A Rometta, ricordando Graziella Campagna uccisa dalla connivenza e dai silenzi

A Rometta, ricordando Graziella Campagna uccisa dalla connivenza e dai silenzi

Rosaria Brancato

A Rometta, ricordando Graziella Campagna uccisa dalla connivenza e dai silenzi

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domenica 31 Agosto 2014 - 06:19

Da ieri la piazza stazione di Rometta si chiama piazza Graziella Campagna. Voglio dedicare la rubrica domenicale a lei, perchè fin quando farà notizia la necessità di gridare a testa alta contro la mafia vorrà dire che non siamo arrivati a quella che Falcone chiamava "l'inizio della fine di quel fenomeno umano che è la mafia". A nutrire questo fenomeno siamo noi, con il silenzio e la complicità.

Graziella non l’ha ammazzata la mafia. Graziella l’abbiamo ammazzata noi. Graziella è stata uccisa dalla connivenza, dai silenzi, dall’omertà. L’abbiamo ammazzata con il rispetto verso don Sfameni, con il rispetto verso gli assassini e i boss che hanno vissuto anni di indisturbata latitanza qui”. Voglio iniziare la mia rubrica domenicale con le parole del sindaco di Rometta Nicola Merlino, pronunciate ieri, un sabato pomeriggio lontano 29 anni da quel 12 dicembre 1985, quando Graziella Campagna fu massacrata dalla mafia. Voglio iniziare con queste parole che sembrano schiaffi perché 29 anni sono ancora troppo pochi per dire che la mafia è sconfitta, ma sono abbastanza per dire che l’inizio della fine, per la mafia, avviene ogni qualvolta una persona non ha paura. Se è vero che ad ucciderla materialmente sono stati Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, se è vero che entrambi sono stati aiutati e coperti da don Sfameni, è altrettanto vero che ogni singola persona che ha onorato i boss, nascosto i boss, si è girata dall’altra parte, non ha denunciato, ha finto di non sapere, di fatto ha avvicinato le dita assassine al grilletto, ha dato forza agli spari ed agli insabbiamenti. Se la giustizia per Graziella è arrivata dopo 24 anni è a causa di quelle decine di persone che con il silenzio o l’omertà hanno avvicinato le dita al grilletto. E se 29 anni dopo l’omicidio le parole di Nicola Merlino sono stati come colpi di cannone nella Rometta che pure ha una sua parte in questa storia è perché il cammino è ancora lungo. In ogni storia di mafia c’è l’esercito silenzioso che non spara ma arma la mano dell’assassino, lo aiuta a prendere la mira e ad occultare le prove girandosi dall’altra parte.

Per questo ho deciso di dedicare la mia rubrica a Graziella e ai suoi fratelli, che erano tutti lì ieri pomeriggio, nella piazza stazione di Rometta che adesso si chiama, nonostante le polemiche strumentali piazza Graziella Campagna. I fratelli e le sorelle di Graziella erano lì, chi con la fascia tricolore da sindaco, chi con la divisa da carabiniere, chi con la sua storia di magistrato, chi da amministratore, chi da consigliere comunale, chi da semplice cittadino. La mafia resterà viva fin quando attecchiranno come ha detto il senatore Lumia “i virus del negazionismo e del minimalismo”, fin quando qualcuno dirà “non esiste”, oppure “è poca cosa ormai”.

Sempre Merlino ha scandito le parole: “Ricordo bene le elezioni amministrative del 1983, quando don Sfameni passeggiava nelle scuole per far votare chi diceva lui, ricordo gli occhi impauriti di Patrizia Aiello, giovane sposa minacciata se suo marito avesse continuato a sostenermi. Ricordo bene quando nel 1988 fu costruita, grazie a Don Sfameni la villa del giudice Mondello nella frazione di Cucuzzaro”.

Nel ’90, il primo processo ad Alberti e Sutera si concluse con l’assoluzione, perché l’allora giudice istruttore Mondello accolse la tesi del pm Gambino non ritenendo valido il movente dell’agendina trovata da Graziella e appartenente al boss latitante. Val la pena ricordare che quasi 18 anni dopo la condanna arrivò in base alle stesse prove del primo processo. La storia di Graziella si intreccia quindi con le pagine della vita di Rometta.

“Non abbiamo scelto a caso Piazza stazione- spiega il sindaco- Perché chi arriva qui non deve pensare di arrivare nel paese connivente con la mafia. Rometta è la città che onora e si commuove per Graziella e non quella che onora Totò Cuffaro”.

