Bolero. Incantevoli passi di danza classici e moderni al Teatro Antico

Bolero. Incantevoli passi di danza classici e moderni al Teatro Antico

giovanni francio

Bolero. Incantevoli passi di danza classici e moderni al Teatro Antico

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sabato 25 Giugno 2016 - 09:55

Lo spettacolo è risultato senza dubbio suggestivo e affascinante. In una cornice che definire meravigliosa non è certo un’esagerazione, nello splendido Teatro Antico, si sono esibiti alternandosi dieci bravissimi artisti (quattro danzatori e sei danzatrici) oltre la star della serata, Giuseppe Picone

Ieri è andato in scena, al Teatro Antico di Taormina, il primo spettacolo della rassegna del Festival “Le Terre del Sole” per la soprintendenza musicale del pianista siciliano Gianfranco Pappalardo Fiumara e la direzione artistica del baritono Alberto Gazale, che ha visto protagonista il danzatore e coreografo Giuseppe Picone, insieme ad un corpo di ballo di livello assoluto.

Lo spettacolo è risultato senza dubbio suggestivo e affascinante. In una cornice che definire meravigliosa non è certo un’esagerazione, nello splendido Teatro Antico, non gremito a causa delle sfavorevoli condizioni atmosferiche, si sono esibiti alternandosi dieci bravissimi artisti (quattro danzatori e sei danzatrici) oltre la star della serata, Giuseppe Picone.

La prima parte della serata è stata dedicata quasi esclusivamente a “pas de deux”, movimenti di danza eseguiti da due ballerini narranti il rapporto uomo – donna nella componente erotica e amorosa. E così i primi due artisti hanno raccontato la storia di Paolo e Francesca, sulle note di uno stralcio del bellissimo Overture “Francesca da Rimini” di P.I. Cajkovskij. Il brano musicale non è nato per essere rappresentato in balletto, e, nella versione integrale, racconta in maniera quasi impressionista il canto quinto dell’Inferno dantesco, dalla figura di Minosse che indica a quale girone il dannato è destinato, a seconda di quanti giri la sua coda faccia su se stesso, alla “bufera infernal che mai s’arresta” fino al racconto di Francesca da Rimini, rappresentato da una musica dolcissima, nostalgica e drammatica ad un tempo. Proprio questa parte è stata messa in scena, e le movenze erotiche ma composte dei due artisti vestiti interamente in bianco, con ripetuti simulazioni di quell’indimenticabile bacio di Paolo “la bocca mi baciò tutto tremante”, hanno reso la performance davvero incantevole.

Dopo un pas de deux dal Don Chisciotte di L. Minkus, unico brano della serata, insieme al Bolero, destinato originariamente al balletto, con una splendida interpretazione della danzatrice (peccato che non siano stati comunicati i nomi degli artisti), è stata la volta del “Cigno”, celeberrimo e struggente brano tratto dal “Carnevale degli animali” di C. Saint Saens, un “must” per ogni danzatrice classica, ben eseguito da una ballerina solista nel rispetto dei tradizionali passi coreografici.

A seguire movimenti di danza di natura amorosa sulle note di tre bellissimi preludi dall’op. 28 di F. Chopin (n. 6, 7 e 13) e infine una efficace e molto interessante rappresentazione del “Fauno” cantato nella celebre poesia di S. Mallarmè, i cui versi hanno ispirato lo straordinario Prèlude à l’Après-midi d’un Faune” di C. Debussy, brano che ha segnato una svolta epocale nella storia della musica, e sul quale Picone ha rappresentato una scena di natura primordiale, con il fauno quasi nudo e con in mano un’asta di legno, nell’atto di sedurre una ninfa, ma che infine si ritroverà desolatamente solo.

La seconda parte, dopo un altro duetto caratterizzato da passi più vicini alla danza contemporanea, sulle musiche di alcuni brani estratti dai “Carmina Burana” di C. Orff, finalmente è arrivato il momento tanto atteso, la danza del “Bolero” di M. Ravel, brano che ha dato il titolo allo spettacolo.

Il bolero è una danza di origine spagnola nata alla fine del ‘700, che ha la sua peculiarità nel ritmo costante, quasi ossessivo. Il brano di Ravel nacque per un balletto su richiesta della celebre danzatrice Ida Rubinstein nel 1928 ed è sicuramente il capolavoro in assoluto più conosciuto di Ravel; è tale la sua popolarità che ormai quando si parla di Bolero si pensa immediatamente al brano di Ravel, e non ad una forma di danza spagnola. L’idea originale a cui si deve tanta popolarità consiste nel ripetersi di un tema sempre uguale, suonato da gruppi di strumenti che si aggiungono progressivamente. Con un utilizzo dell’orchestra che lascia ancor oggi stupefatti, impiegando strumenti a fiato abbastanza inusuali, come l’oboe d’amore (antico strumento barocco), o il saxofono (proprio della musica jazz). I singoli gruppi di strumenti si aggiungono progressivamente ogni volta che si rinnova il tema: prima i vari gruppi di legni, poi gli ottoni, infine gli archi, con un ritmo ostinato, incantatore ed ossessivo, che rapisce l’ascoltatore fino al “tutti” finale, fortissimo e dissonante, con cui si conclude l’impressionante brano.
La coreografia, dello stesso Picone, in cui prevalgono elementi di danza moderna, è incentrata sull’uso degli specchi che hanno la funzione di riflettere l’anima del protagonista: tre specchi femminili, che nell’intenzione dell’artista impersonano l’eleganza e la poesia, e tre maschili, a rispecchiare la forza.

Lo strappo finale, forse il momento più efficace del balletto, vede i ballerini abbassare gli specchi mentre il protagonista (Giuseppe Picone) avanza e indietreggia sulla punta del piede, seguendo il ritmo forsennato e crescente del Bolero, fino all’accasciamento al suolo finale. Il pubblico ha mostrato di gradire appieno lo spettacolo, un buon inizio per questo interessante festival, che ha in programma per oggi la “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni.

Giovanni Franciò

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