Galleria Vittorio Emanuele: l'allarme inascoltato, 20 anni fa,del Comitato di valorizzazione

Galleria Vittorio Emanuele: l’allarme inascoltato, 20 anni fa,del Comitato di valorizzazione

Rosaria Brancato

Galleria Vittorio Emanuele: l’allarme inascoltato, 20 anni fa,del Comitato di valorizzazione

Tag:

martedì 05 Maggio 2015 - 22:09

Nel '95, ben 20 anni fa, nacque il Comitato per la valorizzazione della Galleria Vittorio Emanuele, da un gruppo di messinesi indignati per il degrado nel quale versava il sito. Da quel gesto iniziò il percorso che porterà, nel 2005 alla riqualificazione. Ma l'allarme del Comitato: "Il restauro non basta serve la valorizzazione e la gestione" non fu ascoltato e così, quelle dichiarazioni premonitorie sono oggi tristemente realtà.

Non a caso abbiamo voluto chiamarci Comitato per la valorizzazione della Galleria Vittorio Emanuele, siamo sempre stati convinti, infatti, che il restauro del prezioso manufatto per il quale siamo attualmente impegnati in sinergia con l’amministrazione comunale, non può che rappresentare la prima fase di un percorso di rilancio che possa rendere la Galleria centro pulsante di vita cittadina, riferimento importante di una concezione policentrica della nostra organizzazione urbana. Vogliamo appunto “valorizzare” la Galleria proprio ad evitare che, seppur restaurata, possa ricadere in una condizione di abbandono, che si può scongiurare solo se la prestigiosa struttura acquista piena soggettività innanzi tutto attraverso un utilizzo degli spazi che sia più consono al suo prestigio. Pensiamo a librerie,negozi di antiquariato, caffè, momenti di socializzazione. Anche se il percorso che bisogna compiere è arduo siamo intenzionati a resistere, convinti come siamo che la nostra città ha profondamente bisogno di affetto e una componente naturale dell’affetto è la perseveranza, che è anche il sale della coscienza civile”.

Queste frasi non sono state scritte un mese fa, un anno fa,ma 20 anni fa, in occasione dell’inizio della seconda vita della Galleria. Sono frasi, tristemente profetiche, scritte da Pippo Trimarchi, presidente del Comitato per la valorizzazione della Galleria Vittorio Emanuele, comitato nato sul finire del 1995, e pubblicate nella prefazione del catalogo della “Mostra fotografica e documentaria sulla Galleria, dall’archivio dell’ingegnere Camillo Puglisi Allegra”, allestita al Teatro Vittorio Emanuele dal 23 dicembre 1996 al 23 gennaio 1997 e inserita nell’ambito di una serie di iniziative volute dal Comitato e dall’amministrazione Providenti mirate non al mero restauro ma alla valorizzazione di un sito che aveva vissuto stagioni alterne, rinascite e ricadute, sin dal 1929. Si deve solo al Comitato, giusto per rinfrescare i ricordi in una città con memoria a km 0, se 10 anni dopo,nel 2005, si è conclusa la riqualificazione senza però ascoltare quelle avvertenze relative alla valorizzazione. E le conseguenze di quella sordità e indifferenza si vedono oggi. Abbiamo buttato al vento 10 anni, perché nel 2015 appare nello stesso stato di abbandono che,nel ’95, fece indignare un gruppo di messinesi, Pippo Trimarchi, Franz Riccobono, Felice Siracusano e Sergio Bertolami e li spinse ad un lavoro di ricerca e di proposta che portò poi sia al progetto di restauro sposato dal sindaco Providenti che alla bozza di un disciplinare che però fu poi totalmente dimenticato, di fatto segnando il destino del luogo ancora una volta. Perché la verità è questa: dal 1929 la Galleria ha vissuto stagioni alterne, ma le più lunghe sono state quelle dell’abbandono.

