Centro accoglienza minori, gli operatori di giustizia contro la chiusura

Centro accoglienza minori, gli operatori di giustizia contro la chiusura

Alessandra Serio

Centro accoglienza minori, gli operatori di giustizia contro la chiusura

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lunedì 25 Aprile 2016 - 22:01

Dall'incontro tra gli avvocati e i magistrati della giustizia minorile è emersa una proposta: trasformare il CPA in un centro "a chiamata", così da salvare il presidio locale a tutela dei giovani che entrano nel circuito penale.

Non è stata una semplice tavola rotonda, quella svoltasi qualche giorno fa tra l'Ordine degli Avvocati, il Tribunale per i minori e la Procura. Sul tavolo c'era infatti il problema della chiusura del Centro di prima accoglienza per la giustizia minorile di Messina, accorpato a quello catanese, lo scorso 7 aprile.

Dal confronto tra i rappresentanti – il presidente del consiglio dell'Ordine degli Avvocati Vincenzo Ciraolo, il procuratore dei Minori Ada Merrino e il presidente del Tribunale per i minori Michele Saya, è emersa infatti una proposta che potrebbe salvare il presidio: trasformare il CPA da struttura stabile in centro "a chiamata".

Operativamente, cioè, la struttura si attiverebbe soltanto nel momento in cui ce ne fosse la necessità. Per il resto del tempo gli operatori sarebbero destinate alle altre, molte necessità del tribunale di viale Europa, che si occupa dei giovanissimi che entrano nel circuito penale, perché commettono reati, e che si cerca di rieducare, per evitare loro il carcere e la peggiore delle strade, quella del crimine, una volta diventati maggiorenni.

"Proprio perché la rieducazione è il fine principale – spiega il presidente degli avvocati messinesi, Ciraolo – allontanarli dalle loro famiglie in un momento così particolare come il primo impatto con la giustizia non è certo la migliore soluzione. Non dimentichiamo che i minori che delinquono la maggior parte delle volte vengono da contesti di disagio economico, famiglie che avrebbero difficoltà persino ad arrivare a Catania, con molta probabilità. In più, la chiusura della struttura viene giustificata da una esigenza di spending review che in realtà non si realizza, visto che gli operatori continuano ad essere destinati a quel servizio ma afferiscono a Catania, per non contare i costi di trasporto, per esempio per la polizia penitenziaria, da e per quella città".

"Si giustifica la scelta anche in base ad una "sottoproduttività" della struttura messinese – spiega la Merrino – ma i dati ci dicono per esempio che, purtroppo, la tendenza si è invertita: soltanto nelle ultime settimane abbiamo celebrato sei udienze". Insomma, la proposta c'è ed è concreta. Spetta ora al Ministero il compito di effettuare una scelta davvero razionale e non soltanto "numerica".

Alessandra Serio

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