“Carol”, cronaca di un amore proibito

“Carol”, cronaca di un amore proibito

Tosi Siragusa

“Carol”, cronaca di un amore proibito

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domenica 10 Gennaio 2016 - 23:07

Sulla rotta della decima musa: in un guanto vintage smarrito l’incipit della realizzazione fuori dal coro di due esistenze. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Il regista Todd Haynes, già autore del più riuscito “Lontano dal paradiso”, riprende in “Carol” l’ambientazione americana degli anni ‘50 di Eisenhower, per dar voce, nuovamente, ai disagi che si annidavano in quella fase storica cruciale e bacchettona, laddove si cercava di mettere la sordina a pulsioni controcorrente rispetto alla morale del tempo e le donne avevano ceduto ogni potere, per esser relegate nella “casalinghitudine”.

Rispetto all’opera cinematografica precedente il filmaker non coglie però appieno nel segno, per una certa “anemia” e i toni un po’ raffreddati, che non consentono, forse volutamente, di dar vita ad una sensualità forte e ad una passionalità trasgressiva fino in fondo, e le sequenze di sesso appaiono solo tenere ed intimistiche. Il film, che non aspira dichiaratamente a essere un manifesto politico, ha comunque suscitato ovazioni di pubblico e stampa alla sua presentazione a Cannes. È tratteggiata, come fosse una qualunque storia amorosa, una relazione omosessuale proibita, nata quale intesa innocente, e divenuta magnetica e lenta a sbocciare, che non aspira ad essere consumata e che trova in un viaggio alla Thelma e Louise, la propria consacrazione, ed è condita da differenze di classe e solo alla fine riesce a superare le barriere del conformismo omologante e crudele. È un prodotto cinematografico in cui si scrutano con discrezione gli stati d’animo che toccano le nostre corde come in un lieve sussurro (ed è interessante proprio per questo) ove protagonista è il conflitto interiore femminile in una società bigotta e sbrigativa a giudicare disadattati psicologicamente individui dediti ad amori non convenzionali. Le due figure femminili presentano luci ed ombre, sono entrambe dotate di doppiezza ed ambiguità e, dunque, affascinanti. Il sentimento saffico fra la sofisticata Carol Aird, mal maritata, alto borghese e madre, emancipata, forte e caparbia, e Therese Belivet, commessa di un grande magazzino, in apparenza timida, fidanzata a metà, appassionata di fotografia, sbocciato per una casualità (un guanto smarrito su un bancone) impatta contro la rigidità delle regole che considerano illegale l’omosessualità e Carol rischia di venire giudicata moralmente inadeguata all’affidamento della figlia a causa delle sue reiterate “insane” relazioni.

Le protagoniste, magnificamente rese nei rispettivi ruoli (l’australiana Cate Blanchett, già due volte premio Oscar, è una algida e maestosa Carol, e Rooney Mara, una complessa e magnetica Therese) sono in pole position per gli Oscar per le rispettive nomination ai Golden Globe 2016; la loro recitazione, unitamente all’adattamento (ben scritto e elegante, attraverso preziose parole, di Phillis Nagy) al romanzo nel 1952 “The price of salt” di Patricia Highsmith, rappresentano le componenti più che valide del film. Gli altri interpreti, Sarah Paulson, nella parte di un’amica particolare di Carol, e Kyle Chandler, in quella del marito Harne, svolgono senza demeriti i propri ruoli. La regia convince un po’ meno, ma è apprezzabile per quella classe e delicatezza che non diviene mai intensità. Rimane un elevato pudore nel mostrare un amore che come ogni altro ha dignità di essere vissuto. Carol è un’eroina mitologica, che trova la sua vera essenza opponendosi alle forze che non le consentono di evolversi e Therese è come frastornata da quel sentimento che quasi la costringe a porsi fuori dall’alveo della normalità, in quell’inizio degli anni ‘50 ove la società è in bilico fra un passato stantio e un futuro da ripensare, mentre il presente appare come bloccato sulle fondamenta del conflitto bellico, che ha generato forti mutamenti.

La pellicola, di genere drammatico/sentimentale, riporta con una diversa ambientazione di genere a “I segreti di Brokeback Mountains” del 2005, più esplicita però nel mostrare un amore proibito. Le musiche di Carter Burwell, la splendida fotografia di Edward Lachman, di una New York dell’epoca, unitamente allo splendore dei costumi vintage di Sandy Well e delle scenografie di Jesse Rosenthal, contribuiscono a tributare un buon giudizio complessivo.

Tosi Siragusa

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