No al concordato, il Tribunale dichiara fallita la società di Immacolato Bonina

No al concordato, il Tribunale dichiara fallita la società di Immacolato Bonina

Alessandra Serio

No al concordato, il Tribunale dichiara fallita la società di Immacolato Bonina

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venerdì 02 Dicembre 2016 - 23:02

Il piano di salvataggio della Csrs, la società che gestisce i supermercati siciliani e calabresi, non ha garanzie concrete e non assicura continuità aziendale ma soltanto la liquidazione. Così il Tribunale di Barcellona, che ha detto no al concordato preventivo presentato dall'imprenditore di Barcellona e dichiara fallita la società.

E’ ufficiale: la società madre fondata dal gruppo Bonina per gestire la filiera di supermercati in Sicilia e Calabria è stata dichiarata fallita. Il Tribunale di Barcellona (presidente De Marco, estensore Grippo) non ha ammesso il concordato preventivo presentato dalla Centro Supermercati Regione Sicilia Spa nell’aprile dello scorso anno dagli avvocati Francesco Aurelio Chillemi, Fabrizio Guerrera e Gaetano Franchina, decretandone il fallimento e affidando la curatela all’avvocato Filippo Bisognano.

Si chiude così “l’agonia” del gruppo guidato da Immacolato Bonina, l’imprenditore barcellonese noto soprattutto per aver portato alla ribalta nazionale la squadra di basket del Longano. Oltre 200 i dipendenti impiegati nel comparto della grande distribuzione, nel solo messinese.

Nelle cinque pagine di sentenza, la giudice Grippo spiega perché non era ammissibile il piano di salvataggio proposto da Bonina per salvare la CSRS, società con un passivo di oltre 63 milioni di euro, nelle more fusosi con la BonDiAl, nei guai dopo l’istanza di fallimento presentata dalla Granarolo.

In sostanza secondo il Tribunale il concordato non regge per due motivi in particolare: si tratta di un concordato liquidatorio con cessione di beni innanzitutto, e non di un concordato con continuità aziendale. Il piano prevedeva infatti la cessione di un ramo d’azienda alla newco San Francesco. Una cessione di ramo d’azienda che neppure era tale, nei fatti – spiega il Tribunale – perché prevedeva l’affitto di avviamento, attrezzature e diritto di subentro. Non individuava però l’effettivo ramo aziendale in cessione.

La continuità aziendale non sarebbe stata garantita neppure dagli accordi di ristrutturazione del debito previsti per la BonDiAl, la società che avrebbe dovuto cedere alla CSRS la necessaria iniezione di liquidità. Anzitutto perché quel che la BonDiAl aveva già “in patrimonio” erano delle semplici dichiarazioni di impegno da parte delle banche a sottoscrivere le ristrutturazioni, e ciò soltanto nel caso in cui il concordato fosse stato ammesso. Infine, pur nella fusione, BonDiAl e CSRS sono due società diverse, quindi per permettere il passaggio della necessaria liquidità da una all’altra sarebbe stato necessario prevedere e indicare i rapporti di dare-avere tra le due. Cosa che secondo i giudici non era stato indicato correttamente nel piano.

Non ha superato il vaglio, il concordato, neppure dopo le integrazioni della documentazione prodotta, effettuate proprio dopo che il Tribunale aveva mosso i propri rilievi. Il piano prevedeva inoltre la vendita di un immobile di Milazzo per un milione e mezzo di euro, la cessione delle quote Sigma, stimate intorno ai 60 mila euro, poi il recupero di crediti per 44 mila euro, considerati "irrilevanti".

Queste le ragioni giuridiche alla base del secco no, che ora mette Bonina alle strette. A maggio prossimo l’adunanza con i creditori. Tra loro ci saranno anche quella parte di dipendenti che si è battuta, in questi mesi, rappresentati dall’avvocato Nino Centorrino, per non rimanere fuori da qualunque sviluppo avesse preso la vicenda, e vedere così azzerati i crediti che vantano, a cominciare ai mesi di arretrato (leggi qui)

Alessandra Serio

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