L'appello del papà di un ragazzo autistico: "Genitori usciamo allo scoperto!"

L’appello del papà di un ragazzo autistico: “Genitori usciamo allo scoperto!”

L’appello del papà di un ragazzo autistico: “Genitori usciamo allo scoperto!”

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venerdì 17 Aprile 2015 - 22:09

"Genitori usciamo allo scoperto",è l'appello del papà di un ragazzo autistico ma rivolta anche ad amministratori, volontari, ricercatori,operatori della sanità,affinchè tutti insieme, senza bisogno di creare associazioni ma applicando le leggi, si riesca a portare avanti un cambio di mentalità per modificare radicalmente le problematiche oggi drammaticamente attuali.

Si è tenuta il 2 Aprile la Giornata Mondiale dell’AUTISMO con incontri, dibattiti, conferenze, dirette TV, in cui operatori del settore, amministratori, insegnanti, genitori hanno discusso una tematica ancora complessa e spinosa, rispetto alla quale l’attenzione e le risorse di qualsiasi tipo sono assolutamente insufficienti. Una delegazione di genitori è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica e l’anno scorso dal Papa. Al solito, passato il momento in cui esperti, e dirigenti vari si sono prodigati ad esprimere il massimo del loro impegno e della loro solidarietà, tutto, poi, dopo la Grande Giornata, ritornerà come prima, considerando anche il modo generico e sbrigativo con cui diversi amministratori e dirigenti susseguitisi nei vari convegni hanno portato il “saluto” di prammatica. Fatta salva la dedizione di tanti operatori della Sanità, della Scuola e del Volontariato che ogni giorno sono sulle barricate. Allo stato attuale le conoscenze e le iniziative più avanzate in grado di fronteggiare un fenomeno, come quello dell’Autismo, sono molto limitate e disarticolate. Ci vorrebbe, prima di tutto, molta più umiltà nel riconoscere i propri limiti. Come genitore impegnato in prima linea in questa battaglia per mio figlio, ritengo che occorre fare chiarezza su alcuni punti prioritari.

L’Autismo è in continuo aumento su scala mondiale in tutti i Paesi. Si parla approssimativamente, che gli autistici in USA sono 1 ogni 68 abitanti; in Italia sono circa 500 mila, ma è un calcolo per difetto. Ciò fa pensare ad una vera e propria PANDEMIA. Le conoscenze scientifiche sono ancora molto ridotte. Quelle già acquisite sono rimesse in discussione. Ad esempio fino ad ora si è parlato di basi prevalentemente genetiche. Negli ultimi anni si stanno rivelando di primaria importanza : l’influenza ambientale, l’inquinamento di ogni tipo, oltre la correlazione tra infiammazione cerebrale e disfunzione intestinale e quindi il ruolo dell’alimentazione; il tutto supportato da basse difese immunitarie.

L’Autismo è una Sindrome Neurobiologica. Non è una malattia mentale. Ma spesso, in molte realtà viene curato come tale, con interventi preconfezionati. I Centri specializzati in grado di valutare e di diagnosticare tale Sindrome sono ancora assolutamente insufficienti e spesso emettono diagnosi contrastanti tra di loro.

La “Diagnosi precoce” tanto decantata, proprio perché deve essere precoce, si ferma ai primi anni di vita del bambino, e poi ? a chi non viene diagnosticato in tempo l’autismo che succede? Assolutamente niente. Pertanto, degli adolescenti ci se ne occupa poco e male e ancor meno degli adulti. Quando ormai è troppo tardi. Inoltre negli anni successivi all’infanzia possono insorgere caratteristiche nuove, non considerate precedentemente come fattori di rischio; queste agiscono come un virus che all’improvviso si insinua nell’organismo e che poi diventa devastante. E’ una vera e propria mutazione biologica. L’Autismo, in tal senso, si può definire l’Ebola dei nostri tempi. Ecco perché i Centri che curano l’Autismo spesso risultano inadeguati, poiché non possiedono prima i metri di valutazione immediata della Sindrome e non sono, ancor meno, in grado dopo di prevederne l’evoluzione che può assumere diverse connotazioni. Per questo oggi si parla di AUTISMI.

