La ricetta dell'assertività

La ricetta dell’assertività

La ricetta dell’assertività

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lunedì 11 Marzo 2013 - 13:20

Se scelgo di agire assertivamente doserò all’incirca in egual misura il mio benessere e quello altrui. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it.

Fate per un attimo mente locale, quando è stata l’ultima volta che vi siete trovati a ripensare a come vi siete comportati con qualcuno? Perché avete sentito l’esigenza di tornare più volte col pensiero all’accaduto? Probabilmente avreste voluto gestire la situazione in maniera più efficace. Cosa avreste voluto cambiare? Avreste voluto farvi rispettare di più? Essere capiti meglio? Sentirvi più padroni della situazione? O magari avreste voluto alzare meno la voce? Essere meno aggressivi? Il fatto di pensare e ripensare a una determinata situazione indica che probabilmente non ne siamo particolarmente soddisfatti, magari perché non abbiamo saputo esprimere e far valere il nostro punto di vista o, all’opposto, perché temiamo di essere stati prevaricanti verso l’altra persona. Nell’un caso e nell’altro, gli elementi che consideriamo, dando loro maggiore o minore importanza, sono: il nostro benessere, quello dell’altro, come il nostro comportamento ha inciso sulla relazione tra noi e l’altro e come gli altri ci giudicheranno in base a ciò. Sono elementi che prendiamo in considerazione sempre, qualunque stile comunicativo scegliamo di adottare, sia esso assertivo o anassertivo (cioè passivo o aggressivo), ciò che cambia è il peso che diamo a tutti questi elementi, come gli ingredienti nella ricetta di una torta: sono quasi sempre uova, latte, farina, zucchero, lievito, ma cambiando le dosi otteniamo torte dal sapore molto differente. Sulla base di cosa scegliamo che peso dare all’uno o all’altro fattore? Lo scegliamo in base alle idee che abbiamo sul nostro ed altrui valore, sulla scorta dell’importanza che diamo alla relazione con l’altro ed all’opinione degli altri in generale. Se scelgo di agire assertivamente doserò all’incirca in egual misura il mio benessere e quello altrui (“io valgo quanto vali tu”), decidendo poi a seconda dei casi se sbilanciarmi leggermente verso l’uno o l’altro (“tengo alla nostra relazione ed ogni tanto posso anche fare qualche piccolo sacrificio”) e tenendo in poco conto l’opinione degli altri (“è giusto rispettare le regole di convivenza sociale, ma non devono limitare il mio benessere e la mia libertà fintantoché non il mio agire non lede qualcuno”). Se invece scelgo uno stile aggressivo, eccederò nel privilegiare il mio benessere (“io valgo più di te”), non darò importanza agli effetti del mio agire (“se non si fa come dico io, sto meglio da solo”) e non contemplerò tra gli ingredienti il giudizio sociale (“solo i deboli rispettano le regole e si preoccupano di quello che dice la gente. Se parlano male di me, meglio!”). Se, all’opposto, opterò per un’azione passiva, la mia ricetta prenderà in considerazione quasi esclusivamente il benessere altrui (“tu vali più di me”), metterò sempre al primo posto la relazione (“bisogna evitare dissapori, liti, rotture, stare uniti ad ogni costo”) e coprirò tutto con uno spesso velo di giudizio sociale (“è necessario essere sempre irreprensibili, non dare mai alla gente occasione di critica o pettegolezzo”). Quale ricetta vi piace di più? E’ quella che usate più spesso? Se no, qual è? In quale di queste tre ricette riconoscete il prototipo di donna e madre perfetta, secondo la nostra società? Cosa fare per cambiare stile comunicativo nella direzione dell’assertività? Bisogna partire col comprendere cosa è necessario per il nostro benessere individuale e trovare il modo coniugarlo con quello altrui, senza per questo prestare il fianco a critiche. Ma prima ancora è necessario avere chiaro quali sono gli assunti di base (le frasi tra parentesi nelle “ricette”) che ci fanno agire in un modo piuttosto che in un altro e imparare come modificarli in modo che siano utili al nostro benessere. Questo è quanto faremo nelle prossime settimane. Nei giorni a venire, quando entriamo in relazione con gli altri, domandiamoci: “che stile sto adottando?” e proviamo nella nostra mente ad immaginare come condurremmo la cosa se adottassimo altri stili. Questo esercizio ci servirà per comprendere che non sempre le reazioni che ci vengono immediate sono le sole risposte possibili e ci renderà migliori osservatrici, ci tornerà inoltre utile quando decideremo di sperimentarci attivamente nel cambiamento. Sapere è utile, ma è solo attraverso il fare che il cambiamento si realizza.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana.

Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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