I Granai: quando un nome non può restituire una storia a cui è stato negato un futuro

I Granai: quando un nome non può restituire una storia a cui è stato negato un futuro

Emanuele Rigano

I Granai: quando un nome non può restituire una storia a cui è stato negato un futuro

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mercoledì 27 Luglio 2011 - 07:25

Proseguono i lavori nell'ex stabilimento Molini Gazzi che presto diverrà un centro residenziale. Costruzione ormai innecepibile, per certi versi anche inevitabile, ma c'è una questione morale che ferisce e una programmatica che rischia di uccidere

Il fax "sputa" richieste a ripetizione ma finiscono tutte nel cestino. L'azienda chiude, nonostante l'importante mole di commesse che arrivano infischiandosene dello stato di crisi. Abbiamo lasciato così l'edificio dove sorgevano gli ormai ex Molini Gazzi, in via Bonino. Identità ridotta in polvere e macerie. Avviata ormai da settimane l'opera di smantellamento dello storico edificio: non si parla più di delocalizzazione dell'attività, di prosecuzione della produzione altrove, di nuovo impiego dei dipendenti. Il tempo delle promesse, delle prospettive divenute illusioni, ha lasciato spazio alle ruspe. Come santa edilizia vuole.

A prendersi beffa del glorioso passato, più di quanto sia stato fatto dalla chiusura dei Molini, è il nome del moderno centro residenziale che prenderà il loro posto: "I Granai". Quasi a voler immaginare un contatto con il passato che diciamocelo chiaramente: non c'è. Il sudore dei lavoratori trasformato in scale, ascensori ed appartamenti. Il celebre stemma che compariva nelle buste dei panifici sciolto nel cemento di uffici e locali commerciali. E' la dura legge del mercato, la storia che spinge al cambiamento. In una linea però, che ancora oggi non sappiamo dove ci porterà.

Non siamo nelle condizioni di poter più eccepire nulla sulla costruzione del residence. Il Tribunale Amministrativo di Catania ha risolto lo scorso ottobre la controversia tra la Spa di Pulejo e il Comune di Messina, dando l'ok alla costruzione nonostante i tentativi di palazzo Zanca di bloccare il progetto perché difforme al Prg. Il livello di edificabilità dell'area, cambiato dal consiglio comunale da B1 a B4 ha fatto il resto. Anche dal punto di vista territoriale le cose sono molto mutate: la zona sud si avvicina sempre più al centro cittadino, così anche la Zir, dove sorgono ancora tante aziende ma intorno più palazzi ed edifici, viene ormai concepita come paesaggisticamente inidonea ad ospitare produzioni come l'ei fu Molini Gazzi. Ma c'è una questione "morale" che ferisce a pelle, mentre l'incosistenza programmatica rischia di assestare il fendente decisivo al futuro della nostra città.

Un nome non può restituire quello che l'assenza assoluta di prospettive sta togliendo ad una Messina incapace di reagire. La pagina è cambiata, preoccupa la fine del libro. Ventisette lavoratori, le loro storie personali, le lacrime delle loro famiglie: tutto questo grida ancora vendetta. E' passata la rabbia, ma l'amarezza no. Quella non si dimentica. Quei ragazzi e padri di famiglia con la maglietta bianca e spiga di grano stampata che hanno lottato per mesi tra Comune, Provincia e Ufficio del Lavoro, hanno ormai, inevitabilmente, imboccato altre strade. Ma i loro volti sono i nostri: racconti di un passato che tutti rimpiangiamo, anche chi non lo ha vissuto, di un presente che proviamo a scrivere e di un domani senza certezze. Una tradizione unica adesso raccolta anche nei nostri panifici da stabilimenti calabresi e del resto della Sicilia. Un'altra eccellenza persa senza la garanzia che venisse onorata garantedole un futuro. Un grazie, evidentemente ironico, va a chi non fa nulla affinché Messina smetta perdere i propri patrimoni. Vecchi e nuovi volti di una classe dirigente morta prima ancora di nascere, capace di gettare il pane in terra mentre i propri concittadini muiono di fame. Tanto saziano di più mattoni e cemento. (Emanuele Rigano)

7 commenti

  1. Grande, grande, grande. Emanuele, hai scritto tutto ciò che il cuore di un Vero Messinese sente di gridare, ma a chi lo urli? il nulla ti ascolta!!!!!!!!!

