Acr Messina, quando si vuol stare in Paradiso a dispetto dei santi

Acr Messina, quando si vuol stare in Paradiso a dispetto dei santi

Rosaria Brancato

Acr Messina, quando si vuol stare in Paradiso a dispetto dei santi

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sabato 22 Ottobre 2016 - 09:01

Manca la serenità, dice il nuovo allenatore. Troppe pressioni scrivono gli ex allenatori. E ci sono anche altre lettere e proteste che danno il quadro di una squadra divenuta una "stazione" e di una società sempre più isolata,che vuol stare in Paradiso a dispetto dei santi.

Ho letto l’arrivederci di Sasà Marra ed Enrico Buonocore, rileggendo con attenzione la parte in cui parlano di “pressioni” a cui vengono quotidianamente sottoposti i ragazzi. Ho letto le dichiarazioni a caldo di Cristiano Lucarelli dopo la gara di Coppa Italia, quando spiega che la “squadra ha bisogno di serenità”.

Le due parole: pressioni e serenità non vanno d’accordo. Lucarelli conclude ricordando che quando venne da avversario sembrava che lo stadio cadesse giù per l’energia che vibrava dai tifosi. Oggi c’è un presidente che si considera tifoso, ma una società che si è allontanata dai tifosi e dalla squadra in maniera siderale con un progressivo processo d’isolamento dalla città iniziato in estate. Uno stadio non è una torre d’avorio, una squadra non appartiene alla società ma alla città.

Marra e Buonocore hanno detto sì come si fa con gli innamorati, ma oggi scrivono che “le strategie di mercato sono affidate a tante persone diverse, tranne che all'allenatore (val la pena ricordare la questione del presidente che voleva a tutti i costi tesserare un suo parente prossimo)” che parte dei giocatori non ha svolto il ritiro estivo, che il continuo via vai dei calciatori ha reso debole la compagine. Ma soprattutto “alle condizioni di lavoro complicate, vanno aggiunte le pressioni a cui erano quotidianamente sottoposti i ragazzi. Pressioni dovute a dichiarazioni relative al raggiungimento di un piazzamento ben oltre il limite del possibile, rilasciate da chi non ha tenuto conto della realtà dei fatti. Programmazione e passione disinteressata sono venute a mancare”.

Nel frattempo si è scavato un solco sia in classifica che nei rapporti con la città e la tifoseria. Ha ragione Lucarelli, manca la serenità.

La società tra polemiche, tira e molla, è riuscita a scontrarsi con tutti, dai giornalisti all’Ussi, dai club agli imprenditori con i quali ha ingaggiato un’estenuante trattativa. Le immagini dei pochi tifosi allo stadio per la gara di Coppa Italia non sono un segnale per i calciatori, ma per la dirigenza. Non c’è un solo sponsor di Messina. E questo vorrà pur dir qualcosa.

Quel che manca è la serenità. Non si gioca solo con il corpo. Senza la testa non c’è neanche il resto. Non puoi difendere i colori di una bandiera se veleni, polemiche, precarietà, un quotidiano clima d’incertezza influiscono sul tuo rendimento in campo. Manca la serenità. E manca anche, come direbbe Massimino l’amalgama, che nessun calcio mercato del mondo ti può dare.

Da giugno par di vedere un gruppo di viaggiatori con le valigie in mano, che non sai se saluterai oggi, domani o tra un mese. Un via vai iniziato in estate e che ha riguardato qualsiasi figura, dall’avvocato all’allenatore, dal dirigente all’addetto stampa.

Cristiano Lucarelli non arriva in una società di calcio ma in una stazione.

In questa stazione i dirigenti del Messina, ai quali si deve tantissimo, si trovano contro i club e gran parte dei tifosi, non hanno sostegno di cordate d’imprenditori e sponsor, latitano anche le istituzioni. Ai veleni si aggiungono le lamentele, le insoddisfazioni di chi non ha avuto il giusto riconoscimento al proprio lavoro. Solo i calciatori finora possono ritenersi tranquilli sotto il profilo delle retribuzioni.

