Il Violino e l’Opera. Riscoperte d’autore

Il Violino e l’Opera. Riscoperte d’autore

giovanni francio

Il Violino e l’Opera. Riscoperte d’autore

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domenica 26 Febbraio 2017 - 09:01

La grande opera italiana, nelle trascrizioni per violino, mirabilmente interpretata da Luigi De Filippi

Dopo Un bel dì vedremo, un altro concerto dedicato all’opera italiana, nell’ambito della stagione di musica del Teatro Vittorio Emanuele. Nonostante il concerto faccia parte della serie dedicata ai Concerti dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, in realtà tale orchestra ancora una volta si è esibita in formato ridotto, ormai poco più che un’orchestra da camera.

Questa volta l’omaggio al melodramma italiano è stato reso attraverso l’esecuzione di fantasie per violino e orchestra tratte da celebri opere: “Fantasia su Sonnambula” e “Fantasia su Trovatore “ composte dal musicista francese Delphin Alard, e “Pot-pourri su Pagliacci”, del tedesco Bernhard Wolff. Nell’ottocento era abbastanza comune comporre fantasie tratte dai più celebri brani delle opere, era un mondo musicale totalmente diverso e distante dal nostro, ove la musica aveva anche una funzione di unione della collettività, per cui tali composizioni si ascoltavano non solo nei teatri ma anche nei grandi salotti dell’epoca. Inoltre trascrivere per piccole orchestre, o anche per strumenti solisti, (si pensi alle innumerevoli trascrizioni di Franz Liszt) aveva anche lo scopo pratico di rendere accessibile l’ascolto dei temi più belli del melodramma, senza dover assistere alla rappresentazione dell’opera, in un’epoca ove non si poteva usufruire, come nella nostra, delle riproduzioni meccaniche del suono. Certo oggi tali composizioni possono sembrare alquanto obsolete, ed infatti i musicisti che ne furono autori, come i due ascoltati nella prima di questo spettacolo sono quasi tutti caduti nel dimenticatoio. Tuttavia lo spettacolo è risultato gradevole, un’occasione per riascoltare diversi brani amatissimi dal pubblico (non numerosissimo) che infatti ha mostrato di gradire, grazie anche alla bravura e alla simpatia del direttore e violino solista Luigi De Filippi, che si è anche intrattenuto talora col pubblico in spiegazioni sui pezzi eseguiti. Riascoltare arie come “Ah! Non credea mirarti da “Sonnambula” di Bellini, “Vesti la giubba” da Pagliacci di Leoncavallo, o “Stride la vampa” e “Di tale amor” dal Trovatore di Verdi, con il violino che sostituisce la voce, è stato comunque emozionante, e magari ha fatto venire, a un pubblico quest’anno privato totalmente della lirica, un’irresistibile desiderio di assistere alla rappresentazione di uno di questi capolavori. Il concerto è stato integrato anche da tre brani che non costituiscono fantasie di opere. Infatti è iniziato con l’esecuzione, per orchestra, della Sinfonia da “Il Signor Bruschino” di Gioachino Rossini, un brano molto popolare, sempre piacevolissimo da ascoltare, brillante ma anche intriso di quella ironia del grande musicista di Pesaro. La seconda parte del concerto è iniziata con il Preambolo da Malbruk, un’operetta comica di Ruggero Leoncavallo, un brano che, dopo una introduzione di carattere melodico, assume le forme di una marcia, dal carattere leggero e disimpegnato. Molto più interessante la composizione che ha concluso la prima parte: “Antiche Arie e Danze”, per orchestra d’archi (l’originale è per liuto) di Ottorino Respighi, una serie di brani melodici dal carattere nostalgico, che riecheggiano epoche lontane, rielaborazioni di strutture melodiche e armoniche cinquecentesche, secolo musicale del quale il compositore italiano, musicologo oltre che musicista, era appassionato studioso.

Buona la prova dell’orchestra, forse qualche sbavatura soprattutto nella sinfonia rossiniana, ma nel complesso un’esecuzione più che dignitosa. Nessuna sbavatura invece nell’interpretazione di Luigi De Filippi, ottimo direttore, impeccabile violinista, che ha offerto un’esecuzione di ogni brano sicura e disinvolta, ma anche intensa. Sicuramente molti, come accaduto a chi scrive, saranno usciti dal teatro canticchiando l’aria di Leonora “Di tale amor” dal Trovatore”, il bis concesso a conclusione dello spettacolo.

Giovanni Franciò

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