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  2. Caro Emanuele il tuo articolo mi riempie di tristezza. Ma Non sono d’accordo con te quando dici che tutto questo è la dura legge del mercato… Questa non è la legge del mercato, ma quella della mafia che mette le sue zampe sulla ricchezza per molti per trasformarla in ricchezza per pochi. Il mercato, avrebbe imposto il contrario. Questa città sta vendendo morire tutte le sue ricchezze che ne hanno fatto la storia, per fare posto a scempi disumani. Oggi tocca alla Molini Gazzi, domani alla Triscele poi probabilmente l’Hotel Europa. Ma tutto questo lascia indifferente il messinese che ancora spera nei “cantieri scuola” per cercare di entrare al comune. Messina è cominctata a morire da quando fu distrutto il Collegio dei Gesuiti, progettato da Antonio Zanca, a Piazza Cairoli per fare posto alla Standa…

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  3. Se fossimo un popolo culturalmente più “evoluto” dovremmo boicottare l’acquisto degli appartamenti costruiti

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  4. Gentile Rigano,
    ho il dovere morale di chiarire alcuni passaggi del suo articolo Pane e Mattone: L’azienda chiude nonostante l’importante mole di commesse che arrivano. Ma dove ha appreso tutto ciò? Non sa che la Mulini Gazzi spa ha dovuto portare i libri in tribunale e avviare la procedura di concordato fallimentare, concordato che ha presentato al 100 per cento voglio dire che i creditori saranno tutti interamente soddisfatti? Lei crede che la famiglia Pulejo proprietaria prima dell’ottocentesco pastificio a vapore e poi della nuova spa sorta dopo l’incendio che distrusse la fabbrica negli anni venti, abbia voluto volontariamente dismettere un’attività fiore all’occhiello per tanti anni dell’economia cittadina? Si informi caro Rigano e le diranno quello che la famiglia Pulejo ha fatto per salvare il Mulino di Gazzi che le congiunture sfavorevoli del mercato hanno schiacciato, insieme ai debitori insolventi di Messina e provincia, primi fra tutti il pastificio Puglisi, che pure aveva rilevato nell’ottica appunto di rimetterlo in sesto (era pieno di debiti). E di quanto denaro sia stato versato per cercare di impedire l’irreparabile. E le diranno anche che i Mulini Gazzi hanno pagato il fatto di lavorare grano francese di prima qualità, mentre in città e provincia i panificatori preferivano comprare le farine scadenti che i mulini del –nord- vendevano a basso costo e del resto la qualità del nostro pane si vede! E che il Mulino dava lavoro a 27 dipendenti quando in altre aziende simili ne bastano solo dieci! Quanto al complesso residenziale che sorgerà sulle ceneri del nostro glorioso mulino, esso permetterà appunto di soddisfare completamente i creditori. Questo ho il dovere di chiarirle per completezza di cronaca. Certo un’attenta amministrazione pubblica avrebbe potuto rilevare il sito e riconvertirlo, ma questi sono sogni che non ci appartengono. Laura Pulejo

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  5. e invece siamo un popolo bue

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  6. Ma perchè tutte le volte che si tira in ballo la Gazzetta del Sud ve la fate addosso e non pubblicate i post? Quali sono i vostri rapporti? Vi passano, per caso, la pubblicità o, piuttosto, è meglio non innimicarsi questa gente?
    Complimenti.

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  7. Mi domando dove siano finiti i macchinari che funzionavano nella ex Molini Gazzi.
    Se dovessero essere rottamati e venduti come ferro vecchio, non possono essere affidati agli ex lavoratori dopo aver fatto costituire questi ultimi in cooperativa.
    E qualche capannone non si trova per loro alla zonza ASI di Larderia dove gli ex lavoratori con la loro esperienza potrebbero continuare l’attività che facevano?
    Sig. Sindaco e istituzioni varie, un po’ di buona volontà e benevolenza verso quei padri di famiglia rimasti senza lavoro!
    Diamo loro una mano di aiuto.

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