“Mi scusi se uso questo termine ma la Galleria all’epoca era un orinatoio esattamente come adesso- ricorda Franz Riccobono mostrandoci il libro, una piccola perla rimasta di quegli anni di fervore, un catalogo arricchito di foto storiche, cartine, documenti storici di grande pregio, pezzi del nostro passato- C’erano vetri sfondati,il pavimento ridotto in modo penoso, nessun locale, solo depositi e magazzini. In quegli anni l’Enel doveva dismettere e propose al Comune l’acquisizione dei beni ma non si riusciva a capire a chi appartenessero. La nostra idea era quella di trasformare il sito in luogo d’incontro, pensavamo a librerie, caffè letterari, negozi d’antiquariato,trattorie di piatti della nostra tradizione, mostre, eventi, concerti di musica classica. L’architetto Barone fece tutte le ricerche catastali per stabilire di chi era la Galleria. All’inizio al catasto non risultava nulla, lavorò per un anno, gratis, e cercò la documentazione ovunque”.

Fu da queste ricerche che si appurò, tra le altre cose, che lo spazio pedonale interno al sito è una strada a tutti gli effetti e si chiama via Vittorio Emanuele III, quindi è suolo pubblico esattamente come tutte le altre arterie. E del resto lo si comprende andando a ripercorrere le origini di un Palazzo progettato per essere “salotto” e purtroppo a più riprese divenuto “sgabuzzino” a causa dell’indifferenza e della scarsa lungimiranza di chi ha amministrato Messina.

“In quegli anni lo abbiamo detto con chiarezza, non basta il restauro occorre la gestione, altrimenti si sarebbe ripetuto quel che era accaduto dopo gli anni ’60 e la prima riqualificazione, e cioè il lento declino- continua Riccobono- Nessuno ci ha ascoltato. La nostra idea era quella che il Comune desse in gestione l’area e in locazione gli immobili ma solo a precise condizioni. La verità è che ci furono lungaggini burocratiche e amministrative e soprattutto, con il passare degli anni cambiarono gli interlocutori politici”.

Il sindaco Providenti avviò il progetto: “Lavorare per il rilancio della Galleria significa rivolgere un messaggio chiaro alla città: i nostri riferimenti d’identità, la nostra storia hanno ancora diritto di cittadinanza. Abbiamo sostenuto l’impegno del Comitato apprezzando lo sforzo di democrazia che emergeva teso a superare la logica della lamentazione a vantaggio di un approccio che tenta di risolvere i problemi anziché decantarli all’infinito”.

La mostra fu soltanto l’inizio del percorso. L’architetto Bertolami, che curò l’allestimento si recò dagli eredi Puglisi Allegra per avere le parti di documentazione fotografica che mancavano. I lavori del restauro, del quale Bertolami divenne progettista e direttore dei lavori,furono ultimati nel 2005 quando l’allora assessore Scoglio organizzò l’inaugurazione. Nel frattempo cambiando gli interlocutori politici nessuno si ricordò del Comitato, e di quanti avevano lanciato appello e proposta.

“Bertolami non fece più parte del Comitato- prosegue Riccobono- Ma la cosa che più ci ha amareggiato è che all’inaugurazione non siamo stati neanche invitati….Però ci siamo presentati lo stesso,e abbiamo chiarito anche come stavano le cose a chi ha la memoria corta. Già che ci sono aggiungo anche che donai, proprio per l’evento, numerosi pannelli con immagini storiche e che vennero collocati all’interno. Chiesi che venisse almeno citato il fatto che erano presi dal mio libro. Macchè….Per non parlare della targa in ricordo che fu poi rubata….”.

Uno dei pannelli, la venditrice di acqua è ancora lì, all’ingresso della Galleria ed è un’immagine simbolica perché è posta accanto ad una serie di saracinesche abbassate. Niente di più simbolico del vedere un pezzo di storia affiancata al degrado,al buio, all’indifferenza. Nessuno ricorda più perché quel pannello è lì.

“Non illudiamoci,se continuiamo a dimenticare la parola valorizzazione, faranno la stessa fine,anzi la stanno già facendo altri beni come la Badiazza, la Cittadella, Castel Gonzaga. Se non ti occupi della gestione è finita”.

