Il professore Longo non è morto nel sonno, lo rivela la moglie

Il professore Longo non è morto nel sonno, lo rivela la moglie

Il professore Longo non è morto nel sonno, lo rivela la moglie

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venerdì 26 Luglio 2013 - 07:40

Eseguita prima dei funerali l'autopsia sul corpo del gastroenterologo del Policlinico morto lo scorso sabato nella sua abitazione di Mortelle. A informare la magistratura è stata la moglie del professore che ha trovato il marito senza vita del sessantaquattrenne e accanto al divano fiale di cloruro di potassio e siringhe. Aperta un'inchiesta

Una lettera di addio alla moglie per spiegare un gesto disperato. Il professore Longo non è morto nel sonno a 64anni. Ma si è tolto la vita. A rivelarlo è statala moglie del professore, anche lei medico. E lo ha fatto pubblicamente tramite il suo legale, l’avvocato Bonni Candido, inviando una lettera alla Gazzetta del sud. Spiegando che è stata lei a ritrovare il corpo senza vita del marito, a rinvenire accanto al divano una sua lettera nella quale spiegava il suo gesto e infine a notare la presenza di alcune fiale di cloruro di potassio e delle siringhe sul tavolo accanto al divano. In quella Villa di Mortelle il professore Longo ha scelto di farla finita, forse stanco per il clamore mediatico di cui era stato oggetto. La moglie ha informato la magistratura che ha aperto un’inchiesta e ha disposto che venisse eseguita l’autopsia sul corpo del professore prima che fossero celebrate le esequie. Ora si attende di sapere l’esito dell’esame autoptico, portato a termine dal dottor Alessio Asmundo.
Lo stesso professore, gastroenterologo del Policlinico, qualche settimana dopo la chiusura del processo che lo aveva visto coinvolto e arrestato per mafia aveva scritto proprio al quotidiano messinese: “Io, finito per 15 anni nel tritacarne”- scriveva Longo. “Il 24 giugno 1998 la Gazzetta del Sud pubblicava in prima pagina la mia foto a colori e a caratteri cubitali il titolo “Il prof Peppe Longo arrestato per mafia”. Per anni sono stato oggetto delle vostre “attenzioni” ogni qualvolta un pentito o qualche solerte pubblico ministero rilasciava dichiarazioni su me e sui delitti che mi venivano attribuiti. Dopo soli 15 anni si chiude la mia vicenda giudiziaria, si conferma che la mafia all’Università non c’era. Sono lieto di essere sopravvissuto al tritacarne mediatico-giudiziario e di constatare che il mio nome non fa più notizia”.

In nome del professore Longo è da sempre stato legato a quello del collega Matteo Bottari ucciso il 15 gennaio 1998. Per quell’omicidio venne indagato, ma mai rinviato a giudizio.

Il nome del professore Longo torna poi alla ribalta nell’inchiesta Panta Rei. Fu imputato e totalmente assolto dall’accusa di associazione mafiosa e traffico di droga, nel processo sulle presunte infiltrazioni della ‘ndragheta all’Ateneo peloritano.

Le accuse contro il gastroenterologo del Policlinico erano pesantissime. Veniva indicato come referente locale del capoclan di Africo, Giuseppe Morabito, detto “u Tiradrittu”. Accuse che non furono mai provate e con fermezza respinte dal professore Longo.

Nel febbraio 1991 il professore fu anche sequestrato dalla ‘ndrangheta sull’Aspromonte. Riuscì a liberarsi da solo e a fuggire.

Sabato scorso la notizia della sua morte. Quanti ne avevano appreso la notizia si erano stupiti vista la giovane età del professore, morto a soli 64 anni.

Oggi la lettera della moglie conferma che il professore non è morto nel sonno, ma ha scelto di farla finita. Stanco di lottare per difendersi da accuse pesanti che avevano avvelenato la sua vita.

3 commenti

  1. Inquietante vicenda..

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  2. Ai magistrati tutti bisogna predicare maggiore cautela e meno spettacolarità nelle indagini e nei rapporti con i media in generale, insieme alla fermezza sul doveroso rispetto delle leggi da parte dei cittadini.

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  3. Tutti siamo innocenti fino a prova contraria, solo che in italia per i magistrati siamo tutti colpevoli fino a prova contraria e la prova la devi portare tu non loro.

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