Insegnanti, famiglie divise e lo stipendio che non copre le spese

Insegnanti, famiglie divise e lo stipendio che non copre le spese

Marilena Raffa

Insegnanti, famiglie divise e lo stipendio che non copre le spese

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domenica 19 Novembre 2017 - 00:00

Dalla parte di una categoria che spesso paga un prezzo altissimo pur di lavorare

Una realtà lavorativa difficile, in ogni ambito e settore, che viviamo quotidianamente sulla nostra pelle e quella di chi ci circonda. Oggi, poniamo l’attenzione sulla condizione degli insegnanti, i professionisti deputati alla costruzione del futuro sociale e culturale. Un ruolo fondamentale che spesso viene sottovalutato o ridotto a mera attività impiegatizia.

La condizione degli insegnanti non è mai stata rosea, nel corso degli anni ne abbiamo sentite davvero di tutti i colori. Pendolari, precari a vita, supplenti per un giorno, graduatorie interminabili, assegnazioni provvisorie negate, immissioni in ruolo a 69 anni, tagli, riforme che cambiano le regole continuamente, e male. I docenti italiani guadagnano meno dei colleghi europei e lavorano di più.

Recentemente, è stato presentato dall’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo, il rapporto 2017 sulle migrazioni interne degli insegnanti in Italia: “ In cattedra con la valigia”, edito dalla Donzelli, affronta per la prima volta con metodo scientifico la questione e rilancia il dibattito su scuola, migrazioni e ripercussioni sulla struttura sociale.

La migrazione ed il pendolarismo degli insegnanti sono fenomeni radicati nel tempo, tanto da essere considerati caratteristiche implicite e naturali della professione. Soprattutto al sud, la mobilità riguarda in modo consistente sia i docenti con contratto a termine che quelli immessi in ruolo.

Un esercito di professori, un elenco infinito di nomi e cognomi, di persone a cui va il nostro sostegno. E non importa se la realtà è questa, se ognuno deve lottare ogni giorno nel proprio ambito, se va bene qualunque lavoro dignitoso lontano dalle proprie aspirazioni, se migrano all’estero i padri di famiglia, i giovani, i pensionati. Non è una competizione, anche se le difficoltà sono diffuse, abbiamo il dovere di indignarci. E ci saranno sempre situazioni migliori o peggiori, c’è chi un lavoro non ce l’ha, ma la rassegnazione, o peggio l’accettazione, sono il primo passo verso l’indifferenza.

Monica ha sempre sognato di fare l’insegnante di storia e filosofia, ha ottenuto una supplenza in provincia di Firenze, ha un bambino piccolo ed il suo compagno non può seguirla. Francesco, architetto, è titolare di cattedra a Milano, non ha fratelli e non può partire perché deve prendersi cura dei genitori non più giovanissimi. Cristina si è spostata a Roma per insegnare lettere, il marito non ha avuto il trasferimento e cenano “insieme” tutte le sere grazie alla telecamera di un pc. Sono storie vere di alcuni messinesi, insegnanti con la valigia.

Nessuno ha la pretesa di trovare il posto “sotto casa”, ma quando il lavoro ti costringe a rinunciare a tutto, che senso ha? Tantissime le donne che partono con madri e figli al seguito, mariti, padri e nonni che rimangono da soli. Lo stipendio non è sufficiente a pagare affitto, bollette, spesa, viaggi (queste famiglie dovranno stringersi forte ogni tanto?) e tutto il resto.

È vero, per fare l’insegnante ci vuole coraggio. La situazione è questa e non ci sono facili rimedi da adottare, al nord ci sono più studenti e meno docenti, al sud, il contrario. Tutte le volte che saliranno su un pullman o prenderanno un aereo per svolgere il loro mestiere, sottovalutato e sottopagato, vivranno ogni anno in un luogo diverso, accetteranno a denti stretti il supporto economico di genitori o compagni, dovrebbero poter contare sul sostegno di tutti, istituzioni comprese, perché con l’indifferenza non si crea un futuro migliore.

