spiega Caruso – è stato scritto per dar modo all’autore di divertirsi nel raccontare una favola, che lo aveva molto divertito, e di rivivere sensazioni, vicende, incontri che l’avevano molto coinvolto. Malgrado le divisioni, che suscita, il calcio mi pare, paradossalmente, l’unica materia unificante del Paese, anche nel male. Fa rivivere quotidianamente l’Italia dei campanili, tuttavia ci ha regalato quei pochi momenti in cui ci siamo ‘stretti a corte’. Per me resta indelebile il pomeriggio della finale mondiale di Madrid, 11 luglio ’82, contro la Germania: 40 mila italiani in marcia verso il Bernabeu avvolti nei tricolori, dopo che nel decennio precedente ci avevano sputato sopra, e poi al momento dell’inno il tentativo di cantarlo, ma nessuno seppe andare oltre la prima strofa, perché avevamo spregiato anch’esso. L’unico che l’intonò fino al ‘sì’ finale fu Pertini, impettito e imperterrito, in tribuna d’onore”. 

Il pallone come “chiave di lettura”, insomma. Tanto che anche l’appuntamento a Messina rievoca nello scrittore, tra l’altro, un ricordo “da stadio”. “Da bambino, appassionatissimo di calcio e del Catania – racconta – ero persuaso che al mitico Celeste la mia squadra potesse solo vincere. Una delle tante illusioni”.  Illusioni perdute anche quelle che caratterizzano il rapporto di Caruso, nato a Catania nel 1950, con la Sicilia. Un rapporto da “amante tradito, sempre più tradito. Vedo ovunque il trionfo del peggio accompagnato da una iattanza, che toglie il respiro”.

Caruso è autore di romanzi, thriller politici e di mafia (Tutto a posto, 1991, I penitenti, 1993, Il gioco grande, 1994, Affari riservati, 1995, L’uomo senza storia, 2006, Willy Melodia, 2008, L’arte di una vita inutile, 2010), di due saggi di sport con Giovanni Arpino, e ancora, sempre con Longanesi Da cosa nasce cosa (2000), Italiani dovete morire (2000), Perché non possiamo non dirci mafiosi (2002), Tutti i vivi all’assalto (2003), Arrivano i nostri (2004), In cerca di una patria (2005), Noi moriamo a Stalingrado (2006), Il lungo intrigo (2007), Milano ordina: uccidete Borsellino (2010) L’onore d’Italia (2011). Presso Salani è apparso Breve storia d’Italia (2001). E se Caruso scrive libri che “sbancano”, la crisi dell’editoria resta un fatto, nonostante e-book, detrazioni fiscali ed altre novità. “Troppi titoli, troppo costosi, pochi soldi da spendere, un popolo non molto convinto che siamo ciò che leggiamo, benché spesso siamo ciò che non abbiamo letto”, commenta l’autore. “Vista la mia età ormai veneranda, mi capita di guardare gli scaffali della mia libreria e di chiedermi con un piccolo sussulto al cuore che ne sarà di tutti quei libri”. E la conclusione è nitida: “Sempre grazie a chi legge un mio libro”.

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