Elezioni: il paradosso del simbolo Pd conteso, nella città dove il partito non esiste

Elezioni: il paradosso del simbolo Pd conteso, nella città dove il partito non esiste

Rosaria Brancato

Elezioni: il paradosso del simbolo Pd conteso, nella città dove il partito non esiste

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giovedì 09 Aprile 2015 - 22:03

In vista delle amministrative di maggio stiamo assistendo ad un paradosso: il simbolo Pd è conteso proprio in quella provincia dove il partito non esiste,ostaggio del passato e di beghe interne. "Nei prossimi giorni esamineremo il caso Milazzo e Barcellona con i vertici regionali" spiega il segretario provinciale Basilio Ridolfo "se avessimo avuto una struttura organizzativa la situazione sarebbe diversa". E annuncia un'assemblea per chiarire una volta per tutte il caso Messina.

Mai come adesso il simbolo Pd va a ruba ed è conteso più di una bella donna. I casi di Barcellona e Milazzo sono due esempi evidenti di quest’improvvisa affezione al partito. Ma l’aspetto più paradossale è che le guerre per il simbolo Pd scoppiano in una città dove il Pd non esiste da due anni. L’ordigno peraltro è esploso proprio mentre il segretario provinciale Basilio Ridolfo si è sgolato per spiegare ai leader delle varie anime che solo con un organismo provinciale attivo e funzionante si sarebbe potuto affrontare in modo adeguato il periodo elettorale. Le amministrative di fine maggio peraltro sono una sorta di “prova generale” di quel che potrebbe avvenire a livello regionale e locale dopo la stagione delle rivoluzioni annunciate e fallite. All’appuntamento con il futuro invece il Pd dello Stretto si è fatto trovare diviso in mille rivoli, ostaggio di veti incrociati e di un passato che non riesce a superare. Senza una direzione provinciale, come correttamente ha fatto notare Ridolfo ormai un mese fa nel corso dell’ultima, inutile,riunione, è impossibile risolvere i casi Milazzo e Barcellona senza dover ricorrere ai vertici regionali. Insomma, dovrà essere Palermo a risolvere le contese.

Iniziamo da Barcellona, che a ben guardare è lo specchio di quel che potrebbe avvenire a Messina qualora domani si dovesse tornare alle urne. Il Pd barcellonese dopo la mozione di sfiducia alla Collica si è sfaldato in mille anime ognuna delle quali ha “sposato” un candidato diverso. A ingarbugliare le carte però è stato il fatto che il simbolo Pd,in piena era Renzi va col vento in poppa e chi se lo aggiudica, almeno stando ai pensieri dei contendenti,è già a metà strada. Facendo un passo indietro,al dopo mozione di sfiducia, lo sfaldamento è stato immediato, ogni area ha iniziato a guardare ad un candidato diverso. L’iniziale proposta degli alleati Dr di presentare l’ex segretario cittadino Francesco Russo in modo da avere un candidato di partito e chiaramente Pd è finita nel frullatore dei veti incrociati. Morale della favola 3 circoli Pd su 4 si sono spostati sulla candidatura di Giuseppe (Giusi) Turrisi, esterno al Pd ma appoggiato appunto dalla maggioranza dei circoli e dal gruppo Barbalace, nonché da esponenti ex Pdl ed ex centro-destra. L’area renziana si sta spostando in gran parte verso Maria Teresa Collica. Nelle ultime ore l’associazione Big Bang di Barcellona,attraverso un comunicato del coordinatore comunale Salvo Piacentino ha ufficializzato la decisione,annunciando anche i nomi di tre candidati in lista come consiglieri. Ma non è finita qui,perché un’altra area Pd, quella vicina all’ex segretario cittadino Russo sosterrà Munafò,che è un iscritto Pd. Infine non sono esclusi altri rivoli che andranno verso Roberto Materia, il candidato scelto dai Dr e poi “condiviso” con gli ex An e Forza Italia. Quanto basta per chiedersi “chi” sia il Pd a Barcellona. La patata bollente è finita in mano al segretario provinciale Basilio Ridolfo dopo che proprio Turrisi ha annunciato “il simbolo Pd sarà il nostro” e che ha fatto scatenare reazioni nell’altra parte del partito, quella che schiera un Pd tesserato,Munafò.

“Se avessimo avuto una direzione provinciale e gli organismi completi,come dico da mesi, a quest’ora avremmo risolto da tempo il problema, anzi non si sarebbe neanche venuto a creare- commenta Ridolfo- Abbiamo di fronte due istanze: da un lato un candidato che non è del partito,Turrisi, ma che è sostenuto dalla parte numerica più consistente,3 circoli su 4. Dall’altro lato abbiamo un candidato che è tesserato Pd come Munafò. Due tesi contrapposte. Ho già contattato il segretario regionale organizzativo Rubino e nei prossimi giorni affronteremo il caso insieme al segretario regionale Raciti. Certo non è bella una situazione di questo genere, andare alle amministrative senza una lista che abbia il simbolo del Pd,è lo specchio di una situazione di caos”.

Ma la contesa per il simbolo riguarda anche Milazzo, sia pure in tono minore. In questo caso sono state annullate le primarie e i due candidati Giovanni Formica e Salvatore Presti hanno concordato,dopo che la vicenda è finita anche in tribunale,per l’annullamento. Chi a questo punto vuole il simbolo come previsto dallo statuto è il sindaco uscente Carmelo Pino,iscritto al Pd e protagonista proprio di quella battaglia dopo l’esclusione alle primarie, per poter competere insieme agli altri.

“Ripeto,se avessimo avuto la struttura organizzativa metà dei problemi che si sono verificati li avremmo già risolti sin dal primo momento- continua Ridolfo che affronterà a livello regionale anche il caso Milazzo- Il simbolo del Pd lo detiene per così dire Renzi e su delega le segreterie regionali. Non avendo noi alcuna struttura organizzativa mi sono visto costretto a contattare i vertici regionali, decideremo nei prossimi giorni”.

Incredibile ma vero, il simbolo Pd a Messina è diventato più attraente di Belen Rodriquez e per di più in una realtà dove il partito non esiste.

“La verità è che tutti questi problemi li abbiamo a causa di quello che possiamo definire il fantasma del caso della città di Messina- conclude amaramente Ridolfo- Perché è tutto fermo in provincia solo a causa dei problemi che esistono a livello cittadino e che hanno bloccato tutto, anche ogni mia proposta”.

Nelle scorse settimane Ridolfo aveva presentato un cronoprogramma ed una scaletta di marcia per riavviare la macchina del partito,incontrando inizialmente il no dei genovesiani che puntavano invece a spostare il congresso a settembre-ottobre piuttosto che a giugno. I renziani per protesta hanno abbandonato il Coordinamento. Strada facendo Rinaldi sembra abbia dato l’ok alla proposta Ridolfo ma in questo caso a prender tempo sono stati Panarello e Laccoto.

“Io sono veramente stanco di questa situazione di stallo che non giova a nessuno ma soprattutto danneggia il partito”, spiega Ridolfo che ha già deciso entro fine aprile (probabilmente il 20) di convocare un assemblea che serva una volta per tutte a mettere il punto per andare in una direzione piuttosto che in un’altra. Lui la sua proposta per avviare la macchina della ricostruzione e la stagione immediata dei congressi e dei tesseramenti l’ha fatta. Se finirà ostaggio di beghe interne e di mercanteggiamenti, tattiche gattopardesche e dibattiti infiniti,come ha già annunciato si dimetterà e saranno dimissioni irrevocabili. “Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità”.

Rosaria Brancato

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