La magia del Notre Dame de Paris: tra sentimenti eterni e dolente attualità

La magia del Notre Dame de Paris: tra sentimenti eterni e dolente attualità

Rosaria Brancato

La magia del Notre Dame de Paris: tra sentimenti eterni e dolente attualità

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sabato 01 Luglio 2017 - 09:09

Tutto esaurito in Fiera per il ritorno dello spettacolo dei record. Una storia tutta antica eppure moderna al tempo stesso.

Non c’è solo l’incanto dei sentimenti eterni (l’amore, la gelosia, l’odio, la passione), ma il Notre dame de Paris “di ritorno”, che continua a fare il sold out in tutta Italia, ha anche una dolente attualità negli anni bui dell’intolleranza al diverso.

C’è l’amore nelle sue mille sfaccettature, carnali, disperate, poetiche, ma c’è anche, visibile nella scenografia con “spruzzi” di modernità rispetto alla storia ambientata sul finire del ‘400, l’intolleranza verso chi è diverso, sia esso il Gobbo Quasimodo, sia la zingara Esmeralda, sia il popolo della Corte dei miracoli, quegli “stranieri” che alle porte di Notre Dame ora chiedono asilo ora inneggiano alla libertà.

E’ questa l’alchimia di quello che è stato definito lo show dei record, oltre 15 milioni di spettatori in tutto il mondo e che dopo una pausa nel 2012, dallo scorso anno è di nuovo in tournee ed incanta oggi come 15 anni fa, e racconta una storia d’amore e di libertà, tutta antica e tutta moderna.

Tratto dal celebre romanzo di Victor Hugo, lo spettacolo è stato scritto a 4 mani nel ’98, in una simbiosi tra poesia e musica che porta le firme di Riccardo Cocciante e Luc Plamondon ed ha esordito a Parigi. La versione italiana, di Pasquale Panella, è andata in scena nel 2002. Regia Gilles Maheu, per una produzione coraggiosa e indovinata, di David Zard che ribadisce ogni volta “non è solo un musical”.

La “potenza” dello spettacolo si sprigiona sin dalla prima nota, con le parole di Gringoire (un coinvolgente Leonardo Di Minno), il cantastorie-poeta, che proiettano lo spettatore in un’epoca storica, quella del Tempo delle Cattedrali “ la pietra si fa, statua musica e poesia”, che è anche epoca dell’anima. Il conflitto tra la passione e la gelosia, tra le regole morali e il cuore, non ha alcuna collocazione storica o geografica, ma sta nel centro dell’anima.

Non importa se sei Quasimodo, deforme e isolato da tutti, se sei il prete Frollo, sordo all’umanità, o se sei Febo, capitano dei soldati ad un passo dall’altare. Per tutti e 3 l’amore per Esmeralda la zingara sarà quel tocco dell’anima che li sconvolgerà per sempre. Il brano Bella, cantato da 3 personaggi maschili, rende tutte le sfaccettature di un sentimento che è universale e che ti può proiettare negli abissi dell’inferno dell’anima come verso le nobili sfere del Paradiso.

Così mentre vanno in scena le storie di una Notre Dame de Paris che si chiude a riccio di fronte dall’inesorabile progresso anche civile, lo spettatore si immedesima nei vari girotondi dell’anima e si sente innamorato non corrisposto come Quasimodo, geloso come Fiordaliso, perduto come Esmeralda.

La storia finisce male e questo è un fatto noto. Finisce male per chi ha amato ma soprattutto per chi è il “diverso” e come tale messo ai ferri o ai margini della società. E qui c’è il tratto estremamente attuale della versione andata in scena in Fiera grazie all’Autorità Portuale e che ha fatto tutto esaurito nelle tre serate.

Quasimodo, interpretato magistralmente da Giò Di Tonno, con doti canore e sceniche di una portata rara, è il gobbo che tutti scherniscono e che arriva a legarsi ad una figura nera, quella del prete Frollo (Vittorio Matteucci, che riesce, nonostante il ruolo dannato a farlo apparire umano nella sua lotta interiore tra la legge morale e i sentimenti umani). Non è mai stato amato Quasimodo e morirà senza esserlo, ma diventa un gigante nel suo amore per Esmeralda, “diversa” come lui, additata come lui. Esmeralda la zingara, accusata di stregoneria e poi impiccata. Il pubblico si aspettava Lola Ponce ma Tania Tuccinardi, di una bellezza terrena, mediterranea e con una voce straordinariamente duttile ha incantato tutti. Gli Stranieri, i Clandestini della Corte dei miracoli, quelli alle porte di Notre Dame sono i diversi di ieri tanto simili a quelli di oggi, che vengono additati come portatori di male, di cattivi costumi, messi alla porta e alla gogna, chiedono asilo ma le porte restano chiuse.

“Quanto a voi, clandestini, sarete deportati, isolati, evitati, cancellati, rifiutati” cantano i soldati al comando di Febo in risposta alle richieste di asilo del popolo degli zingari. La porta che si aprirà sarà solo, per pochi secondi, quella della camera da letto di Febo (Graziano Galatone), il capitano delle guardie che tornerà presto all’ovile per sposare non chi ama ma chi deve amare, Fiordaliso (Federica Callori). A Febo il peccato di una notte verrà perdonato, Esmeralda il peccato di essere “diversa”, anche nella sua carnale bellezza e nel suo amore per la libertà, lo pagherà con la vita. Bellissima la sua preghiera pagana Ave Maria e quell’inno alla vita “vivere per amare, amare quasi da morire, morire dalla voglia di vivere” pochi minuti prima di essere impiccata.

Numerosi quindi i cenni e le evocazioni ad un’attualità che rende eterno lo spettacolo, non solo nei testi, ma anche nell’uso di moderne transenne per separare i clandestini e di costumi che richiamano “guerre moderne” tra il bene e il male.

Straordinario il corpo di ballo con vere e proprie acrobazie e corali momenti di coinvolgimento. Da annotare che se nel 2002 il corpo di ballo era costituito soprattutto da ballerini francesi e inglesi, oggi ci sono molti artisti italiani e nel 2016 sono stati inviati alla produzione oltre 2000 curricula.

Alla fine dello spettacolo tutti in piedi ad applaudire e cantare Il tempo delle Cattedrali nonostante non sia un successo da Sanremo. Il tour continua con tappe dal 4 al Verdura di Palermo e poi si conclude a settembre, all’Arena di Verona.

Rosaria Brancato

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