Assertività: fare e ricevere complimenti per dare valore alla bellezza

Assertività: fare e ricevere complimenti per dare valore alla bellezza

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lunedì 29 Aprile 2013 - 10:11

Fare e accettare complimenti sinceri vuol dire dare valore alla bellezza che noi e gli altri portiamo nel mondo. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it.

Fare una critica serve a far notare a qualcuno quale effetto negativo ha avuto su di noi un suo comportamento. Dopo averla fatta pensiamo: “ora che lo sa, mi auguro non lo faccia più”. Il nostro obiettivo è limitare un comportamento negativo dell’altro. Criticare ci viene relativamente facile poiché il nostro stesso sistema educativo è basato sulla critica, i bambini vengono allevati con frasi del tipo: ”questo NON si fa”, “questo NON sta bene, NON è corretto”, “le bambine educate NON fanno e NON dicono certe cose”. Nella mente di un bambino si crea l’immagine di un monello, esempio di tutte le cose da NON imitare. Questa immagine lo accompagnerà, evolvendosi, anche da adulto. A furia di sentirsi rimproverare, può persino accadere che il bambino (anche l’adulto) si convinca di essere proprio quel bambino. Fare critiche, entro un certo limite, aiuta a contenere gli elementi negativi, ma non aiuta l’altro a capire cosa ci fa piacere. Per farglielo capire, dobbiamo dirglielo: un modo di dirglielo sono i complimenti. Un complimento è una frase gentile, detta per esprimere ammirazione, attraverso di esso diamo importanza ad un comportamento o ad una qualità della persona e la invitiamo ad esprimerla più spesso. Se la critica alimenta l’immagine del “monello” e delle cose che NON deve fare, un complimento non generico, che sappia dare luce a cosa ci piace, invece, nutre l’immagine positiva di “bambino buono”, un esempio virtuoso che indica chiaramente cosa fare per ricevere approvazione.

Una critica invita a“sottrarre” un elemento negativo, ma non indica come sostituirlo. Un complimento, invece, è già una precisa indicazione dell’elemento da valorizzare. Chi riceve il complimento si sente bene, apprezzato e sarà portato a ripetere il comportamento, per essere nuovamente apprezzato. Così, appena la nostra collega ritardataria ci porta un lavoro puntuale, accogliamola con un sorriso sincero e diciamole: “ti ringrazio, grazie alla tua puntualità avrò tutto il tempo necessario per fare un buon lavoro”. Diciamole cosa apprezziamo di lei e perché, le servirà per capire come venirci incontro. Questo però vale solo se il complimento è sincero, cioè se è accompagnato da gesti, tono di voce ed espressioni del viso che siano coerenti. Prova ne è che di un complimento spesso non ricordiamo le parole, ma se ci ha fatto sentire bene o, al contrario, ci ha lasciato una sensazione di fastidio. Facciamo solo complimenti sinceri, quelli calcolati non solo sono inutili ai nostri scopi, ma danneggiano la relazione che abbiamo con l’altro, che si sente preso in giro o manipolato.

I complimenti sono quindi utili nel suggerire concretamente modi di fare che ci piacciono, essi però hanno anche un altro potere, di ben più vasta portata: quando non sono rivolti ad un comportamento specifico, ma ad una qualità della persona, essi fanno sì che la persona si senta apprezzata, ammirata non per le cose che fa, ma per quello che è. Tutti desideriamo essere riconosciuti, amati anche, per quello che siamo. Quando questo accade ci sentiamo migliori, più capaci, più desiderosi di esprimere quelle qualità che ci fanno amare. Questo vale fin da bambini, e continua a valere da adulti. Quante volte pensiamo una cosa bella del nostro partner, di una nostra amica, di nostro figlio? Quante volte glielo diciamo? Notiamo come, il più delle volte ci compiacciamo in silenzio delle cose belle, anche importanti, aprendo bocca solo per criticare. Ci hanno insegnato che non dobbiamo fare troppi complimenti perché “montano la testa”, ci hanno insegnato a sminuire quelli ricevuti per restare persone umili. Siamo stati fedeli agli insegnamenti impartitici, quali sono i risultati che ne abbiamo ottenuto? Le persone che amiamo sanno benissimo cosa non ci piace di loro, ma non sanno perché le amiamo e forse non sanno nemmeno che le amiamo. Forse le abbiamo anche convinte che il nostro amore non se lo meritano. E noi? A furia di sminuire ciò che facciamo per umiltà, ci siamo convinti che quello che facciamo, e forse anche quello che siamo, davvero vale poco, tanto poco da non meritare complimenti, figuriamoci amore.

Nei prossimi giorni, esercitiamoci a trovare, in noi e negli altri, qualità positive ed esercitiamoci a notarle ed a farle notare: elogiamo il sorriso solare col quale ci accoglie ogni giorno il nostro panettiere, diciamo a nostro figlio che ci rende felici il fatto che si sia fermato a chiacchierare con noi dopo cena, troviamo una cosa che abbiamo fatto bene, della quale siamo orgogliosi e godiamoci questo orgoglio, diciamoci che siamo stati bravi.

La vita è fatta anche di cose belle, fare e accettare complimenti sinceri vuol dire riconoscere la bellezza che noi e gli altri portiamo nel mondo, vuol dire apprezzare e dare valore a quei gesti ed a quelle qualità personali che la incrementano. Vuol dire crearsi l’immagine mentale di un mondo bello e generoso, dentro il quale ha senso essere belle persone, darci da fare per migliorarci e migliorarlo.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

Un commento

  1. Ho esperienza di una mamma assertiva che è riuscita a fare “squadra” con quasi tutti i genitori della classe della scuola primaria, ma purtroppo usa la sua gentilezza per far fare agli altri ciò che vuole lei, arrivando a supportare il figlio bullo. Si contorna di quasi tutti i genitori e il figlio di quasi tutti i compagni (alcuni dei quali facilmente gestibili perchè senza personalità) per far trovare isolata la vittima e il relativo genitore che fa presente le situazioni di prevaricazioni. La stessa ha influenzato anche la maestra e la direzione della scuola. Alcuni genitori, presi da soli, riconoscono la gestione distorta della mamma ma,x quieto vivere,restano coesi con lei. Come far valere la propria ragione x un ravvedimento a scuola

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