Messinambiente appesa alla decisione del Tribunale: cosa accade con la strada del concordato

Messinambiente appesa alla decisione del Tribunale: cosa accade con la strada del concordato

Francesca Stornante

Messinambiente appesa alla decisione del Tribunale: cosa accade con la strada del concordato

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giovedì 23 Febbraio 2017 - 00:16

Con la prima udienza è iniziata la procedura fallimentare di Messinambiente, ma la società di via Dogali vuole a tutti i costi scongiurare un default che supera i 70 milioni di euro. Il giudice si è riservato di decidere sulla richiesta avanzata da Messinambiente. Ecco che cos'è il concordato preventivo e quali saranno adesso i tempi e i prossimi passaggi.

La prima udienza è andata. Per Messinambiente è iniziata ufficialmente la procedura fallimentare. In realtà quello che si è consumato ieri è stato un passaggio più formale che sostanziale, considerato che il giudice Giuseppe Minutoli ha di fatto preso atto della presentazione dell’istanza di concordato depositata da Messinambiente e si è riservato di sciogliere la decisione nei prossimi giorni. Il liquidatore Giovanni Calabrò, accompagnato dai legali Paolo Vermiglio e Marcello Parrinello, si è presentato con la proposta di un concordato che dovrebbe scongiurare il fallimento della società, che invece la Procura aveva avviato dopo la sentenza dello stesso giudice Minutoli dello scorso 16 novembre (VEDI QUI).

Messinambiente vuole evitare il default, in ballo c’è un buco che supera i 70 milioni d euro, si tratta di un baratro in cui la società non vuole precipitare, ma i giorni che verranno saranno decisivi. Il magistrato esaminerà l’istanza e sulla scorta della documentazione già fornita dal liquidatore deciderà se andare avanti sulla strada intrapresa con perseveranza da Calabrò o se dichiarare immediatamente il fallimento. Considerato anche che le recenti sentenze sull’opposizione al pignoramento dell’Agenzia delle Entrate hanno messo in luce una situazione economico finanziaria estremamente grave, forse oggi ancor più pesante di quella che era emersa in quella sede, le preoccupazioni sono tantissime e il clima non è certo sereno. Calabrò continua ad essere fiducioso e a non perdere le speranze, crede fermamente nell’ipotesi di recuperare la copertura debitoria attraverso i bilanci ordinari del Comune, i passaggi però saranno tanti e dovranno necessariamente vedere protagonisti non soltanto l’amministrazione Accorinti ma anche il consiglio comunale. Ipotesi che a tanti fa paura, visto che intanto per gestire i rifiuti lo stesso consiglio ha varato la costituzione di una nuova società.

I giochi però ormai sono stati fatti, quindi non resta che aspettare il responso dal Tribunale.

Ma che cos’è esattamente un concordato preventivo, cosiddetto “in bianco”, scelto da Messinambiente come arma contro il fallimento? L’art. 161 della Legge Fallimentare prevede che l'imprenditore possa depositare il ricorso di concordato, con riserva di presentare la proposta di concordato preventivo, il relativo piano e l'ulteriore documentazione prevista, nei termini, compresi tra i 60 e i 120 giorni, prorogabili di altri 60, fissati dal Tribunale. Messinambiente punta ovviamente al tempo massimo, dunque 4 mesi.

La finalità principale è di consentire all’azienda, che ha intenzione di ristrutturare il proprio debito e di non fallire, di poter disporre di un congruo margine di tempo per elaborare o un piano di ristrutturazione dei debiti o il piano di concordato preventivo. Questo è ciò che ha fatto la società di via Dogali. Una richiesta che, se verrà accolta, dovrà essere supportata da un piano che dice come e in che modo verranno pagati i debiti.

A questo punto il tribunale col decreto che ammette alla procedura di concordato prenotativo nomina un commissario giudiziale, incaricato di monitorare sulla procedura e pone a carico della società debitrice una serie di obblighi tra cui quelli di informativa mensile, la cui inosservanza la pronuncia di inammissibilità della proposta di concordato. Se alla domanda di concordato con riserva, non segue, nel termine fissato dal giudice, il deposito del piano, il Tribunale dichiara inammissibile il ricorso e gli effetti protettivi vengono meno. Se il Tribunale ritiene che non vi siano le condizioni dichiara il ricorso inammissibile.

Quali sono gli effetti immediati della domanda di concordato in bianco per i creditori della società che l’ha depositata? Dalla data della pubblicazione della richiesta nel Registro delle imprese, la cristallizzazione dei crediti per tutti i creditori anteriori a quel momento. Fino a quando il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore alla pubblicazione stessa non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Questo determina l’effetto di depurare il patrimonio del debitore dalle ipoteche giudiziali iscritte e quindi di rendere la proposta concordataria più appetibile.

La società che chiede di accedere al concordato preventivo non perde la propria autonomia né tantomeno viene spossessata del proprio patrimonio. La gestione dell’impresa nel periodo successivo al deposito della domanda di concordato “in bianco” rappresenta un momento di grande delicatezza con riferimento alla contemporanea tutela degli interessi del debitore e dei diritti dei suoi creditori. Ed è sempre la Legge Fallimentare a disciplinare gli atti che il debitore può compiere dal momento della presentazione di una domanda di concordato e fino all’ammissione e prevede che i crediti sorti in esecuzione di tali atti abbiano un trattamento diverso rispetto ai crediti concorsuali, che vengono pagati con moneta concordataria.

Nella fase del concordato “in bianco”, l’imprenditore, dunque, può compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli straordinari è necessaria l’autorizzazione del Tribunale in presenza del requisito dell’urgenza e dell’acquisizione del parere del commissario giudiziale se nominato. Quindi Messinambiente continuerebbe a gestire i servizi in attesa che nel frattempo a Palazzo Zanca si completasse l’iter per la MessinaServizi Bene Comune e gestirebbe il fallimento con risorse comunali che però non sono ancora state messe nero su bianco. Sarà eventualmente il piano a spiegare tutto. Al giudice adesso l’ultima parola.

Francesca Stornante

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