Il concordato e i 9 milioni del girone dantesco Messinambiente-Ato3-Comune

Il concordato e i 9 milioni del girone dantesco Messinambiente-Ato3-Comune

Francesca Stornante

Il concordato e i 9 milioni del girone dantesco Messinambiente-Ato3-Comune

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sabato 25 Novembre 2017 - 07:33

In consiglio comunale è riapparsa la delibera che faceva parte del pacchetto necessario per dare copertura finanziaria al concordato che evita il fallimento di Messinambiente. Il Comune pagherà i 30 milioni, ma ce ne sono 9 che devono arrivare da una transazione che ancora vaga tra gli scranni dell'aula.

Quando la sera del 3 ottobre, come sempre inseguendo l’ultimissimo minuto utile, un’aula risicatissima del consiglio comunale approvò la delibera che dava copertura finanziaria al concordato di Messinambiente, a qualcuno sembrò strano che dopo la lettura dell’approvazione di quell’unico atto la seduta si chiuse in fretta e furia. Quella delibera era importantissima perché praticamente ha impegnato il Comune a pagare i 30 milioni del concordato per evitare il fallimento di Messinambiente. Concordato che il giorno dopo sarebbe stato analizzato dal Tribunale. Quello che è accaduto dopo è noto: il Tribunale ha accolto la richiesta della società di via Dogali si sanare i suoi debiti con un piano che il Comune pagherà fino al 2023 attraverso i bilanci comunali e adesso saranno i creditori a dover dire se questa proposta li soddisfa. Quello che però forse in pochi ricordano è che insieme a quella delibera che prevedeva il “soccorso finanziario” da parte di Palazzo Zanca alla sua partecipata, con un impegno di 30 milioni, c’era anche un’altra delibera: quella che della transazione con Ato3 che rappresenta una fetta di 9 milioni su 30. In pratica ad oggi, di fatto, quei 9 milioni mancano all’appello. E mancano perché quella sera del 3 ottobre il consiglio decise di non approvare l’intero “pacchetto”, rinviando ad una seduta successiva l’analisi di questo atto che racchiude una transazione e l’approvazione di un debito fuori bilancio milionario.

Nel frattempo è trascorso più di un mese. E ieri quella delibera è ricomparsa tra i banchi dell’aula consiliare di Palazzo Zanca.

In pratica l’atto parla di 9.452.490,92 euro che il Comune avrebbe dovuto dare all’Ato3 a titolo di corrispettivo per i servizi di igiene ambientale svolti nel periodo 2007/2011 sulla base di piani industriali regolarmente approvati, e che invece dovranno essere corrisposti direttamente a Messinambiente per il suo concordato. Questa somma figura come debito fuori bilancio frutto della transazione che il consiglio dovrà votare. Si tratta di soldi che il Comune non ha corrisposto ad Ato3 tra il 2017 e il 2013 e che, chiudendo le controversie Ato3-Messinambiente, verranno stornate sul piano concordatario. Un giro di crediti/debiti maturati nel tempo nel girone dantesco Comune-Ato3-Messinambiente. Somme che risalgono a prima del 2013, quando il Comune affidava i servizi ad Ato che a sua volta si avvaleva di Messinambiente. Tra guerre di perizie e somme mai riconosciute, in ballo sarebbero 15 i milioni che il Comune dovrebbe ad Ato3. A sua volta l’Ato ne dovrebbe girare a Messinambiente 9,5 milioni. Quindi si è deciso di destinare questa parte direttamente al concordato e di chiudere così tutte le controversie tra le due società sorelle e il Comune.

La seduta, come spesso accade ultimamente, però non ha fruttato nulla. L’aula non è riuscita ad arrivare neanche al voto della delibera, perché al momento di esprimersi su un emendamento presentato dall’amministrazione erano rimasti in 13 ed è caduto il numero legale. Dunque si dovrà ricominciare tutto da capo a data da destinarsi. E il concordato dovrà attendere per poter contare anche su quei 9 milioni che fanno parte dei 30 complessivi.

A smuovere il dibattito è stato l’intervento della consigliera Pd Antonella Russo, che già sul voto alla prima delibera contestò duramente la scelta dell’amministrazione Accorinti, mettendo in discussione l’iter procedurale scelto.

La consigliera ha messo in discussione molti aspetti di questa delibera. Innanzitutto ha puntato i riflettori sul fatto che il riconoscimento di debiti fuori bilancio può riguardare esclusivamente i debiti fuori bilancio relativi alle passività pregresse non contabilizzate, quindi passività che non erano considerate al momento dell’approvazione del Bilancio di Previsione. In questo caso però c’è un’attestazione del Ragioniere generale che si assume la responsabilità di dire che le somme oggetto di debito fuori bilancio sono sostanzialmente allocate nel bilancio previsione 2017/2019. E allora perché il consiglio deve riconoscere queste somme come debito fuori bilancio? Inoltre, ha sottolineato sempre la Russo, la delibera non è stata inviata alla Procura della Corte dei Conti, come invece prevede la legge. E se è vero che gli enti locali possono sanare i debiti fuori bilancio, è anche vero che questo può accadere solo aa condizione che la deliberazione consiliare di riconoscimento dei debiti fuori bilancio fornisca la concreta prova dell'utilità, congiunta all'arricchimento per l'ente. Ma in questo caso è solo Ato3 che certifica il debito, non c’è attestazione da parte del Comune che invece a quanto pare in passato ha anche contestato diverse fatture. Poi ci sono fatture Ato per anni 2007/2009/2010/2011 che non hanno mai trovato copertura finanziaria nei bilanci comunali di questi anni. C’è una proposta di riconoscimento di debito fuori bilancio che risale al 2014 ma rimasta sempre parcheggiata. Senza dimenticare che anche questa delibera porta la firma di Le Donne nel triplice ruolo di Segretario generale, Dirigente e Direttore generale che la Russo dichiara palesemente incompatibile.

Insomma, la materia non è semplicissima e gli scontri non mancheranno. Ma si dovrà aspettare la prossima puntata. Anche se l’esito, come ormai accade di fronte a tutti gli atti di questo tipo, appare già scontato.

Francesca Stornante

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