Messina merita di più che un “tirare a campare”, più consono forse a chi è furbo ma non a chi è appassionato.

Quello che sta accadendo in questa “stazione” comporta conseguenze sulla credibilità di questo Messina. Non stiamo dando una bella immagine fuori e non per gli insuccessi in campo, perché quelli vanno e vengono e se perdi a testa alta, con il coltello tra i denti e lottando fino all’ultimo minuto, i tuoi ti faranno gli applausi. L’immagine è qualcosa di diverso. Come la credibilità. E’ qualcosa che riguarda come ti vedono gli altri.

Alla lettera di Marra e Buonocore può accostarsi un’altra missiva, pubblicata su facebook da un padre. Oltre ad essere papà di un calciatore delle giovanili è anche allenatore. La lettera è indirizzata ad un presidente di una squadra di calcio che alloggia i ragazzi delle giovanili nella foresteria di uno stadio.

“Mi trovo a comunicarle che un suo giovane calciatore fa ritorno a casa. Lei è uomo di calcio e immagino PADRE ed anche se non lo fosse naturalmente la considero comunque padre di quei giovani che fanno parte del settore giovanile. So che per portare avanti un progetto così grande ha bisogno di avvalersi di collaboratori. Evidentemente la sua scelta non rispecchia il suo enorme sforzo. Sono state promesse cose che non sono state mantenute, in primis l’alloggio. Lei sa che i ragazzi sono ammassati in 5 in una stanza che ne può contenere al massimo 3? Lei sa della situazione precaria strutturale dell’immobile? Di stanze ammuffite dall’acqua che penetra dal solaio o dalle finestre? Lei sa che per circa 80 ragazzi c’è una sola lavatrice che ha funzionato tre giorni? Lei sa dei materassi abbandonati nei corridoi? E’ a conoscenza che la mensa non ha i requisiti di igiene e sicurezza richiesti? Lei sa che i ragazzi sono andati alla prima di campionato in trasferta con gli indumenti nelle buste perché privi di kit societario? Sa che diverse volte si sono allenati nei corridoi dello stadio e che spesso hanno fatto la doccia con l’acqua fredda? Lei sa che avrei dovuto pagare 5 mila euro di convitto per quest’anno calcistico? Sa quanti sacrifici si fanno per realizzare i sogni dei propri figli? Grazie comunque per aver dato a mio figlio la possibilità di provarci. Vorrà dire che continueremo a sognare”.

Fin qui un padre ad un presidente di una squadra di calcio.

Quel che resta delle migliori intenzioni è una squadra senz’anima, una società isolata che vuol stare in Paradiso a dispetto dei santi, un rapporto a brandelli, una posizione in classifica disarmante. Le urla dei tifosi che sentiva Lucarelli e che facevano venir giù lo stadio, ai tempi di un’altra storia e di un altro Messina, rischiano di diventare solo grida di amarezza e rabbia.

Messina merita di più. Umiltà vorrebbe prendere atto di errori e sopravvalutazioni. Per amore della bandiera, per non rovinare fino alla fine l’immagine e la credibilità di una realtà cresciuta a sofferenze e sorrisi.

Per non sapere di padri che scrivono lettere piene di dignità e indignazione, per non leggere altri addii di allenatori che hanno pagato per colpe di altri. Per non vedere lo stadio sempre più vuoto ed un presidente sempre più solo.

Rosaria Brancato

4 commenti

  1. IL PARADISO, MA HANNO CANTATO LA CANZONE DI PATTY PRAVO?

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  2. IL PARADISO, MA HANNO CANTATO LA CANZONE DI PATTY PRAVO?

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  3. Ok Rosaria ! Pane al pane e vino al vino : così fa un buon giornalista, senza timori reverenziali di sorta. Complimenti.

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  4. Ok Rosaria ! Pane al pane e vino al vino : così fa un buon giornalista, senza timori reverenziali di sorta. Complimenti.

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