Il Tribunale: De Luca non andava arrestato. I legali: ora piena giustizia

Il Tribunale: De Luca non andava arrestato. I legali: ora piena giustizia

Il Tribunale: De Luca non andava arrestato. I legali: ora piena giustizia

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giovedì 15 Marzo 2018 - 09:37

Il deputato regionale: non cerco vendetta ma giustizia. I suoi avvocati: "Il tribunale della libertà censura con precisione chirurgica la posizione della Procura recepita senza alcuna riflessione critica dal Gip"

Il deputato regionale Cateno De Luca ed i suoi legali intervengono dopo aver letto le motivazioni del Tribunale della Libertà, depositate lunedì e che confermano come l’8 novembre 2017 il leader di Sicilia Vera non sarebbe dovuto essere arrestato.

Siamo rimasti allibiti per la chiara e netta presa di posizione e censure del collegio giudicante contro l’ennesimo provvedimento giudiziario della Procura di Messina che ha rappresentato un’ ulteriore pagina nera dell’ingiustizia dei palazzi di giustizia” commenta De Luca.

Il 12 dicembre scorso – prosegue – ho denunziato all’autorità giudiziaria di Reggio Calabria l’ennesimo abuso della Procura di Messina che mi ha torturato per oltre sette anni con 17 procedimenti penali, tutti chiusi in mio favore con sentenze di assoluzione ed archiviazioni per l’inconsistenza delle accuse. Non cerco vendetta ma spero che il mio calvario giudiziario possa servire a smantellare l’occulta organizzazione che si annida in qualche angolo del tribunale di Messina e che stritola quei malcapitati che non hanno la forza ed i mezzi che io ho avuto per evitare di essere macinato nel tritacarne della mala giustizia”.

Anche gli avvocati Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi intervengono sulla vicenda riportando letteralmente la motivazione espressa dal Tribunale: "Sia Fenapi Nazionale, sia il Caf Fenapi s.r.l., sia i circoli sono persone giuridiche esistenti, con propria struttura e proprio personale e l'attività fiscale è stata effettivamente svolta. La fittizietà del costo del personale ipotizzata dall'accusa si scontra con un dato di importanza innegabile e incontestato, relativo alla effettività del servizio di assistenza fiscale reso dal Caf Fenapi nel territorio a beneficio degli associati per il tramite del personale dei circoli, nonché tramite le strutture decentrate della Fenapi, costituite dai circoli stessi".

I due legali sottolineano come con questa puntualizzazione, debitamente supportata con dati strumentali e di consulenza tecnica, il Tribunale della Libertà di Messina, con una articolata ed approfondita decisione, abbia certificato la piena correttezza dell'operato delle strutture facenti capo a Cateno De Luca, che era stato arrestato su richiesta del pubblico ministero due giorni dopo essere stato eletto deputato regionale.

Il Tribunale della Libertà di Messina- prosegue la nota- censura con precisione chirurgica la posizione della Procura, recepita senza alcuna riflessione critica dal giudice delle indagini preliminari, secondo cui il "Caf non dovesse sostenere alcun costo" non solo per il personale in prestito, ma anche per il mantenimento delle sedi, sottolineando come dalla convenzione quadro tra Caf Fenapi srl e circoli Fenapi "non discende certamente l'assunto secondo cui l'attività fiscale per conto del Caf dovesse essere svolta gratuitamente dai circoli. Quanto alla contestazione relativa a presunte fatturazioni per operazioni inesistenti, il Tribunale della Libertà di Messina stigmatizza l'impianto accusatorio, osservando come , a fronte dei "tipici elementi sintomatici della fittizietà "dei costi" come "l'inesistenza di fatto delle aziende emittenti, l'inesistenza delle attività, la mancanza di prove del versamento delle somme difettano nella vicenda oggetto di odierna disamina, in cui c'è la prova positiva dell'effettivo svolgimento delle prestazioni pattuite".

Con riferimento infine alla contestata associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, il Tribunale di Messina cpnclude: "l'assunto secondo cui il De Luca e il Satta avessero organizzato un sodalizio criminoso e dato in tale ambito direttive ai collaboratori per falsificare documenti, in guisa da costituire prove false per documentare operazioni mai compiute, non è sostenibile", con la conseguenza che "neanche l'ipotizzato reato associativo si può ritenere sussistente".

Un commento

  1. DE LUCA SINDACO

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