Storie di migranti in attesa di risposte sull'asilo politico e senza assistenza legale

Storie di migranti in attesa di risposte sull’asilo politico e senza assistenza legale

Eleonora Corace

Storie di migranti in attesa di risposte sull’asilo politico e senza assistenza legale

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sabato 19 Ottobre 2013 - 06:17

Siamo tornati una settimana dopo al Pala Nebiolo, il centro sportivo universitario che ospita un'ottantina di migranti. All'interno del centro gli esperti segnalati dal Comune non possono accedere se non hanno anche l'autorizzazione del Prefetto.. Parlando con i migranti risulta che nessuno di loro è affiancato da un avvocato nella lunga e delicata procedura del riconoscimento della richiesta d'asilo.

Si entra solo in seguito all’autorizzazione della Prefettura. Per gli esperti segnalati dall'amministrazione, come Tania Poguish, non è bastata l'autorizzazione del Comune. Pala Nebiolo, una settimana dopo le nostre prime visite. Giro di vite su chi ha il permesso di accedere al centro o meno. Se una settimana prima, la segnalazione di un paio di assessori è bastata a garantire l’accesso, adesso è tutta un’altra storia. che il vento sia cambiato lo si nota subito. Alla macchina con l'esperta segnalata dall'assessore Todesco non è consentito neppure affiancarsi accanto a quella della protezione civile che presidia l’ingresso poco oltre il cancello del centro sportivo. Va lasciata fuori. Saliti alla struttura ginnica,le forze dell’ordine controllano una per una le autorizzazioni, che sono però, prefettizie. Gli esperti segnalati dal Comune non possono entrare e ritornano indietro accompagnati da un volontario della protezione civile che nel frattempo si scusa: “sono ordini, fino a poco fa c’è stata un’ispezione, non possiamo fare diversamente”. Le direttive vengono ovviamente dall’alto, spesso direttamente dal Ministero a Roma. Certo, questo cambia le carte in tavola. Rischiano di evaporare gli appelli rivolti al Comune di prendere in mano la situazione e non lasciare che venga gestita come una mera questione di ordine pubblico. Il Pala Nebiolo, al momento non –luogo giuridico, assume sempre di più la fisionomia di un vero e proprio CIE, o quanto meno, di un punto di smistamento dei migranti in vista del successivo trasferimento in qualche Centro di Identificazione ed espulsione o in un CARA. Con buona pace della politica dell’accoglienza, del rispetto dello status di rifugiati e dei progetti di integrazione SPRAR, più volte invocati dal mondo dell’associazionismo e della società civile fin dal primo giorno dell’arrivo dei primi 52 ragazzi africani a Messina.

Fallito il piano A, entra in gioco quello B e per il principio della montagna e di Maometto, si aspetta fuori dai cancelli, per intercettare i ragazzi che escono nel limpidissimo pomeriggio di ottobre. E’ una bella giornata e sembra che la maggior parte degli ospiti non si tiri indietro alla possibilità di una passeggiata. Prima di uscire mostrano il foglio che gli riconosce come richiedenti asilo. Dovranno rientrare al centro alle 20:00 e potranno uscire alle otto della mattina successiva . Il primo ad avvicinarsi è un gruppo di tre persone, uno di loro è decisamente troppo chiaro di carnagione: infatti è egiziano. Lui parla solo arabo, gli altri due, provenienti dal Sudan , preferiscono il francese all’inglese. Loro vengono da Agrigento piuttosto che Pozzallo, fanno parte di quel gruppo di ventisette che si è aggiunto ai cinquantadue arrivati per primi. Se il primo gruppo era composto da persone provenienti da Somalia, Eritrea e in piccola parte, Ghana e Nigeria, nel secondo provengono anche da: Sudan, Togo, Egitto e Tunisia. Due ragazzi del Togo, mentre accennano al loro viaggio,si prendono per mano. È già in piedi, invece, il nigeriano scivolato nella doccia, che una settimana fa ci sorrideva steso sulla branda con il piede fasciato. Una decina di eritrei, invece, stando andando in Chiesa. Hanno croci di legno sulle maglie sportive e la messa per loro è un appuntamento quotidiano. Molti vanno a telefonare. Si affollano intorno alle cabine telefoniche per chiamare casa con le schede intercontinentali. Pochi minuti per informarsi delle persone care e rassicurarle di star bene, finalmente, Di aver raggiunto il corrispettivo di quella che i nostri migranti chiamavano “America”.

Il traguardo, però, non è definitivo. La richiesta dell’asilo politico può essere stata accolta, ma l’iter per il riconoscimento è lungo e passa attraverso vari esami da parte di una commissione nazionale. i ragazzi non sembrano avere ben chiara la lunga procedura burocratica che li aspetta. Chiediamo se hanno parlato con un avvocato, tutti ci rispondono di no. Come hanno compilato i documenti se non hanno mai visto un avvocato? “Ci hanno aiutato i volontari – croce rossa e protezione civile – e la polizia”, rispondono. L’assistenza legale, però, è fondamentale dal momento che una sola risposta può determinare il buon fine della domanda d’asilo o il rimpatrio. Carmen Cordaro, avvocato dell’Arci, raggiunta telefonicamente, commenta: “Non mi hanno fatto entrare, avevo fatto richiesta, ma mi hanno negato l’accesso, nonostante faccia parte di un associazione accreditata a livello nazionale. Ho chiesto che mi siano recapitate le motivazioni per iscritto”.

Intanto, nulla si sa circa l’eventuale trasferimento al villaggio turistico Le Dune, ipotizzato dallo stesso sindaco Accoritni in una lettera al Prefetto. I ragazzi africani sorridono alla nostra curiosità e dichiarano di trovarsi bene. Il problema maggiore, al momento, resta quello di mettersi in contatto con la famiglia in Africa. Hanno problemi con le schede sim, non si capisce se perché non funzionanti, perse o sequestrate. La connessione ad internet, promessa da una settimana, non è stata attivata. Gli eritrei, soprattutto, sembrano avere un buon rapporto con le due signore designate come mediatrici culturali.(Eleonora Corace)

2 commenti

  1. ormai che sono qui ne arriveranno sempre di altri.

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  2. puzza di bruciato 20 Ottobre 2013 18:00

    A quando la fuga in massa?

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