"Siamo tutti liberi quando nasciamo, poi diventiamo mediani". Fabio Bonasera racconta il suo libro

“Siamo tutti liberi quando nasciamo, poi diventiamo mediani”. Fabio Bonasera racconta il suo libro

“Siamo tutti liberi quando nasciamo, poi diventiamo mediani”. Fabio Bonasera racconta il suo libro

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lunedì 16 Novembre 2015 - 23:06

Oggi alla Feltrinelli alle 18 si terrà l'incontro con il giornalista Fabio Bonasera, autore del libro "Libero...no disoccupato". La storia è quella di Alighiero Riccardo, 35enne cronista emigrato al nord, affronterà un'inchiesta scomoda che gli costerà la carriera.

Messinese d’origine, veneto d’adozione e con una passione per il lavoro precario più bello del mondo, il giornalismo, Fabio Bonasera ha dato da pochi giorni alla luce il suo primo romanzo dal titolo più che eloquente: Libero, anzi no, disoccupato. Ironico, amorale – come lui ama definirlo – a volte arrendevolmente romantico e con spunti autobiografici, il libro, pubblicato da Ferrari editore, si fa leggere tutto d’un fiato. Oggi alle 18, al Feltrinelli Point di Messina, nel corso di un incontro con i lettori, moderato da Nancy Antonazzo, presidente dell’associazione Terremoti di carta (letture a cura di Loredana Bruno) l’autore racconterà il dietro le quinte di un “parto” perfettamente riuscito.

La storia è quella di Alighiero Riccardo, 35enne giornalista messinese emigrato al nord, alle prese con un’inchiesta scomoda che gli costerà la carriera. Una vicenda a cavallo tra precariato lavorativo ed esistenziale, quella che ne deriverà, carica di spunti tragicomici, citazioni e momenti di riflessione. Un tuffo nella contemporaneità senza salvagente, né comode banchine cui approdare.

Leggendo il romanzo risulta evidente il riferimento al mondo del calcio. In che modo questo sport influisce nella vita del personaggio e del suo autore?

«Siamo tutti liberi quando nasciamo. Poi, diventiamo mediani. Ovvero, faticatori. Ritengo il calcio una grande metafora della vita, oltre che un fenomeno fortemente caratterizzante della nostra società. Non è questa, tuttavia, l’unica metafora contenuta nel libro. Dal poker, al giornalismo, dalla musica al cinema, ognuno di questi microcosmi riflette la vita».

Passiamo ai personaggi del libro. Tutta la sagace ironia che caratterizza il racconto è presente anche, e forse soprattutto, nella scelta di nomi e cognomi che un po’ ricordano le favole di La Fontaine, dove la volpe rappresentava la furbizia, il lupo la cattiveria, lo scorpione l’inganno. Ecco allora Fortunato Speranza, Primo Grado, Ugo Tonti. Cosa c’è dietro questa scelta?

«In effetti, Primo Grado è un avvocato, Ugo Tonti un politico non particolarmente brillante. Adoro giocare con le parole e descrivere i caratteri anche attraverso questi espedienti. Poi, ci sono personaggi i cui nomi scimmiottano quelli di persone che conosco realmente. Diciamo che ho battuto strade diverse».

Le donne importanti della vita di Alighiero Riccardo detto Ricky hanno nomi altisonanti: Dafne, Bronte, Maria Sole, Albione. Perché?

«Attraverso le donne del libro ho voluto rendere omaggio alla letteratura, all’epica. Un modo per ricordare da dove proveniamo».

Ovviamente il mondo del giornalismo è protagonista assoluto. E la visione che emerge non è molto ottimista. Cosa c’è ancora di buono in questo settore e cosa andrebbe del tutto eliminato?

«Di buono ci sono gli obiettivi: informare per contribuire a creare coscienze consapevoli e mature. Purtroppo è un mondo contaminato dallo strapotere dei grandi gruppi editoriali, quelli che realmente condizionano l’opinione pubblica e che fanno capo alle grandi lobby. La libertà di stampa è un’eccezione. Non la regola».

Ricky e Fabio hanno in comune la difficile scelta di lasciare il sud, Messina, per andare a lavorare in Veneto. Un destino comune a molti meridionali. Quanto ha contato quest’esperienza nella nascita del libro?

«Ha contribuito, al pari di altre, alla scelta di raccontare una vicenda nella quale molti possano riconoscersi. Libero, anzi no, disoccupato è una storia senza morale, semmai amorale, che mette in luce le debolezze e la fragilità umane di fronte al bombardamento dei contrattempi, dei casini burocratici, dei problemi nel relazionarsi col resto del mondo. È una storia di precariato occupazionale ma, soprattutto, esistenziale. Affrontata sempre con ironia perché la vita, se osservata dall’esterno, fa veramente ridere».

Il primo libro di Fabio Bonasera s’intitola Inganno Padano e racconta storia e retroscena della Lega Nord. Come avviene il passaggio al genere del romanzo?

«In realtà questo libro è stato ultimato nel 2009, prima di Inganno Padano. Purtroppo, per pubblicarlo ho dovuto attendere sei anni. Non mi sono voluto piegare ai compromessi di certa editoria. Così ho preferito attendere. Scrivere un romanzo è più divertente che comporre un saggio di politica. C’è più spazio per la creatività e, soprattutto, qualche via di fuga in più».

Un capitolo a parte merita il finale, con i titoli di coda che scorrono come alla fine di un film.

«Perché la vita è un film. E se fossimo consapevoli del nostro essere protagonisti, magari supportati da una colonna sonora, avremmo molto più coraggio nel superare le nostre paure».

Domanda d’obbligo: c’è già un nuovo romanzo nel cassetto pronto da pubblicare?

«Il prossimo anno vorrei dare alle stampe La vita non fa prigionieri che, sebbene ancora inedito, nel 2014 è stato indicato come miglior libro dalla giuria popolare al premio nazionale Perseide. Spero di riuscirci. Come direbbe Ricky, se son rose… pubblicheranno».

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