5 commenti

  1. Questione di scelte. Inutile accanirsi contro un sistema che se pur criticabile e talvolta inefficiente comunque non cambia .
    La vita è fatta di scelte consapevoli. O cambi mestiere o ti adatti. Lo fanno in tanti. Non è che fare l insegnante è una missione di vita…come ogni professione ha pro e contro. Ci si rimbocca le maniche e ci si adatta….o si cambia professione.
    Nessuno ha la franchezza di dire che tra tutte le professioni…sono gli unici che in effetti tra mensilità percepite in un anno e giorni lavorati in un anno hanno una paga oraria molto alta. Ci sarà un motivo perché cosi tante persone decidono di fare gli insegnanti…ci sarà un motivo perché tutti vogliono farlo a casa propria…bah..i soli capricciosi…

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  2. MessineseAttento 19 Novembre 2017 18:12

    Qui bisogna fare chiarezza, perché è troppo facile scrivere filippiche strappa lacrime senza spiegare perché questi insegnanti sono fuori sede. Innanzi tutto è gente che nella stragrande maggior parte dei casi non ha superato alcun concorso e che, proprio grazie alla buona scuola, sono riusciti ad avere il ruolo solo perché in possesso dell’abilitazione. Poi, sapevano bene che il posto lontano da casa era il prezzo da pagare per accedere al ruolo senza concorso. Inoltre, questi stessi insegnanti, attraverso la mobilità, stanno impedendo a chi un concorso lo ha vinto, e ripeto VINTO, di lavorare. Annualmente, in Sicilia, si dedicano centinaia di posti alla mobilità, posti che vengono sottratti INGIUSTAMENETE ai VINCITORI di concorso.

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  3. Gli stipendi sono da fame perchè per troppo tempo il lavoro di insegnante è stato usato come autentico welfare per politici e sindacati. Vogliamo parlare dell’insegnante di sostegno, che da figura professionale, espressione di alti valori civili, si è trasformato in un business per sindacati, presidi e università?
    Purtroppo in tempi non troppo remoti si metteva chiunque, con il sistema delle graduatorie di anzianità, nella condizione di salire in cattedra senza alcun titolo, se non il “pezzo di carta”. Ecco perchè la figura del docente si è progressivamente svalutata e senza alcun potere di contrattazione. La buonissima scuola ha fatto il resto…

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  4. SI DEVE EVIDENZIARE CHE LA MAGGIORANZA DEGLI INSEGNANTI SONO DEL SUD. CREDO CHE LE CATTEDRE SIANO INFERIORI AGLI INSEGNANTI DEL SUD. SECONDO NON E’ LA BUONA SCUOLA CHE HA DATO LE CATTEDRE, MA GLI ANNI. ANALIZZIAMO LE ASSEGNAZIONI DI CATTEDRA, CREDO CHE SI DICA COSI’ NON APPARTENGONO AL MONDO DELLA SCUOLA, SONO INSEGNANTI DI SUPPLENZE DI LUNGHISSIMO CORSO. CONOSCO PERSONALMENTE INSEGNANTI CHE HANNO SUPERATO I 60-64 ANNI CON DESTINAZIONE LOMBARDIA VENETO E FRIULI VENEZIA GIULIA. HANNO 2 ALTERNATIVE O PARTIRE SEDE NEL “PROFONDO NORD” CERTE ASSEGNAZIONI DI CATTEDRE IN PAESI A ME PUR VIVENDO AL NORD O LASCIARE MARITO E GENITORI VECCHI E MALATI. OGNI ANNO SEDI SEMPRE PIU’ AL NORD DAL CENTRO ITALIA AI CONFINI. ES. MIA CUGINA SE E’ BUONA SCUOLA.

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  5. MessineseAttenta 20 Novembre 2017 08:09

    La pacchia è finita.
    Prima lavoravano , al massimo, 9 mesi l’anno.
    D’estate facevano soldi a palate con le ripetizioni agli stessi studenti che loro stessi rimandavano.
    Adesso si lamentano di dovere andare lontano.
    Ma se non sono vincitori di concorso cosa pretendono?
    Nella pubblica amministrazione chi non vince i concorsi viene escluso.
    A loro viene data la possibilità di lavorare lo stesso.
    Certo, lontano da casa, ma se avessero studiato e superao il concorso avrebbero insegnato nella scuola sotto casa.
    Sono come i precari della Provincia e dei vigili urbani di Messina: non hanno vinto nessun concorso, ma lavorano a spese di chi, vincitore di concorso, non viene assunto per carenza di finanziamenti.

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