“L’Hermine – La corte”, l’uomo con l’ermellino

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Tosi Siragusa

“L’Hermine – La corte”, l’uomo con l’ermellino

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sabato 26 Marzo 2016 - 23:09

Sulla rotta della decima musa: se il giudice è sotto processo per spreco d'amore. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Il giudice Rachine presiede la Corte d'Assise e sta seguendo un caso molto scottante e intricato, un processo, dove si giudica un uomo per infanticidio. Peraltro, la presenza di Birgit (Ditte) fascinosa danese, che esercita le funzioni di giudice popolare in quel giudizio, donna da lui amata molti anni prima – e mai dimenticata – a seguito di un loro incontro in ospedale (dove Ella è anestesista) per un incidente crea ancora più trambusto nell'esistenza del gelido magistrato. Quella sua corazza di infallibilità si va poco a poco sbriciolando e il giudice e la giurata, protagonisti del caso giudiziario, vedono rivivere la relazione passata e la celata umanità del magistrato si svela.

In questa sofisticata e intelligente opera di Christian Vincent, sceneggiata, peraltro, dallo stesso (premiato con l'Osella al Festival di Venezia) con interprete d' eccezione Fabrice Luchini, uno dei migliori attuali attori francesi, ottima resa di Eva Lallier e di Sidse Babett (premio Cesar quale attrice non protagonista ) l'introspezione, come in ogni film francese che si rispetti, regna sovrana. Il temutissimo magistrato, conosciuto per le pene esemplari inflitte, che gli sono valse il soprannome "presidente due cifre ", diviene a sua volta imputato, colpevole di non amore e oggetto per questo di giudizio. Fabrice Luchini è in questo ruolo, eclettico, ma misurato, sempre alla ricerca della nota perfetta, come appare anche nell' autobiografia recente, "Comedie francoise". In altre opere filmiche, quali "La timida", "Moliere in bicicletta", "Gemma Bovery", spesso la sua recitazione sembra, invece, esorbitante. Belle le arringhe di Luchini, dove si esplora argutamente il sistema giudiziario. Il giudice attraverso la sua ex, si affranca dal cinismo e dalle verità assolute, e sarà lei a guarirlo, riportandolo fra i vivi, fino all'invito finale ai giurati di dar prova di saggezza, accettando di non sapere, ammettendo che non ci sarà mai una verità. Fino alla fine s' ignorerà la colpevolezza degli accusati.

Il film, che è in uno un finto dramma processuale ed una commedia, rimanda al pregevole "La costola d'Adamo", di George Cukor, ed ha ricevuto due premi a Venezia, il già citato Osella, e la coppa Volpi a Luchini. L'attore ha anche meritato il Cesar, come migliore interprete. L' opera cinematografica è convincente e complessivamente buona, anche sul piano registico.

Tosi Siragusa

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