Era stato proprio il ventenne ad indicare agli agenti il luogo esatto in cui se ne era disfatto, ma per 2 giorni di essa non vi era stata traccia.

E’ stata ritrovata ieri sera l’arma con cui il ventenne Roberto Mangano ha inferto la coltellata mortale, lo scorso lunedì, al cinquantacinquenne Salvatore La Fauci, uccidendolo. Il ragazzo, che adesso si trova nel carcere di Gazzi, la stessa sera dell’omicidio, si era presentato in Questura raccontando la propria versione dei fatti. Era braccato e lo sapeva poiché i poliziotti lo cercavano da ore, a casa della sua fidanzata, nei posti da lui frequentati. Ha così preferito “bussare” alla porta degli agenti e parlare di come avesse accoltellato un altro uomo, quel pomeriggio, dinnanzi agli occhi attoniti della fidanzata e di altri cittadini.

Era iniziato tutto con la brusca frenata della sua Opel azzurrina dinnanzi all’ingresso di Villa Dante, a Provinciale, poi le parole infastidite di La Fauci che proprio in quel momento stava attraversando la strada a piedi. E allora gli sguardi biechi, l’inizio della lite davanti al bar Ritrovo Angelo, la coltellata mortale. E ancora Mangano che entra nel bar e si lava le mani, scappa con la sua macchina e, nel tragitto, getta via l’arma.

Era stato proprio il ventenne ad indicare il luogo esatto in cui se ne era disfatto (anche se gli inquirenti credono che nella vicenda dell'arma sia coinvolta anche la madre) ma per due giorni, di essa, non v'era stata traccia. Soltanto ieri sera gli uomini della Squadra Mobile hanno ritrovato il coltello, di una lunghezza complessiva di 15 centimetri ed una lama di 6, tanti quanti ne sono bastati a Mangano per conficcarli nel petto di La Fauci e porre fine alla vita di un uomo, un marito, un padre. (Veronica Crocitti)