Dopo Wagner: “Apres Tristan: verso la nuova musica” di Orazio Sciortino

Dopo Wagner: “Apres Tristan: verso la nuova musica” di Orazio Sciortino

giovanni francio

Dopo Wagner: “Apres Tristan: verso la nuova musica” di Orazio Sciortino

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lunedì 09 Novembre 2015 - 16:04

La "nuova musica" dopo la rivoluzione wagneriana nell’intensa interpretazione pianistica del musicista siciliano

Il pianista e compositore siciliano Orazio Sciortino ha presentato un programma con un preciso filo conduttore, spiegato dall’artista stesso in una breve introduzione al concerto, durante la quale ha anche dato indicazioni al pubblico circa il momento in cui poter applaudire i pezzi eseguiti. Il concerto infatti ha inteso rappresentare al pianoforte, attraverso la musica di vari compositori (Berg, Prokopiev, R. Strauss, Ravel, Debussy, Messiaen e Skrjabin) l’evoluzione musicale del novecento, contrassegnata dalla svolta wagneriana rappresentata dal “Tristan und Isolde” (1865), opera di cui il pianista ha eseguito un adattamento del preludio, da lui composto, all’inizio del concerto, e la trascrizione per pianoforte del finale dell’opera, “La morte di Isotta”, composta da Franz Liszt.

Il famoso accordo iniziale del preludio del Tristano, (ma in genere tutta l’intera opera) come ha spiegato il pianista stesso nella sua introduzione, segna convenzionalmente l’inizio della musica moderna post romantica, caratterizzata da dissonanze, cromatismi, in cui l’armonia si spezza, non risponde più ai tradizionali criteri della tonalità della composizione, fino a sganciarsi del tutto, con Schoemberg e la scuola di Vienna (Berg, Webern) dalla tonalità, dando vita così alla musica seriale dodecafonica. In realtà non è così pacifico nel mondo della critica musicale che il Tristano segni l’inizio della “nuova musica”. Infatti il famoso accordo del preludio, (fa, si, re diesis, sol diesis) è sicuramente un accordo dissonante, la cui novità assoluta consiste anche nei due intervalli di quarte in esso contenuti, ma già la musica conosceva bene le dissonanze, basti pensare all’ultimo Beethoven – la sua “Grande fuga” per quartetto d’archi fu definita da Strawinsky “il pezzo più contemporaneo che conosca” – o addirittura a Mozart, il cui quartetto K 465 – detto appunto “delle dissonanze” – presenta tali dissonanze nell’incipit che alcuni editori dell’epoca apportarono delle correzioni, convinti si trattasse di errori di scrittura. Ed infatti Claude Debussy, che era anche un eccellente critico musicale e scriveva su varie riviste di musica, definì (polemicamente nei confronti di chi inneggiava alla rivoluzione wagneriana) la musica di Wagner “un bel tramonto scambiato per un’alba”. Anche il critico Alex Ross, nel suo bellissimo libro “Il resto è rumore” afferma che “è stato Claude Debussy a dissolvere l’armonia così come la conoscevamo”. Comunque la si voglia pensare, è un fatto che dopo Wagner la musica non tornerà indietro, salvo sporadiche eccezioni, ma proseguirà nella strada del dissolvimento dell’armonia, del cromatismo, fino alla atonalità. Nel concerto eseguito domenica al Palacultura, dinanzi ad un pubblico abbastanza numeroso, Sciortino, dopo aver eseguito la sua trascrizione del Preludio del Tristano, in cui si ascolta il famoso accordo, ha proseguito senza interruzione di applausi con la sonata op. 1 di Alban Berg, composta dal musicista ancora giovane, ma dalla quale si intuisce perfettamente la via che il compositore della scuola di Vienna intraprenderà, e che lo porterà alla composizione atonale. Alla sonata si sono succeduti i quattro pezzi op. 4 di Sergej Prokopiev, autore russo la cui musica, soprattutto le prime composizioni come l’op. 4, è caratterizzata da aspre dissonanze e accordi martellanti, in particolare nell’ultimo dei 4 pezzi, “suggestioni diaboliche” la cui difficile esecuzione, perfettamente resa da Sciortino, rappresenta sempre un pezzo di sicuro effetto destinato (come è avvenuto) a “strappare” gli applausi.

Il pianista ha poi eseguito un adattamento, da lui stesso composto, del “Waltz – Suite dal Cavaliere della Rosa” dI Richard Strauss, musicista seguace di Wagner, ma lontano dalle atmosfere espressioniste che caratterizzeranno la musica del novecento. Nella seconda parte del concerto Sciortino ha eseguito splendidamente “Jeux d’eau”, di Maurice Ravel, un pezzo di virtuosismo in cui il compositore vuole rappresentare gli zampilli d’acqua soprattutto attraverso continui arpeggi. È stata la volta, anche qui senza l’interruzione degli applausi, di Debussy, con la sua “L’isle joyeuse”, pezzo dall’eterea sonorità cromatica, ispirato da un dipinto di Watteau “L’embarquement pour Cythère”, (ammirabile presso il castello di Charlottenburg a Berlino). Dopo l’applauso Sciortino ha eseguito senza soluzione di continuità, quasi a voler rendere unitario un percorso musicale eterogeneo ma connotato dal “wagnerismo”, gli ultimi tre pezzi del concerto: il primo degli otto preludi di Olivier Messiaen, “La colombe”, un breve pezzo giovanile, che ci ricorda tra l’altro che l’autore era anche un ornitologo, ma che, pur essendo già un tipico pezzo del novecento con le sue dissonanze e assenza di un vero centro tonale, ancora non fa presagire la musica seria, quasi mistica, anche dodecafonica, che caratterizzerà molte sue composizioni dopo la terribile esperienza del lager nazista che Messiaen ebbe la sventura di subire; la Sonata n. 4 op. 30 di Aleksander Skrjabin, in unico movimento diviso in “Andante” e “Prestissimo volando”, in cui, soprattutto nell’Andante, le influenze wagneriane sono evidentissime; infine la “Morte di Isotta”, nella trascrizione di Liszt, a chiudere con Wagner, così come si era aperta, questa parabola post-wagneriana, con uno dei temi più belli ed indimenticabili mai composti in musica.

Il pianista, a fronte di calorosi e meritati applausi del pubblico, ha eseguito due bis, sempre di musica del novecento, nella quale si trova evidentemente perfettamente a suo agio: il celebre preludio per la mano sinistra di Skrjabin, dal carattere malinconico e quasi “chopiniano”, e la trascrizione della gradevolissima Gavotta dalla sinfonia n. 1, la “Classica” di Prokopiev: curiosamente due pezzi di autori del novecento ma “tradizionali” che non hanno nessuna delle caratteristiche della “musica nuova” post-wagneriana.

Giovanni Franciò

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