Contro la violenza sulle donne: perché servono segni per onorare le vittime

Contro la violenza sulle donne: perché servono segni per onorare le vittime

Francesca Stornante

Contro la violenza sulle donne: perché servono segni per onorare le vittime

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sabato 25 Novembre 2017 - 07:27

Il comitato Pari opportunità di CMdB lancia nuovamente la proposta di intitolare una via, una piazza, una strada alle vittime di femminicidio. Perché non ci si può fermare di fronte al no della commissione toponomastica di Palazzo Zanca

Oggi si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Una ricorrenza che purtroppo lega ormai tantissimi Paesi in tutto il mondo nel ricordo delle vittime innocenti della violenza cieca degli uomini. Un giorno che però non deve rimanere come data sul calendario per poi girarsi dall’altra parte negli altri 364 giorni. Come dice Maria Andaloro, che qualche anno fa ha lanciato la campagna Posto Occupato oggi simbolo in tutta Italia della lotta alla violenza sulle donne, la violenza è un problema culturale e come tale bisogna combatterla giorno per giorno. Nelle scuole, negli uffici, nelle Istituzioni, ognuno nella propria casa. Bisogna ricordare le vittime e andare oltre.

Per ricordarle ci sono simboli che parlano di loro: da quel “posto occupato” su tram, bus, teatri e Palazzi istituzionali, alle scarpette rosse, fino alle tante intitolazioni che in questi ultimi anni le città hanno deciso di dedicare alle troppe vittime innocenti. Per questo la vicenda esplosa pochi giorni fa in città sul diniego da parte della commissione comunale Toponomastica alla proposta di intitolare una piazza alle vittime di femminicidio, ha scatenato un’inevitabile indignazione. E’ stato il Comitato Pari Opportunità del gruppo di CMdB ad accendere i riflettori su quel parere negativo e incomprensibile. E oggi, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, vogliono toranre a riproporre l’intitolazione di una piazza, una via o un giardino alle vittime di femminicidio.

«Il diniego della Commissione Toponomastica, composta peraltro da soli uomini in contrasto con quanto deliberato dalla Giunta comunale nel marzo 2016, è inaccettabile. Inaccettabile perché ogni segno o gesto è utile per far comprendere determinati atti, stimolare a prevenire le violenze e a riconoscere quei segnali e atteggiamenti che le preludono; essere così semplicemente di aiuto alle donne ma anche agli uomini e complessivamente ad una società più giusta».

Il Comitato fa parlare i numeri drammatici: nel 2017, dal 1 gennaio ad oggi purtroppo, sono 84 le donne uccise. Nel 2016 sono state 120, nel 2015 hanno perso la vita 128 donne uccise, nel 2014 sono state 136 le donne uccise, nel 2013 addirittura 179. I dati a volte nemmeno coincidono, perché alcuni femminicidi passano inosservati o non classificati come femminicidi.

A sostegno della proposta ricordano poi gli esempi di altre città: nel novembre 2014 Torino ha dedicato un Giardino alle “Vittime di Femminicidio”, nel giugno 2015 Siracusa ha avuto la sua piazza “Vittime di Femminicidio” e nel marzo 2017 anche Priolo ha intitolato una piazza alle “Vittime di Femminicidio”.

«La notizia della nostra proposta e il relativo diniego hanno avuto ampia, confermando che la motivazione approntata dalla Commissione Toponomastica con il suo “non è il modo migliore per onorarle” riferito alle vittime, non sussiste e non è assolutamente ragione valida per privare la città di un luogo di meditazione e memoria sul femminicidio. Concordiamo sul fatto che una piazza intitolata alla vittime di femminicidio non sia di certo sufficiente per ammonire su un fenomeno tanto esteso e radicato, così come non lo sono tuttavia una locandina, una panchina dedicata, una sedia con un drappo rosso e/o le tante manifestazioni a riguardo: si tratta di segni, indirizzi attraverso cui far riflettere, stimoli culturali perché il femminicidio sia collettivamente riconosciuto e stigmatizzato».

Francesca Stornante

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