Dal sindaco Francantonio Genovese, eletto nel dicembre 2005, il Comitato andò in continuazione per sollecitare l’adozione del regolamento, alla luce della recentissima inaugurazione, ma l’esponente del Pd non mosse mai un dito. E oggi la realtà è quella che vediamo,che è poi la stessa dei decenni scorsi, quando la Galleria ebbe le sue “prime cadute”. Fu voluta con ben altre intenzioni,nel 1923, dopo una visita di Mussolini che stanziò per la costruzione di edifici “solenni” post-terremoto una serie di somme. Doveva essere quel “salotto buono” del centro storico in contrapposizione al nascente nuovo centro, quello di piazza Cairoli. Costò 15 milioni delle lire dell’epoca e fu realizzata in tempi record: basti pensare che il progetto trasmesso dal Genio civile nel 1926 al Consiglio dei lavori pubblici ebbe l’ok in 20 giorni….Fu realizzata dalla Società anonima imprese edilizie che riuniva sia la società generale elettrica della Sicilia che gruppi privati, la società Tirrena Finanziaria, i proprietari dei gruppi Mulini di Milazzo e della Birra Messina. L’inaugurazione avvenne lunedì 12 agosto 1929, con una serie di mostre di artisti siciliani e di opere di artigiani. Si aprì subito un caffè letterario, si organizzarono mostre, ad una di queste presenziò Marinetti, esposizioni di antiquariato, e dal ’30, ogni anno, il grande ballo della Croce Rossa. La seconda guerra mondiale lascerà segni difficili da cancellare, le bombe mandarono in frantumi la vetrata ma furono i successivi anni di abbandono a lasciare i danni peggiori. Nel 1955 non era stata ancora restaurata tanto che verrà chiusa per le condizioni di pericolo in cui versava. L’interno del sito verrà usato come garage…Nel 1960 sarà finalmente restaurata e la nuova inaugurazione avvenne con la mostra sulla storia del Parlamento in Sicilia. Ma anche stavolta non durerà a lungo. Negli anni successivi solo rattoppi ed un destino che non è quello voluto dai nostri nonni, quando, all’inizio degli anni ’20 s’interrogavano sul luogo ideale per la Galleria come quelle delle grandi città Europee”. Era quello lo spirito,la voglia di “diventare grandi” e nel contempo ricostruire. Se dal ’60 agli anni ’90 la Galleria cadde in quello stato che spinse il Comitato a dire: basta, fu proprio perché mancò la gestione,e quell’”affetto perseverante” citato da Trimarchi nel catalogo. Se non gestisci un “tesoro”, ma sopratutto se non lo curi,diventerà un giardino incolto. Il Comitato per la valorizzazione della Galleria Vittorio Emanuele non fu ascoltato da Genovese e dagli assessori,ma adesso, che ci ritroviamo davanti lo stesso scenario di 20 anni fa sarebbe il caso di non ripetere lo stesso errore,di non limitarci al solo restauro,ma di renderla,finalmente,come è stata un secolo fa,per quei pochi, brevi, anni di luce. Dovremmo imparare dagli errori del passato.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. COME HO GIA’ DETTO IN PRECEDENZA A MESSINA C’ERA PIU’ DIGNITA’. COME VOLEVASI DIMOSTRARE. AVEVA RAGIONE QUELL’ANONIMO MESSINESE CHE HA SCRITTO IN UN MURO: “POVERA MESSINA IN CHE MANI SEI CAPITATA TI HANNO MASSACRATA POVERA MESSINA TI HANNO FATTO PIU’ DANNI DU TERREMOTU”. E POI ABBIAMO IL CORAGGIO DI DIRE CHE E’ COME LA GALLERIA VITTORIA EMANUELE DI MILANO. SI E’ VERO NELLA COSTRUZIONE, MA NELLA DIGNITA’ ……..

    0
    0
  2. COME HO GIA’ DETTO IN PRECEDENZA A MESSINA C’ERA PIU’ DIGNITA’. COME VOLEVASI DIMOSTRARE. AVEVA RAGIONE QUELL’ANONIMO MESSINESE CHE HA SCRITTO IN UN MURO: “POVERA MESSINA IN CHE MANI SEI CAPITATA TI HANNO MASSACRATA POVERA MESSINA TI HANNO FATTO PIU’ DANNI DU TERREMOTU”. E POI ABBIAMO IL CORAGGIO DI DIRE CHE E’ COME LA GALLERIA VITTORIA EMANUELE DI MILANO. SI E’ VERO NELLA COSTRUZIONE, MA NELLA DIGNITA’ ……..

    0
    0

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007