Il riferimento è alla nota polemica legata all’oratorio della Chiesa, all’interno del quale campeggia, in omaggio ai fondi che hanno consentito la realizzazione dell’edificio, la foto dell’ex governatore della Sicilia oggi in carcere per concorso esterno alla mafia, accanto a papi e madonne. Lo scorso anno fece scalpore l’omelia durante la quale padre Scibilia invitò i fedeli a pregare per Cuffaro in carcere (poi dichiarò che si riferiva alla figlia dell’ex presidente).

La mafia si uccide con le parole e con i gesti netti, e a testa alta e fieri con le fasce tricolori c’erano i sindaci di Villafranca, Saponara, Spadafora, Messina, c’erano deputati, numerosi consiglieri comunali di Messina. La mafia si uccide quando qualcuno mette il coraggio, anche con il semplice gesto di intitolare una piazza in un comune che si è macchiato, esattamente come tutti noi, del silenzio e della connivenza nel lungo libro di Graziella.

“Diceva Falcone che la mafia, come ogni fenomeno umano, ha un principio, un’evoluzione ed una fine- ha ricordato il sostituto procuratore di Barcellona Francesco Massaro– Ed io penso che a Messina, nella zona tirrenica stia iniziando quella fase dell’evoluzione della mafia che porterà alla fine”. Ha poi raccontato la storia di un commerciante che il 31 agosto del 2011, dopo che un uomo gli aveva chiesto il pizzo è andato dai carabinieri a denunciarlo. Pochi giorni dopo l’estorsore è stato arrestato ed è ancora in carcere. “Dalle intercettazioni dell’estorsore siamo arrivati ad arrestare altre 8 persone. Nel frattempo si è pentito e grazie alle sue dichiarazioni siamo arrivati ad arrestare altre 28 persone. Tutto è nato dal singolo gesto di coraggio di un uomo”.

Il coraggio deve diventare contagioso come lo è la codardia, l’inizio della fine della mafia sarà quando ogni persona che si considera perbene smetterà di far finta di niente. L’inizio della fine per la mafia è nel coraggio delle persone normali. A Rometta da ieri, come hanno detto Piero e Pasquale Campagna “In piazza stazione c’è un binario in più, ed è quello della legalità”. Serve questo binario, perché il virus del negazionismo e del minimalismo non è debellato e fa parte della nostra vita quotidiana. Per ogni omessa denuncia, per ogni mazzetta pagata ed ogni appalto sporcato dal sangue rubato ad una comunità, per ogni sguardo girato altrove, c’è uno sparo per Graziella. La mafia si evolve più in fretta delle misure per combatterla, ma penso che il vero esercito antimafia siamo noi. Senza di noi questi giudici, questi poliziotti, carabinieri, sono soli. Senza di noi la giustizia non trionferà mai. Ma è ancora troppo piccola la famiglia di Graziella, per questo dedico a lei questa rubrica.

Un Comune che rende onore PUBBLICAMENTE ad una vittima di mafia e lo fa scegliendo il luogo, la stazione, che è anche la porta della città, dove si dice benvenuti e ci si presenta, è un Comune che non si nasconde, è un Comune che sceglie di stare da una parte e non dall’altra. E’ un Comune che con coraggio guarda anche ad un pezzo della sua storia, quel pezzo in cui il bianco è diventato grigio ed in cui le pagine del libro di Graziella si sono intrecciate con quelle della mafia. Intitolare una piazza equivale a dire: io non sto con chi ha ucciso le migliaia di Graziella che ancora ci sono e ci saranno. Significa anche dare omaggio e onore alla storia stessa, bella, pulita e onesta, della Rometta che è stata fondata anche col sangue di chi ha combattuto per la vita, per la libertà,per la giustizia.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. COSA NOSTRA senza le connivenze politiche sarebbe una comune associazione criminale. Ricordo di due Presidenti di Regione e di tanti sindaci siciliani condannati per mafia. L’omertà è una conseguenza ingiustificabile della connivenza degli uomini politici. GRAZIELLA è la vittima innocente, come lo furono poliziotti, magistrati, sindacalisti, imprenditori, sacerdoti impegnati in prima fila contro questi vermi di terra, mi scuso con i vermi per il paragone.

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  2. COSA NOSTRA senza le connivenze politiche sarebbe una comune associazione criminale. Ricordo di due Presidenti di Regione e di tanti sindaci siciliani condannati per mafia. L’omertà è una conseguenza ingiustificabile della connivenza degli uomini politici. GRAZIELLA è la vittima innocente, come lo furono poliziotti, magistrati, sindacalisti, imprenditori, sacerdoti impegnati in prima fila contro questi vermi di terra, mi scuso con i vermi per il paragone.

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