La piazza per Graziella Campagna che divide Rometta

La piazza per Graziella Campagna che divide Rometta

Rosaria Brancato

La piazza per Graziella Campagna che divide Rometta

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venerdì 29 Agosto 2014 - 06:01

Domani pomeriggio Piazza stazione di Rometta sarà intitolata a Graziella Campagna. Ma la decisione della giunta, nonostante il luogo sia stato scelto con un sondaggio in rete, ha suscitato alcune polemiche. Il consigliere comunale Enzo Cicero sta raccogliendo le firme contro una decisione che a suo dire cancella l’identità e la tradizione del paese

Da domani pomeriggio Piazza stazione di Rometta Marea si chiamerà Piazza Graziella Campagna. In questi dolorosissimi 29 anni sono stati dedicati a lei slarghi, vie, piazze, palasport, biblioteche,una piscina, una casa famiglia, in ogni parte d’Italia, dall’assolata Puglia al freddo Piemonte, perché il nome di Graziella unisce tutti in un’unica Patria. La sua storia, il suo massacro, avvenuto il 12 dicembre del 1985 li ricordano i ragazzi nelle scuole e gli adulti nei dibattiti. Il calvario della famiglia per avere giustizia, durato 25 anni, è diventato il simbolo dell’Italia che non si arrende mai neanche quando è a terra e l’omertà intorno fa pensare che sia notte fonda e che il mattino della verità non arriverà mai.

La Patria di Graziella è in qualsiasi punto d’Italia si sogni un Paese pulito, senza mafia e senza ingiustizia, senza violenza e senza connivenza.

Eppure, quello che è un gesto nel nome delle vittime della mafia è diventato a Rometta fonte di polemiche. Per Graziella Rometta dovrebbe essere “casa sua” esattamente come Pordenone o Castellammare di Stabia, perché la casa di Graziella è ovunque ci sia qualcuno che si alzi e dica “NO”. Eppure il Comune è diviso sull’intitolazione ad una vittima della mafia di una Piazza che oggi si chiama “Stazione” e quindi non è intitolata a nessuno ma ad una “cosa”, come Piazza Municipio, Piazza Duomo, lo stesso nome di migliaia di piazze disseminate lungo lo Stivale. Si è trasformata un’intitolazione di una strada ad uno scontro politico, quasi che il voler rendere omaggio ad una famiglia che ha dedicato la vita a combattere i mille rivoli della malagiustizia, equivalga a strategia o propaganda. C’ero anche io quando, il 3 luglio, il neo sindaco di Rometta, Nicola Merlino, annunciò, in occasione del Torneo che Villafranca dedica nel giorno del compleanno di Graziella, di volerle intitolare una strada e di aver indetto un sondaggio on line per la scelta del luogo. Del resto Rometta è parte della storia di Graziella esattamente come Saponara, Messina, Villafranca. Ho votato anche io in rete e non mi è mai passato per la mente di accusare l’amministrazione di chissà quali manovre occulte per taroccare il sondaggio. Ritengo che su questi temi non vi debbano essere colori o bandiere, né giochi di potere. Ritengo come il vicesindaco Giuseppe La Face che la democrazia sia questa, anche quando non ci piace e anche quando facciamo parte della minoranza abbiamo il dovere di rendere grazie alla libertà della democrazia. Perché là dove c’è la possibilità di esprimere liberamente il dissenso è un luogo benedetto dalla vita. L’amministrazione avrebbe potuto decidere da sola, invece non l’ha fatto. Ha scelto la via democratica. E anche quando l’esito non ci piace dobbiamo accettarlo perché anche il più insignificante voto è il dono prezioso della democrazia.

“Per me celebrare il ricordo di Graziella dedicando alla sua memoria una piazza significativa di Rometta Marea e' un valore- ha scritto su Facebook La Face– Di per sè. Farlo, poi, in modo tale che sia netta la presa di posizione di una comunità verso i mafiosi che hanno anche infangato Rometta, oltre che ucciso barbaramente Graziella e' un valore aggiunto. Lo sarebbe stato ancora di più se questa iniziativa fosse stata benedetta, non soltanto dalla maggioranza della comunità, ma dalla quasi totalità della stessa. Tranne quei pochi che su un argomento cosi importante e bello stanno tentando in rutti i modi di spaccare (per fortuna senza minimamente riuscirci) una comunità che sta cercando in tutti i modi di riscattarsi da un lungo periodo che i cittadini a maggioranza hanno giudicato negativo”.

