Aeroporto dello Stretto, una chimera da milioni di euro

Aeroporto dello Stretto, una chimera da milioni di euro

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sabato 09 Luglio 2011 - 06:57

Una sola alternativa, rassegnarsi ai lunghi check in di Fontanarossa, scalo sempre più internazionale, trafficato e quindi caotico

Sembra una chimera, anzi realisticamente lo è. Le decine di tentativi di messinesizzazione dell’aeroporto “Tito Minniti “ di Reggio Calabria, tutti inesorabilmente falliti, indurrebbero chiunque a gettare la spugna. Milioni di euro polverizzati, miliardi di parole e promesse gentilmente elargite alla nostra rassegnata comunità senza un sia pur minimo, tangibile segno di svolta. Forse sarebbe meglio non parlarne più, e convincerci in massa dell’opportunità di un aeroporto tutto nostro, più volte sponsorizzata dall’ex sindaco e presidente della provincia Salvatore Leonardi, oppure, piuttosto, ed ancor più semplicemente, rassegnarci all’ora e passa di autostrada ed ai lunghi check in di Fontanarossa , scalo sempre più internazionale, trafficato e quindi caotico.

La sospensione, sei mesi fa (l’ufficializzazione, in tipico stile messinese, è arrivata soltanto 90 giorni dopo!), del collegamento marittimo tra il porto di Messina e l’aeroporto di Reggio Calabria decisa dal Consorzio Metromare dello Stretto è l’ultima poderosa mazzata alla residue ambizioni o, fate voi, illusioni di decollo di un’idea di integrazione metropolitana reale. La figuraccia di Palazzo dei Leoni che su questo progetto si è giocato gran parte della sua credibilità è talmente evidente che appare inutile tornarci su. Mentre vale la pena riflettere sull’ondata di critiche piovute sul capo di Metromare che, da gennaio, ha sospeso il servizio. I pendolari di entrambe le sponde dello Stretto, quotidianamente, puntano l’indice sul consorzio. Ed a ragione. Orari che cambiano nel giro di un paio di mesi, variazioni dei medesimi spesso cervellotiche, aliscafi costretti a rientrare in porto per problemi tecnici, ritardi cronici che determinano disagi infiniti per lavoratori e studenti. Ma, a proposito del servizio di collegamento con il “Tito Minniti”, facciamo fatica ad unirci al coro di critiche. La media di passeggeri per corsa nei pochi mesi di operatività della tratta, legittima la scelta. Meno di 4 passeggeri a viaggio. Cifra ridicola, che farebbe scappare chiunque. Cifra troppo bassa per essere giustificata dalla mancanza del check-in a Messina, dalle corse non sempre allineate agli arrivi ed alle partenze degli aerei, dall’assenza o penuria di traghettate serali. Meno che mai dal numero limitato di voli dello scalo reggino, che, lentamente, sta ampliando la varietà delle tratte.
Il vero problema, ci sembra, sia un altro. Colpevolmente sottovalutato da una classe politica superficiale. Quei 4 passeggeri per corsa si spiegano, soprattutto, con la scarsa affidabilità del servizio , dovuta stavolta non all’inefficienza di Metromare, ma ai limiti strutturali del molo di attracco di Ravagnese che , durante il breve periodo di operatività del servizio, ha costretto spesso i comandanti degli aliscafi e dei monocarena, a deviazioni sul porto di Reggio Calabria, con comprensibili disagi per i coraggiosi utenti ed il rischio concreto di perdere il volo. Facendo venir meno il presupposto principale per il successo di un servizio di trasporto: la sua regolarità.
E’ grave, gravissimo avere ignorato il problema prima di dare il via alla campagna degli annunci e dei sorrisi, perché la questione era ben nota, tanto da determinare circa dieci anni fa la sospensione della prima versione del collegamento via mare porto di Messina-Aeroporto allora garantita da Alimare. Nell’area del molo lo scirocco non trova resistenze e spesso rende complicata ogni manovra. La limitata profondità del mare, a ridosso dell’approdo, nella parte interna e più riparata , mette a rischio un attracco sicuro. Il pontile , per il quale la Provincia di Reggio Calabria investì centoventimila euro per i lavori di manutenzione e relativa copertura , è usurato dalla salsedine, dal tempo e dall’abbandono.
Piuttosto che provare a blandire i cittadini annunciando l’avvio del check in nel porto di Messina, promettendo l’imminente creazione di un apposito servizio di trasferimento bagagli , sbandierando la messa a disposizione di appositi spazi del parcheggio Cavallotti attraverso un biglietto integrato che comprenda passaggio in aliscafo e posto auto, i soci siciliani della Sogas, la società che gestisce l’aeroporto dello Stretto, avrebbero dovuto battere i pugni per individuare una soluzione a questi incontestabili limiti strutturali. Ed invece no. Molto più semplice riaprire i cancelli dell’ennesima edizione della fiera dei sogni. Salvo poi, giocoforza, dover far marcia indietro, indietro di decenni: il probabile ritorno al vecchio caro pullmann , la versione moderna della classica corriera “Cavaliere”, ipotesi ventiliata a più riprese nelle ultime settimane a Palazzo dei Leoni, è la sconfitta di amministratori miopi ed improvvidi, incapaci di porre in essere le condizioni minime per l’operatività di un servizio di collegamento elementare, in grado, nel tempo, di autofinanziarsi senza affondare i precari bilanci pubblici. Si, senza affondare i precari bilanci pubblici. A Venezia da dieci anni un vettore privato gestisce con successo il trasporto pubblico di linea, via mare, dall’aeroporto a Murano, Lido di Venezia e Piazza San Marco.. Certo , trattasi di Venezia, eccellenza del turismo italiano, trattasi dell’aeroporto “Marco Polo”, scalo decisamente più trafficato del modestissimo Tito Minniti. Eppure potrebbe rappresentare un modello da applicare “in piccolo” alle nostre latitudini: imbarcazioni di dimensioni più limitate e dai costi di esercizio inferiori, nuove tratte con destinazione Giardini Naxos e le Eolie per ampliare il bacino d’utenza e quindi amplificare l’interesse di privati, disposti ad investire nel settore della navigazione.

Mere illusioni per una comunità che da oltre dieci anni non riesce a progettare e costruire un pontile adatto ai fondali e venti di quel particolare tratto del nostro meraviglioso Stretto. Già, un semplice pontile.
(PIETRO DI PAOLA)

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