Dal punto di vista sociale le persone autistiche subiscono la stessa diffidenza, la stessa incomprensione, la stessa emarginazione che hanno sperimentato negli anni passati i malati di mente. Ma oggi per fortuna i tempi sono cambiati, ci sono in giro tante persone fuori del comune che lavorano in silenzio e soprattutto agiscono.

E ci sono tante Leggi. Chi evoca nuove leggi è fuori strada. Semmai si tratta di integrare, di rendere più agibili e quindi applicabili quelle che ci sono. Quelli stessi Organismi che fanno le Leggi si curano poco di diffonderle, di spiegarle prima agli operatori degli Enti pubblici preposti e poi alla gente. Una legge dello Stato quando passa il vaglio della Regione e poi degli Enti locali si perde in mille interpretazioni. Ad esempio quasi nessuno degli addetti ai lavori conosce, e lo dico per esperienza diretta, il “Progetto individuale di vita” previsto dalla L. 328, o, peggio, fa finta di non saperlo. Tale Progetto dovrebbe accompagnare il diversamente abile durante tutto l’arco della sua vita, attraverso una disamina di tutti i suoi bisogni individuali.

Le Scuole fanno quello che possono con la buona volontà e pochissimi mezzi di tanti insegnanti. Ad esempio pochissime scuole sanno, e molte non vogliono sapere, e parlo ancora per esperienza personale, che nelle Linee Guida del MIUR (Min. Pubblica Istruzione) è prevista la figura del Tutor che viene risaltata nel Progetto “Un compagno come Tutor”. Il ragazzo svantaggiato viene affiancato da un compagno di classe che, se fa questa scelta, può aiutarlo e stargli accanto dentro e fuori la Scuola. Il Tutor, a parte la sua motivazione personale che attiene alla solidarietà, viene premiato con crediti formativi.

