"Equivoci, cuori e due americani" di Fabrizio Palmieri (seconda parte)

“Equivoci, cuori e due americani” di Fabrizio Palmieri (seconda parte)

Redazione cultura

“Equivoci, cuori e due americani” di Fabrizio Palmieri (seconda parte)

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mercoledì 25 Marzo 2015 - 18:27

Un momento da dedicare a se stessi, un angolo dalle luci soffuse, per raccontarsi e raccontare, e ritrovarsi nei racconti degli altri. Inviateci pure i vostri lavori, romanzi o racconti a raccontodellasera@gmail.com: i migliori diventeranno Il Racconto della Sera.

"Equivoci, cuori e due americani"

“Ho letto che se fai prima la doccia calda e poi finisci con l’acqua fredda i pori si chiudono e perdi grasso” … si, grasso dal cervello! Vattene un po’ in palestra invece di cercare rimedi approssimativi al sovrappeso!

“Damiano? Tutto bene?” Sbraito un paio di improperi all’indirizzo di Emilio e lo immagino allontanarsi mogio lungo il corridoio. Sono teso come una corda di violino, ma tra poco vedrò lei: il principio dei miei sogni, traguardo dei sensi, desiderio impossibile.

Dicevo io che l’acqua rilassa.

Ora devo pensare ad una soluzione per la barba. Farla sotto la doccia? Non sono così bravo con la lametta: rischierei di aprirmi alcune ferite ed Eli non sopporta la vista del sangue. Vestirmi prima e poi fare la barba? E se dovessi sporcare la camicia? Figurati, la ragazza dai capelli del colore dell’oro sembra sempre uscita dalla lavanderia (forse lo è): non tollererebbe mai di accompagnarsi con qualcuno dalla camicia sporca di schiuma da barba! E’ anche vero che adora – chissà mai perché – accompagnarsi con Tina, una ragazza dritta dritta uscita dalla centrifuga e con vistosi problemi di acne. Una volta ci aveva provato con il sottoscritto: me la cavai grazie ad un amico che ebbe pietà di me portandomi via, di forza, dal locale!

Salto fuori dal piatto doccia e mi asciugo velocemente, acchiappando le gocce d’acqua ribelli ostinatamente avvinghiate al corpo. Corro in stanza e passo in rassegna i miei abiti: come soldati muti ed ordinati restano immobili in attesa della mia scelta. Grigio scuro e camicia bianca: ottima scelta comandante Damiano. Strizzo l’occhio compiaciuto dalla mia celere scelta e lancio un’occhiata all’orologio: le 19:30. Balzo nel vestito, indosso la cintura e le scarpe, poi la camicia. Quanti bottoni lascio slacciati? Uno? Troppo accollata. Tre? Sarà anche il numero perfetto, ma ho l’impressione di apparire troppo sportivo e poi il colletto di questa camicia si ammoscia sotto la giacca. Non va bene. Due: si, due è la giusta quantità. Infilo la giacca e lascio che una pochette bianca emerga dal taschino.

Allargo le labbra in un sorriso, sognando già il momento in cui io e lei siamo davanti a due americani serviti in appropriati “collins”: il rosso dei cocktail si sposa bene con la mia passione per Elisabetta! Ragazza perfetta, bicchiere perfetto, cocktail perf … eh no! Eli non beve alcolici: dovrà ripiegare su un analcolico. Non che io adori bere cocktail, però mi piacerebbe una ragazza in grado di gustare, di quando in quando, questa alcolica forma d’arte. La immagino mentre mi redarguisce per la scelta del drink: le fossette che le si formano sui lati della bocca quando è contrariata mi mandano in brodo di giuggiole.

Comunque, non sarà certo un analcolico a rendere la serata poco entusiasmante. La mia vanità gioisce, fin da ora, dai suoi complimenti per il mio gusto nel vestire.

Sono le 19:45, non mi resta che prendere le chiavi della macchina e recarmi all’appuntamento. Esco dalla stanza e mi trovo Umberto davanti.

“Devi entrare nuovamente in bagno?” La voce pesante, ovattata che sa di sonno si infrange sulla mia corazza di felicità!

“No, tranquillo!”

Marcio verso la porta.

“Stai uscendo?”

Devo urlarlo a qualcuno; non resisto più, dunque mi sbottono con il compagno d’appartamento “Sì, esco con Elisabetta!”

“Uh, uh” reagisce l’orso appena uscito dalla tana, “e vai vestito così? Le vuoi fare un dispetto?”

Faccio una piroetta, mi paro davanti a lui con le braccia aperte e sfilo come fossi su una passerella di Milano Moda: “Sono perfetto!”

La sfilata dura poco, così come il mio entusiasmo “Eli odia gli abiti grigi, dice che l’uomo in grigio è simile ad un topo”. Emanata la propria sentenza, il burbero giudice si trincera in bagno lasciandomi inebetito nel corridoio di casa nostra.

Hai fottutamente ragione!

Il mio amico del pomeriggio, il non ce la farò mai, torna imperioso a farsi sentire. Lo ignoro, almeno ci provo e corro in stanza. Mi spoglio velocemente, ma sono già le 20:00. Sperando che il tempo si arresti, indosso un paio di jeans chiari, una camicia azzurra e blazer blu. L’abito grigio rimane accasciato sulla poltrona come un signore attempato in procinto di seguire la telenovela preferita.

