Aste fallimentari, sono tre gli indagati finali per i casi di corruzione

Aste fallimentari, sono tre gli indagati finali per i casi di corruzione

Alessandra Serio

Aste fallimentari, sono tre gli indagati finali per i casi di corruzione

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sabato 20 Maggio 2017 - 07:25

La Procura di Reggio Calabria chiude l'inchiesta sul giudice Minutoli, l'imprenditore Colosi e il colonnello Romeo, che progettavano di fondare una società per gestire meglio i beni, acquisiti sotto prezzo alle aste fallimentari.

Alla fine degli accertamenti sulla gestione delle aste bandite dalla sezione fallimentare di Messina, sotto la lente della Procura di Reggio Calabria, rimangono tre gli indagati che compaiono nell'avviso della chiusura delle indagini preliminari. Ovvero il giudice Giuseppe Minutoli, l'ex direttore della Dia di Messina Letterio Romeo e l'imprenditore del settore food&beverage Giuseppe Colosi.

La Procura reggina ha invece stralciato la posizione del carabiniere Francesco Biondo, il poliziotto Nicola Spurio, Maria Spanò ed Emilio Andaloro. Per i quattro si va ora verso l'archiviazione delle ipotesi di reato.

Diverso il caso del magistrato, del colonnello dei carabinieri e dell'imprenditore, che sono indagati per un unico caso di corruzione, mentre le altre ipotesi sono state archiviate, ovvero il progetto di costituire una società, gestita da Colosi, per la gestione dei beni e le attività acquisite alle aste fallimentari, dove è in servizio Minutoli.

Società di cui avrebbero dovuto fare parte la moglie del magistrato e la compagna del colonnello. Un progetto che non è mai stato concretizzato.

Tutti e tre sono già stati interrogati dalla magistratura reggina, e si sono difesi fornendo la loro versione dei fatti: erano un puro chiacchiericcio, senza alcuna vera volontà progettuale. Evidentemente però la Procura d'oltre Stretto la pensa diversamente.

A mettere nei guai i tre sono state alcune conversazioni intercettate in un locale dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Messina durante l'inchiesta sugli affari di Luigi Tibia, l'esponente del clan di Giostra. Inchiesta poi sfociata nel processo oggi in corso, denominato Totem.

In particolare ascoltando alcune conversazioni degli indagati, i carabinieri hanno scoperto che i rapporti tra l'imprenditore Colosi ed alcuni appartenenti delle istituzioni erano molto "chiacchierati", in città.

C'era di più: pedinando il curatore fallimentare dei beni di Tibia, i carabinieri sono incappati proprio in Colosi, che era interessato ad acquisirli, ed hanno deciso di monitorarlo: da metà 2015 al 2016 inoltrato gli investigatori gli sono stati addosso con cimici e pedinamenti, ricostruendo la sua rete di rapporti, tra i quali quelli privilegiati col giudice Minutoli, in servizio alla sezione Fallimentare dove Colosi ha già acquisito diverse attività, a cominciare dal bar del Comune, e col colonnello in servizio alla Dia, trasferito in Campania.

Alessandra Serio

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