Smaltimento rifiuti ai cantieri Palumbo, a processo i vertici delle societa'

Smaltimento rifiuti ai cantieri Palumbo, a processo i vertici delle societa’

Alessandra Serio

Smaltimento rifiuti ai cantieri Palumbo, a processo i vertici delle societa’

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lunedì 04 Novembre 2013 - 14:16

Si divide in due tronconi il processo per le attività dei cantieri navali della Falce che vede imputati i manager della società napoletana. Dopo aver disposto 11 rinvii a giudizio e 3 abbreviati, il giudice ha revocato le misure cautelari. Tornano in libertà, quindi, Antonio e Raffaele Palumbo. E sui reati ambientali il gup spiega: "sono gravi quanto quelli economici".

Undici rinvii a giudizio e 3 abbreviati alla fine dell’udienza preliminare sullo smaltimento illecito dei rifiuti ai cantieri navali Palumbo, nella falce. Il Gup Salvatore Mastroeni ha ammesso la richiesta di rito abbreviato per il triestino Walter Radin, la messinese Letteria Scopelliti e la società Petrol Lavori, fissando l’udienza al prossimo 14 febbraio. Processo a partire dal prossimo 19 dicembre davanti ai giudici della II sezione penale, invece, per tutti gli altri imputati, che hanno optato per il rito ordinario: e cioè gli armatori napoletani Antonio Palumbo e Raffaele Palumbo, Mario Fierro, Giuseppe Costa, Rosario Scopelliti, Santi Scopelliti, , Raffaele Donnarumma, Salvatore Croce, quindi le società Palumbo spa, La Futura Sud srl , e Stabia Yachting & Coating srl. Sono accusati di associazione finalizzata al traffico illecito organizzato di rifiuti speciali, anche pericolosi, mediante trasporti e sversamenti in siti sconosciuti o discariche non autorizzate, soppressione distruzione o occultamento di atti veri. Alla fine dell’udienza il giudice ha revocato le misure cautelari rimaste ancora in piedi per gli imputati. Antonio e Raffele Palumbo, quindi, non sono più ai domiciliari. Secondo il Gup Mastroeni, le misure adottate dai protagonisti dell’inchiesta, a cominciare dalle dimissioni dai vertici societari, sono sufficienti a scongiurare il pericolo di reiterazione del reato, quindi le esigenze cautelari. Infine nel provvedimento il giudice dedica un passaggio ai reati ambientali, “rispondendo” in qualche maniera alle tesi dei difensori, prospettate in aula oggi. Ribadendo che la Procura ha accertato reati sussistenti e continuati nel tempo, il giudice sottolinea che “l’associazione” creata dagli indagati non è grave solo perché finalizzata al risparmio economico per l’impresa, che risparmiava sui costi del lavaggio delle navi, smaltendo i rifiuti illegalmente, ma è grave anche e soprattutto sotto il profilo ambientale, per il rischio inquinamento delle acque dello Stretto che ne deriva. Ammesse quindi le parti civili, il WWF e il comune di Messina. Hanno difeso gli avvocati Favazzo, Rizzo, Billè, mentre l’associazione ambientalista è assistita dall’avvocato Aura Notarianni.

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