Sono le 20:10. Se tutto va bene arriverò in ritardo di qualche minuto, messo che il cuore non decida di smetterla di pompare sangue nelle vene, il che, man mano che si avvicina l’orario, pare sempre più probabile.

Esco dalla stanza ed incrocio Umberto; gli punto un dito contro: “Non UNA sola parola!”

Inebetito mi guarda scappare verso la porta. Scivolo sul pavimento come un gatto schiantandomi sull’uscio, apro la serratura a scatto e mi lancio per le scale. Il resto del percorso rimane ancora oggi un’incognita, talmente preso da Eli al punto da ignorare tutto il resto. Parcheggio in doppia fila. Ecco, si, questo lo ricordo: devo ancora pagare la multa.

Lei è già al Prime, meravigliosa nella sua mise. Tronchetti dal tacco vertiginoso, jeans denim attillato, camicia bianca, giacca blu scuro. Accessori rigorosamente coordinati all’incarnato ed ai capelli che cascano come stelle cadenti sulle spalle armoniose. Borsa intonata alle scarpe: “ho sempre odiato quella moda che vorrebbe la borsa non in pendant con le scarpe”. Lo ripeteva ogni volta che vedeva una stonatura tra scarpe ed accessori di un’altra ragazza.

Passo una mano sotto al mento, compiacendomi.

… ed inorridisco!

La barba! Non ho risolto il problema della barba. Ho dimenticato questo dettaglio, che poi tanto dettaglio non è. Un fondamentale si era fatto beffe della mia raggranellata attenzione. Contrito e con le orecchie basse mi avvicino ad Elisabetta, camminando piano e sperando che ogni passo fosse sincronizzato con un istante eterno.

Ma è in questi momenti che il tempo vola, tiranno!

Giungo davanti a lei. Mi guarda quasi imbarazzata; vorrebbe dire ma non dice …

In quel preciso istante mi rendo conto che il mio amore travolgente è riposto verso un’immagine, l’immagine di una donna idealizzata. La tensione del sentirsi inadeguato esplode dentro tramutando quella che prima era una coppa di miele in un calice di veleno. Osservo negli occhi di Elisabetta una vita futura fatta di critiche o adeguamento a standard tutt’altro che personali.

“Damiano …”. Non le permetto di finire la frase e le carezzo una guancia, lasciando che la mia mano affondi sotto i suoi capelli. Le sorrido e riesco solo a mormorare un secco ma sentito “Perdonami”.

Perdonami se non ti posso amare per ciò che sei.

Perdonami se a te ho sostituito solo un’immagine di me.

Perdonami per averti tramutato, anche se per poco, di essere l’involontaria carnefice di un altro essere umano.

Un senso di libertà concede al mio cuore la pace che non trovava da un intero pomeriggio, mentre torno verso la macchina lasciando Eli immobile e sbigottita davanti al Prime.

Tempo dopo, molto tempo dopo, ci incontrammo per ridere insieme della mia disavventura, davanti a due collins colmi di americano, sui gradini in legno di un pub di nome “Surfer”.

Guardammo sorgere l’alba di un nuovo giorno, e ci baciammo.

Fabrizio Palmieri

Fabrizio Palmieri nasce a Messina alcuni anni fa… perché l’età non si chiede mai. Studia allo scientifico, pur cosciente di una naturale avversione ai numeri manifestata fin dalla tenera età. La sua personalità masochista diviene leggendaria tra gli psichiatri. Combattuta un’aspra battaglia con radici quadre, denominatori, teorie di Newton e faglie trasformi, decide di presentarsi agli esami di Stato con i classici cavalli di battaglia del liceo scientifico: Italiano e Filosofia. Sbalordisce tutti esibendosi in una prova d’italiano che avrebbe terrorizzato lo stesso D’Annunzio e ringrazia Rosmini per aver svoltato abilmente il colloquio di filosofia. Un anno dopo il diploma, emigra a Roma per studiare Giurisprudenza. Manco a dirlo, affronta come prima prova Economia politica immergendosi nei grafici e diagrammi. Emigrano anche gli psichiatri che lo avevano seguito nell’infanzia, tornando a produrre altissimi redditi. Nonostante tutto, riesce a laurearsi ed intraprende la carriera forense, delegando ad altri il calcolo delle parcelle. Tristi, gli psichiatri e le loro famiglie lasciano Roma. Ma Fabrizio ha sempre amato raccontare e leggere. Non riuscendo a mettere in successione i numeri di pagine oltre il ‘10’, scrive racconti brevi, approdando al mondo dei fumetti. Pubblica come soggettista e sceneggiatore lavori propri con etichette quali Panini Comics e Star Comics. Torna a Messina per lavoro e continua a scrivere scoprendo il Word di Microsoft, in grado di mettere in successione lepagine al posto suo. Poco soddisfatto dal rendimento del fumetto troppo basato sull’immagine, si cimenta in romanzi di genere noir, fantasy, dark-goth e cyberfantasy. Siccome la giornata è di 24 ore, trova il sistema per impegnarle quasi tutte organizzando eventi tra i quali Messina Fatasy Fest, Cominks, Eriador, presentazioni di libri e cene con delitto.Il successo al premio letterario Terremoti di Carta, la voglia di raccontare e mettersi a nudo, il calore degli amici rappresentano per lui il perfetto viatico per insistere in una carriera tutt’altro che facile.

To be continued …

Prossimo racconto (28 marzo): "Come il vento" di Claudio Buemi

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