Scandalo Formazione, altre 11 condanne alla fine del processo Corsi d'Oro 1

Scandalo Formazione, altre 11 condanne alla fine del processo Corsi d’Oro 1

Alessandra Serio

Scandalo Formazione, altre 11 condanne alla fine del processo Corsi d’Oro 1

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venerdì 31 Marzo 2017 - 16:39

Nuova tegolata per Elio Sauta, condannate le mogli di Buzzanca e Genovese e l'ex assessore Melino Capone. I dettagli e il commento dell'avv. Favazzo.

Si è chiuso con 11 condanne e due assoluzioni il processo Corsi d'Oro 1 sulla gestione dei fondi destinati alla Formazione professionale. Nel complesso l'impianto accusatorio della Procura di Messina ha retto e sono fioccate le condanne, anche se ridimensionate rispetto alle richieste avanzate dall'Accusa lo scorso 17 novembre. Erano le 17 quando la Corte della II sezione penale presieduta dalla dottoressa Calabrò ha letto il verdetto. Al banco dell'accusa sedevano i Pm Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti.

7 anni e mezzo per Elio Sauta, un anno in meno rispetto alla pena sollecitata dalla Procura; meno della metà della richiesta la condanna per la moglie Graziella Feliciotto; 3 anni e mezzo; lo stesso vale per Chiara Schirò, moglie di Francantonio Genovese, condannata a 2 anni e 2 mesi mentre la Procura ne aveva sollecitati più di 6. 1 anno all’ex tesoriera del PD e segretaria personale del deputato, Concetta Cannavò; 1 anno e 5 mesi per Natale Lo Presti; 1 anno e 4 mesi per per Nicola Bartolone, 6 mesi per Carlo Isaja dell’Ispettorato del Lavoro, 2 anni per Carmelo Capone; assoluzione e prescrizioni per Natale Capone; la prescrizione delle accuse per Giuseppe Caliri; 4 mesi per Daniela D’Urso, moglie dell’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca, e mesi per Giuseppe Pugliares, 1 anno e 8 mesi per Salvatore Giuffè.

La sentenza segue la linea scelta dai giudici che hanno emesso il verdetto al troncone processuale che vedeva imputati Francantonio Genovese e Franco Rinaldi, e riqualifica le accuse più pesanti nel reato di truffa. Resta in piedi, anche se non per tutti gli imputati, il reato di associazione a delinquere, confermato in condanna, ad esempio, per i coniugi Sauta e per la Schirò.

Condannati anche gli enti chiamati come imputati, multati per 40 quote da 500 euro per l'Ancol, 350 quote da 700 euro per Elfi Immobiliare, 140 quote da 700 euro per Sicilia Service srl, 210 quote da 700 euro ciascuna per Centro Servizi 2000, 100 quote da 300 euro per Pianeta Verde.

Tutti dovranno liquidare le parti civili costituite: la Regione Siciliana e l'Assessorato regionale alla Formazione, corsisti e docenti e il Codacons. Il danno sarà quantificato in sede civile.

Molte assoluzioni parziali e prescrizioni un po' per tutti gli imputati.

L'indagine della Polizia giudiziaria della Polizia era partita parecchi anni addietro ma si è concretizzata tra il 2012 e il 2013 quando, nel pieno di un luglio caldissimo, scattarono 10 arresti eccellenti. Al centro delle indagini c'era la figura dell'ex consigliere comunale del Pd Elio Sauta, patron dell'Aram e le sue attività nel mondo della formazione, poi l'ex assessore comunale Melino Capone che gestiva l'Ancol.

Sotto la lente finirono i subappalti per le forniture, l'effettivo svolgimento dei corsi, gli affitti e l'acquisto degli immobili con i fondi destinati alle attività formative.

In aula lo scontro tra Accusa e difese è stato aspro soprattutto sui contratti degli acquisti di immobili e sulle perizie sulle fatture di materiale.

"Salvo ogni altro approfondimento di merito, possibile solo dopo il deposito della motivazione, la semplice lettura del suo dispositivo, consente una prima riflessione – commenta l'avvocato Nino Favazzo, difensore di Chiara Schirò- la sentenza emessa oggi dai Giudici della Seconda Sezione del Tribunale di Messina rappresenta la cartina di tornasole quanto alla eccessiva severità delle pene inflitte, per le medesime condotte, appena qualche mese addietro, da altro Collegio Giudicante. Ciò impone una seria e ben più ampia riflessione sul tema della discrezionalità del Giudice nella applicazione della pena, soprattutto ove si consideri che, così evidenti differenze in termini di trattamento sanzionatorio, si colgono all'interno di uno stesso Ufficio Giudiziario".

Alessandra Serio

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