Piraino, il caso dei cavalli contesi nel maneggio sottratto alla mafia

Piraino, il caso dei cavalli contesi nel maneggio sottratto alla mafia

Alessandra Serio

Piraino, il caso dei cavalli contesi nel maneggio sottratto alla mafia

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giovedì 25 Gennaio 2018 - 07:03

Il maneggio confiscato era ancora nel mirino del suo ex proprietario, il "colletto bianco" Tindaro Marino, che minacciò il gestore. A farne le spese 6 poveri cavalli e gli animalisti, "cacciati" dalla struttura.

Tra il 2015 e il 2017 scoppia il caso del maneggio conteso a Piraino, confiscato al costruttore mafioso Tindaro Marino ed affidato dall'amministratore giudiziario ad un'associazione di Barcellona. Le condizioni dei sei cavalli che vi abitavano, però, preoccuparono gli animalisti. Alla fine il maneggio venne sfrattato per decreto del Tribunale, e i cavalli affidati ad un'altra organizzazione.

I retroscena del caso vengono ora a galla con l'operazione Gotha VII. Dietro le denunce sulle condizioni dei cavalli c'era infatti l'ex proprietario, Tindaro Marino, che rivoleva ad ogni costo la struttura di contrada Salinà.
Nel tira e molla, a farne le spese sono stati comunque gli animali, che in effetti bene non stavano, tanto che il Commissariato di Sant'Agata di Militello alla fine ha pensato bene di trovare loro nuova sistemazione.

Le loro condizioni avevano destato l'allarme anche di altri attivisti animalisti della provincia, che provarono ad intervenire. Ma "l'aria pesante" che si respirava intorno al maneggio li convinse a desistere.

A raccontare agli amministratori delle mire di Marino è proprio il presidente dell'associazione di amanti dell'equitazione al quale l'amministratore giudiziario affida la gestione del maneggio, nel 2013, quando il Tribunale confisca definitivamente la struttura al costruttore di Gioiosa Marea, oggi 57 anni, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. <br

Il gestore racconta di essere stato avvicinato da Marino e da due suoi stretti collaboratori. Uno di loro si era presentato più volte, cercando di convincerlo, con le buone o con le cattive, a lasciar gestire di fatto il maneggio al vecchio proprietario, malgrado il sequestro per mafia. Ma il presidente dell'associazione non voleva saperne. "Allora non hai capito – avrebbe detto l'emissario di Marino – ti sei messo in un bel guaio, sei un uomo morto".

Marino, pur di riavere i cavalli, le prova tutte. Prova persino ad avvicinare altri animalisti, convicendoli che gli animali vengono maltrattati dall'associazione a cui erano stati affidati. Scattano a quel punto anche i controlli da parte del personale dell'Asp veterinaria e degli agenti del Commissariato di Sant'Agata di Militello, che in due anni sono tornati più volte nel maneggio di Piraino.

In effetti qualche cavallo è mal nutrito, non è semplice tenere in piedi la struttura, e nel luglio 2016 è il Tribunale di Messina ad intervenire, "sfrattando" l'associazione che la gestisce. Tocca agli agenti del commissariato santagatese, a questo punto, intervenire per trovare nuova sistemazione agli animali, nelle more delle indagini – ancora in corso alla Procura di Patti – per fare luce sulla effettiva gestione del maneggio conteso.

Gli accertamenti della Polizia, sin qui, sembrano indicare che le denunce di Marino erano poco più che calunnie nei confronti di chi non voleva sottostare al suo volere, per fare pressione sulla nuova gestione.

Ma i dubbi sulle condizioni degli animali permangono.

Così come è certo che il clima creatosi intorno la struttura ha impedito alle diverse sigle animaliste che avrebbero voluto occuparsi del caso di salvare i cavalli.

Nel frattempo Tindaro Marino è finito nel calderone del blitz antimafia di ieri e, nel maggio 2016, nell'operazione Vecchia Maniera per i suoi rapporti con l'ex boss pentito Carmelo Bisognano che tramite il costruttore gioiosano e i suoi fedelissimi di Mazzarrà Sant'Andrea voleva continuare a fare affari, malgrado i divieti dovuti alle sue condanne per mafia.

Alessandra Serio

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