"Per una democrazia paritaria". Angela Bottari spiega la doppia preferenza di genere

“Per una democrazia paritaria”. Angela Bottari spiega la doppia preferenza di genere

Eleonora Corace

“Per una democrazia paritaria”. Angela Bottari spiega la doppia preferenza di genere

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domenica 09 Giugno 2013 - 02:31

Angela Bottari, deputato al Parlamento Nazionale per tre legislature, membro storico del PCI ora nel Partito Democratico, spiega l'importanza della legge sulla doppia preferenza di genere. "Serve a dare un opportunità alle donne",dichiara, ricordando che una democrazia paritaria deve avere rappresentati in egual misura entrambi i generi".

“Non tutti i mali vengono per nuocere…”.Sorride Angela Bottari, ripensando all'episodio che inaugurò il suo lungo e memorabile percorso politico. “Ero nel PCI, il segretario regionale era Achille Occhetto, quando fu proposto alla mia Federazione di nominarmi deputata. Messina aveva già un deputato maschio, ma chiedevano una donna. La Federazione rispose che al limite sarei potuta essere deputato di circoscrizione per la Sicilia Orientale. Infine, alla direzione regionale un dirigente della mia federazione disse:Non tutti i mali vengono per nuocere, visto che vogliono la Bottari, Messina potrà avere due deputati! La mia carriera iniziò così…” .

Tre mandati parlamentari – dal 1979 al 1987 – e 122 progetti di legge presentati. Dal 1971, che l’ha vista affacciarsi al mondo partitico nel vecchio PCI per approdare al Partito Democratico – passando per PDS e DS – al costante impegno per realizzare una democrazia realmente paritaria. Questa è Angela Bottari. L’11 Aprile scorso il presidente dell’Assemblea Regionale, Giovanni Ardizzone, ha presentato nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca la legge sulla doppia preferenza di genere, che consente agli elettori di esprimere il voto per entrambi i sessi. Si tratta di una novità assoluta che si inaugurerà in occasione delle amministrative di primavera. Nel corso della conferenza stampa di Ardizzone, a suo tempo, Angela Bottari fu spesso citata. Il motivo c’è e parte da lontano.

“La Sicilia agli inizi degli anni novanta è stata la prima regione in Italia a porsi il problema della democrazia paritaria. Sono state raccolte diecimila firme per la parità nella vita e in politica. Fui io a promuovere questa petizione insieme ad una catanese, Josè Calabrò ed a una donna di Caltanissetta,Fiorella Falci. In seguito individuammo nella doppia preferenza di genere la possibilità di avere una presenza femminile più ampia. Per rendere compiuta la democrazia e per fare in modo che le istituzioni si arricchiscano dei punti di vista di entrambi i sessi”.

L’obiettivo era, e resta, il bene dell’intera società, che dalla parità di genere può solo trarre nuova linfa. I due sessi non sono uguali, il trucco sta nell’avere uguali possibilità pur mantenendo l’effettiva diversità. Per questo le politiche di genere, in fin dei conti, altro non sono che un modo per educare l’intera popolazione e lo Stato che ne è espressione, alla diversità. Al rispetto delle differenze, contro la riduzione a modelli unici e unilaterali. Questo in campo politico,ma anche culturale e sociale. La questione posta oltre vent’anni fa dalla Bottari puntava a modificare anche gli statuti dei partiti su scala nazionale. Sotto quest’urto alcuni hanno riscritto il loro statuto – lo stesso PD ne possiede uno paritario – coinvolgendo anche altri enti, come i sindacati, CGIL in testa. Due decenni dopo, la prima regione ad applicare la doppia preferenza di genere è stata la Campania, dove il numero di donne è immediatamente lievitato da due a quattordici. Adesso tocca alla Sicilia . “Quando l'elettorato ha la possibilità di operare una duplice scelta – commenta la Bottari – premia indifferentemente sia gli uomini che le donne. Finora, però, i più conosciuti sono sempre stati gli uomini e nelle urne di solito vince la persona con maggiore visibilità, mentre quando si ha una doppia preferenza si sceglie anche la donna. Questa è una grande possibilità per la donna a cui viene consentito di affermare le proprie capacità, acquisendo nello stesso tempo visibilità. Il problema è dare un'opportunità in più. Poi tutto procede da sé”.