Allo stesso modo la figura del “Tutor come amico” tende a evidenziare a livello sociale l’emergere di una nuova sensibilità, del rafforzarsi della cultura dell’accoglienza, che non considera il diverso un altro lontano da se. Questa nuova codificazione, segno dei nostri tempi, vuole significare che chiunque, senza essere un esperto, da persona comune, si può occupare dell’altro che la vita ha dotato di poche capacità. Questi è il “vicino della porta accanto” che normalmente si gira dall’altra parte e chiude l’uscio di casa. Può invece ora rendersi conto che è giunto il momento di occuparsi del suo simile, offrendogli la presenza, l’accoglienza, il servizio immediato di cui ha bisogno, senza sostituirsi, naturalmente, al Servizio Pubblico. I bambini e i ragazzi autistici, dopo tutte queste considerazioni, di che cosa hanno veramente bisogno ? Il Comune, gli Enti locali, in sinergia con le Asp e soprattutto con le Neuropsichiatrie devono aprire un “Osservatorio” cominciando con una mappatura dei soggetti con tali caratteristiche, che si può allargare alla disabilità in genere. Anche perchè i confini tra alcune “patologie” sono labili e molte di tali peculiarità risultano comuni. Inoltre il Comune deve indire “un tavolo di lavoro”, che includa operatori dello stesso, della sanità e familiari dei soggetti autistici, che possa fornire elementi utili alla programmazione degli interventi che si rendono necessari. Le ASP, le Neuropsichiatrie devono attrezzarsi, in collegamento con Organismi Nazionali, a raccogliere, anche dal punto di vista della Ricerca scientifica, tutte le informazioni che servono ad approfondire l’evolversi delle Sindromi autistiche. Quindi al proprio interno creare un settore specifico che si occupa di Autismo, con maggiore attenzione verso i ragazzi in fase adolescenziale e ancor più verso gli adulti, di cui ancora non si occupa nessuno. E soprattutto comprendere che occuparsi di Neurologia, anche se multifattoriale, non è lo stesso di occuparsi di Psichiatria. Dal punto di vista terapeutico occorre che le Neuropsichiatrie si aprino senza preconcetti a tutte le nuove soluzioni che si sono messe in luce negli ultimi anni. A cominciare, come già si fa, dalle Terapie cognitivo-comportamentali, ma accogliendo anche altri indirizzi come quelli conosciuti come Centri di Riorganizzazione Neurologica (es. Istituti Fay, Centro Delacato ecc…che si rifanno alla cosiddetta Scuola di Philadelfia), il Metodo Abba, le Tecniche Teacch, Metodo Montinari, Terapie disintossicanti celebrali e gastro-intestinali. Si tratta non di sposare un singolo indirizzo terapeutico e/o psico-terapeutico, ma di offrire informazioni adeguate agli utenti interessati per una scelta individualizzata più consapevole. L’obiettivo è quello, come già succede in diverse Regioni d’Italia, di pervenire a specifici protocolli o intese con detti Centri. Le informazioni da fornire devono riguardare anche lo stato attuale della Ricerca Scientifica nel campo dell’Autismo. Ad es. è vero che esiste una nuova metodica di Risonanza Magnetica microscopica, già attuata in alcuni paesi dell’UE, che consente di individuare determinate aree di sofferenza nel cervello, che possono determinare l’autismo, le quali possono essere conseguentemente sottoposte ad opportuno trattamento ? Ma alla base di quanto esposto vi è una condizione assolutamente prioritaria : occorre che tutti i genitori e familiari di soggetti autistici escano allo scoperto, manifestino apertamente la loro sofferenza e la loro rabbia in tutte le sedi. Una famiglia con soggetto autistico è attraversata da esperienze quotidiane devastanti. La vita di tutti i componenti cambia totalmente e spesso per sempre. La consapevolezza di ritrovarsi soli si trasforma presto in rassegnazione soprattutto quando non si intravedono miglioramenti significativi. La domanda angosciante di ogni genitore a questo punto è : chi si occuperà di mio figlio quando io non ci sarò più ? Non è una domanda retorica. Per tale motivo occorre che la rassegnazione e la rabbia si trasformino in iniziative propositive, sapendo che il campo in cui ci si cimenta è estremamente difficile ed insidioso. Per questo, come tutte le cose che richiedono un cambiamento autentico, occorre un salto culturale. Che prevalga la cultura dell’accoglienza verso tutte le forme di disabilità, non solo per l’autismo. La famiglia, i genitori non possono essere lasciati soli, anche perché il fallimento, ed oggi ciò ha un significato sempre più pregnante, ha un costo economico e sociale sempre più alto. L’abbandono di un intervento sociale e terapeutico non paga economicamente. Forse comprendere questo, più di altre motivazioni, può smuovere finalmente le coscienze e portare ad agire. Ma i genitori, secondo me, possono fare molto di più. Possono cominciare a riappropriarsi di un ambito fino ad oggi di esclusiva pertinenza degli operatori della Sanità. Non per sostituirsi ad essi in competenze specifiche, certamente insostituibili, ma per intraprendere un ruolo prettamente genitoriale, antico come il mondo, direi ancestrale, intriso però di nuova consapevolezza. L’accudimento familiare o se vogliamo materno in senso lato, le coccole diventano stimolazioni sensoriali in quanto mirate, specifiche, rielaborate, secondo un criterio che ha basi scientifiche. Possono costituire lo strumento per creare o ricreare condizioni che a livello natale o prenatale non è stato possibile determinare. Nell’autismo sono proprio i riflessi primitivi e i sensi ad essere bloccati. Occorre ridestarli, piano piano ma incessantemente, come si fa nei Centri di Riabilitazione psico-motoria, per far imparare “loro” come funzionare. In uno sviluppo disorganizzato occorre immettere degli imput che lo riequilibrino. Stimoli e carezze, se opportunamente calibrate e indirizzate, possono svolgere questo ruolo. E’ come un bambino che la mamma o il papà prende per mano per insegnargli a camminare, ripetutamente, fino a quando non ci riesce. Se il riflesso viene stimolato adeguatamente poi farà da solo. Questa non è Scienza elementare ? Quindi, in questo senso i genitori possono diventare i primi terapeuti dei propri figli, ma, ripeto, senza sostituirsi ad altre terapie. Occorre essenzialmente acquistare piena consapevolezza di se stessi, della forza primordiale che esiste dentro di noi. Non è vero che, come si dice, utilizziamo solo il 10% delle nostre risorse interiori ? Questa consapevolezza è una autentica “rivoluzione culturale” e delle coscienze che può condurre ad autentici cambiamenti.

(Chiunque condivida o è interessato a quanto contenuto nel presente appello è invitato a mettersi in contatto con : Giuseppe Currò – 3491502572 – pinocurro@alice.it )

Giuseppe Currò

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