Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza

Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza

Tosi Siragusa

Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza

Tag:

sabato 28 Febbraio 2015 - 15:28

Sulla rotta della decima musa: quadretti nordici tragicomici in 39 tableau per il nuovo film di Roy Andersson. Impressioni a cura di Tosi Siragusa.

Quadretti nordici, conditi da nerissimo humour in quest’opera cinematografica svedese di Roy Andersson sul nonsense del vivere (fra storie surreali e quotidiane) insolita già dal titolo, sorprendente, ma non per tutti.
Tristezza nordica, dunque, con un lato molto comico, che, all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, è stata premiata con il Leone d’oro, sicuramente per quella vena di grottesco e tagliente, che accomuna Andersson ad Aki Kaurismäki e al regista ceco Milos Forman. Il film, in tre prologhi ed episodi, con repertorio di desolazione e comicità, su un doppio registro filosofico e umoristico, appare spazzante, con un andamento iterativo e ipnotico e personaggi imperturbabili, ripresi in segmenti brevi – quasi dei quadri – e comunanza con l’arte visiva, pittorica (Otto Dix, Hopper), fotografica e scenografica (per la scelta del vintage anni 70 per gli interni). Proprio nella contraddizione fra la compostezza esteriore e la deflagrazione dei sentimenti (che dovrebbero essere controllati, ma non lo sono) sta l’originalità del lungometraggio. Alcune figure ricorrenti negli episodi che si succedono meritano citazione, come quelle dei venditori porta a porta (o ambulanti all’occorrenza), che vorrebbero far divertire la gente (motto ripetuto all’esasperazione) solo con tre articoli frusti, conservati entro una valigia usurata … nessuno compra, nessuno paga, però, e i due, Jonathan e Sam, che vivono in un deprimente alloggio assistenziale, e sono disadattati e divorziati, litigano, con sottofondo di musica strappalacrime ascoltata dal più fragile (c’è un rimando al rapporto fra Stanlio e Olio e ai protagonisti di “uomini e topi” di John Steinbeck). Altre vicende esistenziali esilaranti riguardano l’esercito del sovrano Carlo XII di Svezia, diretto alla battaglia di Poltava contro Pietro il Grande di Russia, e lo stesso esercito che, lacero e sconfitto, torna indietro … il tutto si svolge in una caffetteria ai giorni nostri, ove irrompe il XVIII secolo, mentre il sovrano beve un bicchiere d’acqua, soffermandosi sulle piacevoli fattezze di un cameriere.
Bella anche la scena del saloon – molto brechtiana – in cui la padrona canta una canzone molto conosciuta in Svezia, sui soldati. Infine, in uno sketch colonialista, dei soldati inglesi spingono degli africani in una macchina di tortura, che trasforma le loro urla in musica, mentre un gruppo ultracentenario di ricconi su una terrazza si gode lo spettacolo … e tutta la rappresentazione – che rimanda all’organo assiro, strumento di tortura dei nemici per allietare il popolo – ha una chiaro senso di protesta contro i soprusi perpetrati nei secoli.
Il filmaker alterna comicità e tragedia e rappresenta le nostre vite stesse, atteso che anche mentre viviamo i nostri momenti più vitali, di solito in gioventù, sappiamo già come finirà … L’opera, che appare molto vicina al classico teatro dell’assurdo, ma anche a scenette televisive – per quegli sketch o barzellette o exempla, ove compare un’umanità clownesca, che si nuove lentamente, è molto laconica e discetta spesso attraverso ripetuti leitmotiv – ed è intrisa di tristezza.
I personaggi, che riflettono moltissimo prima di proferire parola, potrebbero simboleggiare la stanchezza morale dei nostri tempi, ma non sono rinunciatari fino in fondo.
Gli attori, bravissimi, a cominciare da Holger Andersson e Nisse Vestblom, sono ripresi molto a distanza (per ricreare obiettività) con campi lunghi e quasi mai primi piani, in scene fisse, connaturate dalla immobilità dei soggetti (come i manichini di George Segal o le statue-essere umani colti nella quotidianità di Duane Hanson). Il film è stato in programmazione al Multisala Apollo (saletta Fasola) e, si spera, sia riportato in altri cinema di Messina

Voto: 9, ottimo, non si attribuisce 10 perché (forse) manca un po’ il respiro per sostenere fino in fondo la durata convenzionale, in quest’opera che si colloca in uno spazio alternativo e intende scavare nell’intimo della sconfinata solitudine umana.

Tosi Siragusa

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007