"Argonauti – Giasone e Medea", lo struggente dramma dell'abbandono

“Argonauti – Giasone e Medea”, lo struggente dramma dell’abbandono

Tosi Siragusa

“Argonauti – Giasone e Medea”, lo struggente dramma dell’abbandono

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venerdì 07 Agosto 2015 - 16:43

Incantevole interpretazione di una sanguigna Cinzia Maccagnano per uno dei momenti più attesi del "Festival dei Due Mari" in scena al Teatro Greco di Tindari

Da Apollonio Rodio, Franz Grillparzer e Euripide, con la regia di Aurelio Gatti (al quale si attestano altresì le coreografie) la drammatizzazione in forma di monologue della sanguigna Cinzia Maccagnano, le danze di Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Rosa Merlino e il fantoccio codardo Giasone, reso alla perfezione dai passi di Stefano Fardelli, hanno trovato nel palcoscenico la sera del 5 agosto c.a. in terra tindaritana, nello splendido Teatro Antico, grande cassa di risonanza, con movimento scenico e riuscite prove di fisicità dei teatranti.
La nave Argo approda con gli Argonauti sulle coste elleniche, mettendoli in contatto con civiltà altre….
Il racconto urlato del prequel rispetto alla vicenda ultranota di Medea e Giasone, con riferimenti al sequel risaputo, completa la scacchiera e rende parziale giustizia alla figura della giustiziera per passione. I pensieri della maga, nipote di Circe, barbara della Colchide, trapiantata in terra greca per amore, dopo aver rinnegato le proprie origini, il proprio popolo, la propria patria, ucciso il fratello Absirto, spargendo i resti in mare, abbandonato i genitori, sono di elevata fattura: “Altri popoli, altri popoli ci hanno generati”, “La maga Medea ora non ti serve più, “Lasciami i figli nati dalla mia carne”.
Medea è prova vivente che non esistono gli dei, con le sue pozioni benefiche e malefiche, lei che aveva addormentato un drago, ora è tradita dall’uomo per il quale è persa, al quale aveva consentito di rubare il vello d’oro.
Uso di scenografia veramente minimalista (due sedie), musiche d’impatto, scelta dei costumi forse non sempre convincente, ma il tutto condito dalla sapiente resa registica.
Grande tecnica recitativa, che non lascia spazio, come è sembrato, all’improvvisazione, prova molto valente di ritmo, briosità e drammatica precisione.
In conclusione, il sito demaniale, appartenente al demanio culturale regionale e gestito dalle strutture soprintendentizie UUOO 5 e 8, location densa di storia, e antenato dei moderni teatri ed è stato testimonial, nell’ambito dell’ambizioso Festival Teatro dei Due Mari – , versatile rassegna, che coniuga commedie plautine, drammaturgie intimiste, che evocano figure ormai esemplari nel comune sentire, le “Anime migranti” di Moni Ovadia e Mario Incudine e l’intrattenimento del novello cantastorie V. Pirrotta, etc. – di una grande rievocazione mitica di una epopea suggestiva, un universo sempre accattivante anche in epoca contemporanea.
Chiudo, auspicando che questo scenario di immenso impatto, non rischi di divenire un rudere rappresentativo di una regione ricca di memoria, ma non sempre in grado di gestirla al meglio, e che, con un sapiente intervento di interazione fra l’Amministrazione Regionale dei Beni Culturali, il Comune di Patti e l’Associazionismo locale, senza dimenticare i privati, questo Bene Comune sia finalmente valorizzato come meriterebbe, in un contesto appropriato, con un ritorno in termini di servizi per il territorio pattese, la provincia di Messina e la regione tutta.

Tosi Siragusa

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