La legge sulla doppia preferenza di genere, però, ha scatenato non poche polemiche, sia durante la discussione all’Ars, sia alla presentazione cittadina al Municipio. Angela Bottari taglia corto sui dubbi sollevati nei confronti della nuova norma. Ritenendo infondate le accuse che la considerano un mezzo per agevolare il voto di scambio e la rintracciabilità – “cose che si possono fare in mille modi, e che ormai funzionano in realtà molto piccole” – la Bottari rimprovera ai 5 Stelle di non essere riusciti a dare un giudizio esatto e sottolinea quello che può essere l’unico pericolo intrinseco alla legge.

“Quelli del Movimento 5 Stelle hanno votato contro pensando che fosse una legge inutile, visto che loro hanno portato una percentuale di donne pari al 40% in seguito alle votazioni regionali. Non hanno capito che il motivo per un risultato così positivo sta nel fatto che i candidati erano degli sconosciuti in egual misura. Gli uomini e le donne erano sullo stesso piano e la scelta degli elettori è caduta spesso sulla donna. Ma neppure per loro sarà più così la prossima volta. Il pericolo è che nella prima applicazione della legge siano gli uomini a suggerire quali donne mettere in lista. Dobbiamo impedire di essere usate, pretendere lealtà. Dobbiamo sforzarci ad un salto di qualità che non deve riguardare solo le donne, ma anche gli uomini”. Ovviamente la doppia preferenza rappresenta solo il gradino iniziale di un percorso ancora lungo, soprattutto per l’Italia, paese particolarmente indietro rispetto alla media Europea per quanto riguarda la parità tra i sessi. Da qualche parte, però, si deve iniziare. Del resto “gli stessi paesi Scandinavi hanno iniziato con le quote – le cosiddette quote rosa, anche se a me non convince l’aggettivo – ora non ne hanno più bisogno”.

L'ex deputata Messinese sottolinea anche che: “Per avere istituzioni paritarie non c’è un modo, si possono solo creare condizioni. Due sarebbero le strade: una costituzionale. Se dovessero toccare la Costituzione dovrebbe essere inserito come principio generico la presenza paritaria – cioè metà e metà – di entrambi i sessi nelle istituzioni. Altrimenti dovrebbe essere lo stesso Parlamento ad imporre delle linee guida allo statuto dei singoli partiti, soprattutto perché l’alternanza di genere finora non è obbligatoria. Un altro meccanismo che consentirebbe la partecipazione dei due sessi potrebbe essere trasformare i collegi uninominali in binominali”. Tante idee , che non si lasciano intimorire da un panorama culturale che rimane, tutt’oggi, fortemente impregnato di maschilismo. “Un dato culturale c'è, però questo riguarda meno l'elettore generico, poiché questo riesce ad affidarsi ad una donna, e riguarda più chi opera la scelta. Nel rapporto uomo- donna c'è un'antica questione di potere. Ogni posto che occupa una donna viene meno ad un uomo. Abbiamo dunque un doppio problema: lottare per conquistare i nostri spazi e conquistare alla nostra visione anche l’altro sesso. La cosa che deve essere chiara è che non vogliamo gestire da sole la società, ma insieme con…”. Ormai nel PD, dopo essere entrata nel Partito Comunista al principio degli anni settanta da antisovietica ,in seguito alla pubblicazione delle “Tesi del Manifesto” – “ebbi l’impressione che sostituissero la Cina all’URSS” – Angela Bottari risponde così a chi le chiede cosa resta della sinistra:

“La sinistra si deve ridefinire. In un mondo senza muri e senza ideologie, restano degli ideali comuni (giustizia sociale, legalità, diritti ecc). Abbiamo tante cose in comune persino con chi è più estremista ma siamo divisi. C'è ancora una parte di sinistra che aspira ad essere sempre all'opposizione. Il Partito Democratico è un partito che si candida al governo e che si definisce di centro.sinistra, C'è una contraddizione in questi due termini messi insieme. Bisogna definirsi, se no tutti vorranno continuare nel PD il modo di fare politica che avevano nel partito di provenienza…”

Tutto è cambiato, dunque. Il mondo e di conseguenza le idee. Le esigenze del paese e il modo di governarlo. Qualcosa però, rimane, nonostante tutto: “Uso ancora il termine “compagno”. È una parola bellissima, ci sono i compagni di scuola, di ballo, si riferisce a gente che frequenta lo stesso luogo, che condivide le stesse idee. Non disdegno neppure il termine amico, ma quando lo si usa in politica non sempre è sincero. Io sono solita dire: compagni ed amici…” (Eleonora Corace)

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