Anno nuovo, vita vecchia. La solitudine dei senzatetto

Anno nuovo, vita vecchia. La solitudine dei senzatetto

Anno nuovo, vita vecchia. La solitudine dei senzatetto

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mercoledì 02 Gennaio 2013 - 10:34

Tristezza e solitudine. Senzatetto alla ricerca di un posto dove dormire. La stazione centrale affollata. Il primo gennaio visto dal commissario provinciale del Movimento fiamma Tricolore, Salvatore Piconese

Ogni nuovo che arriva vede schierati due fronti. Da una parte gli ottimisti, quelli che credono nell’inizio dell’anno come arrivo di novità e speranza di miglioramento. Dall’altra i pessimisti quelli che commentano con la frase “tanto non è cambiato niente”. Il cambiamento, di certo, non può avvenire in un giorno. Il cambiamento deve essere, prima di tutto, uno stato mentale. Voglia di partecipazione e senso del dovere: cambiare prima se stessi per poi cambiare le cose.

Dal commissario provinciale del movimento Fiamma Tricolore, Salvatore Piconese, arriva la cronaca del primo gennaio messinese. Mentre da una parte c’è la Messina che festeggia, tutta luccicante e sazia di cibo e allegria, dall’altra c’è la Messina che per festeggiare non ha alcun motivo, non ha una casa per stare al caldo né un cappotto con cui riscaldarsi e nessuno con cui condividere la gioia.

“Ho visto il primo giorno dell’anno, per le strade della mia città, a ridosso di quei sentieri isolati, ove solitudine e disperazione s’incontrano, senza indulgenza, in un susseguirsi di tumulti, piccole indiscrezioni che rendono distanti le persone comuni, il via vai incessante dei passanti, treni e fretta di allontanarsi, dalla realtà, da quei luoghi coscienti che metteranno su radici, in un susseguirsi di azioni e quotidianità.

Ho visto il primo giorno dell’anno, a Piazza Repubblica, sul prato indecoroso e ormai sfiorito, ricolmo di pizze raccolte e riverse su di esso come cibo per cani, i proprietari, anch’essi, sdivaccare per terra, in una lucida condotta senza eguali, che non lascia traccia di moralità, stupore, rancore.

Ho visto il primo giorno dell’anno dentro gli androni della Stazione, nella compostezza dei suoi coinquilini, messinesi e stranieri senza fissa dimora, con il sorriso tra le labbra, scambiandosi del panettone reciprocamente, tra i racconti coloriti dell’ultima notte, il freddo e qualche calunnia di troppo, viaggiando su e giù per i binari, nella penombra della sera, tra lampade guaste da sempre, ognuno crogiolarsi nella propria solitudine, nell’ammazzare il tempo, tra una bevuta e la richiesta insistente di un bacio, tra smanie e marchettari di routine, la Stazione affolla e ingombra le sue tendenze, questo implodere di emozioni, quasi un’urna che chiama a raccolta tutti i figli sbandati, alla ricerca di un identità ormai smarrita.

Ho visto il primo giorno dell’anno nel Salone del Mosaico presso la Marittima, una puzza indescrivibile, tra letti e persone dimenticate nei loro plaid, accovacciati, la richiesta di qualche sigaretta, in uno spettrale mausoleo fatto di carne e dolore, all’ombra, ove nessuno sembra badare. Nessuna festa, alcuna allegria da queste parti. Solo la corsa di un infelice, completamente nudo, irrompe quell’atmosfera tetra, richiamando l’attenzione nei pressi del primo binario, tra risatine sconce, e la fretta di andar via.

Un giorno da dimenticare, uno dei tanti, che affolla e accomuna tantissime storie. Ma spesso, non v’è il tempo di raccoglierne alcuna, in questa vita troppo ibrida, badare all’altro non è umano”.

Un commento

  1. una fotografia reale dell’altra messina. toccante e riflessiva.

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