Il consigliere di minoranza Enzo Cicero sta raccogliendo le firme da inviare al prefetto Trotta contestando la località scelta: “La decisione di intitolare a Graziella Campagna la Piazza Stazione è stata presa in realtà da una sola persona, il sindaco, senza tenere in minimo conto la comunità di Rometta Marea. Solo chi ignora o disprezza la storia di questa che è la frazione più popolata del Comune di Rometta – una storia breve e minore, ma dignitosissima – poteva partorire un’idea così sganciata dalle tradizioni del territorio. Nella seconda metà del Novecento, la Piazza Stazione è stata il centro della vita sociale, culturale, religiosa e artistica di Rometta Marea – e questa sua notevole funzione storica è stata in parte rievocata in una mostra multimediale organizzata giusto nel giugno 2013. Decisioni così importanti che investono la memoria storica di una comunità non possono essere appannaggio dell’arbitrio di un piccolo numero di persone, a maggior ragione non devono esserlo dell’arbitrio di un solo individuo, si tratti pure del sindaco”.

Leggendo queste parole si potrebbe pensare che il tiranno Merlino abbia deciso di vendere l’intera spiaggia di Rometta ad uno sceicco arabo o costruire una moschea al posto del rifornimento di benzina. Invece no, ha semplicemente pensato di onorare le memoria di una vittima di mafia, come decine e decine di altri sindaci in Italia, lontani mille miglia da Villafranca.

Non ho alcun dubbio che i romettesi siano legatissimi alla stazione, che fu inaugurata il 20 giugno del 1889 e rappresentò sin da allora “la vita che avanza e progredisce”, il legame con la città, l’urbanizzazione. Quel che non comprendo è il nesso tra l’identità della comunità e il fatto che intitolare piazza stazione a Graziella la snaturi. Avrei potuto capire se la Piazza fosse stata intitolata ai romettesi trucidati dai musulmani nella battaglia di Mazzabruno o qualsiasi figura storica o religiosa. Ma in un secolo questa piazza è rimasta solamente “stazione”, come milioni di altre piazze, senza che a nessuno sia venuto in mente di chiamarla, “Piazza Papa Giovanni Paolo II”, o “Piazza Garibaldi”. Ricordarsi dell’importanza delle tradizioni solo nel momento in cui qualcuno decide di toglierla dall’anonimato è quanto meno bizzarro. La stazione è un luogo bellissimo, quello dei sogni di chi sale su un treno sperando sempre qualcosa, diretto sempre verso un traguardo. E’ il simbolo delle valigie dei nostri figli che vanno via e dei pendolari che tornano sempre “a casa”, il luogo del cuore. Dedicarla a chi questi sogni li ha visti spezzare mentre saliva, come ogni pendolare su un mezzo che la portava a casa, è una bellissima idea. Infine, l’identità. Trovo che l’identità di una comunità sia proprio nei valori, è su quelli che si costruisce la spina dorsale, l’energia, la forza vitale e la fortezza di una comunità. Non c’è identità più forte che trovarsi uniti nella lotta contro ogni tipo di ingiustizia, l’ingiustizia della violenza ma anche quella dei processi insabbiati, del silenzio e quella del disprezzo della vita. Intitolare la Piazza ad una sorella non è un volere cancellare l’identità o la tradizione, ma rendere onore ad una figlia di questa sciagurata terra che continua a dividersi sui gesti più semplici e coraggiosi.

E’ impensabile dividersi su una cosa come questa. Ci si può scontrare aspramente sulla gestione dei rifiuti, sul decoro, persino sugli spettacoli estivi, ma su una targa in ricordo ad una vittima di mafia lo trovo impensabile.

In questa storia vedo il ripetersi di un copione che ha caratterizzato questi 29 anni, ed ogni volta che su un percorso limpido si addensavano le nubi che sollevavano la sabbia. La grande famiglia di Graziella sa bene, che ogni sorriso in suo ricordo, ogni conquista, è stata raggiunta col prezzo di amarezze. Perché la lotta alla mafia, oggi come nel 1985, si deve fare con più determinazione proprio quando si pensa che non ce ne sia più bisogno e che sia un fatto lontano, che non ci riguarda, che appartiene al passato.

Rosaria Brancato

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