Operazione "Fiori di Pesco", decapitato il Clan Brunetto: nomi e dettagli

Operazione “Fiori di Pesco”, decapitato il Clan Brunetto: nomi e dettagli

Veronica Crocitti

Operazione “Fiori di Pesco”, decapitato il Clan Brunetto: nomi e dettagli

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sabato 18 Novembre 2017 - 11:01

Il provvedimento è stato emesso dal Gip Monica Marino su richiesta del Sostituto Procuratore della DDA Liliana Todaro e conta in tutto 27 indagati.

Mafia, estorsioni e droga. Ruota attorno a queste tre parole la maxi operazione “Fiori di pesco”, scattata stamani all’alba, che ha decapitato il Clan Brunetto collegato alla famiglia mafiosa catanese dei “Santapaolo-Ercolano”.

Dodici le persone finite nel mirino delle indagini dei Carabinieri della Compagnia di Taormina per cui sono scattati i provvedimenti cautelari. Vanno in carcere Vincenzo Pino, 61 anni di Malvagna, Carmelo Caminiti, 44 anni di Francavilla di Sicilia, Angelo Salmeri, 30 anni di Mojo Alcantara, Antonio Monforte, 50 anni di Castiglione di Sicilia, Alfio di Bella, 53 anni di Catania, Salvatore Scuderi, 30 anni di Taormina, Vincenzo Lo Monaco, 47 anni di Castiglione di Sicilia, e Carmelo Oliveri, 50 anni di Acireale. Tra i destinatari compaiono anche due braccianti agricoli recentemente traferitisi in Germania per i quali è stato emesso un Mandato di Arresto Europeo.

Domiciliari per Salvatore Coco, 57 anni di Fiumefreddo, e Giuseppe Lombardo Pontillo, 30 anni di Bronte, già ristretto in carcere.

Tutti loro rispondono, a vario titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso e traffico di droga.

L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Messina, ha avuto origine dalla denuncia di un dirigente sindacale della UIL, nel 2013, per un atto estorsivo nei suoi confronti. La vittima, socio di una cooperativa agricola della Valle dell’Alcantara, riferì che, in piena notte, alcuni ignoti avevano dato alle fiamme due sue automobili posteggiate vicino alla propria abitazione. A partire da quell’episodio, i militari della Compagnia di Taormina sono così riusciti a ricostruire i legami e i modus operandi di un’organizzazione criminale che agiva in tutta la zona jonica sottoponendo al pizzo i titolari delle aziende agricole ed i proprietari terrieri per ottenerne il controllo e la gestione delle realtà imprenditoriali nel settore agro-pastorale. Alcuni di questi imprenditori, residenti nella Valle dell’Alcantara, avevano spesso ricevuto “visite” da parte dei sodali del gruppo con pressanti richieste di denaro o di assunzione per i propri parenti. Da ulteriori approfondimenti è poi emerso come il Clan Brunetto operasse attivamente anche nelle zone di Malvagna, Mojo alcantara e Roccella Valdemone.

A capo di tutta l’organizzazione vi era Paolo Brunetto che, benché sofferente e gravemente ammalato (morirà nel 2013 durante il corso delle indagini), riusciva a coordinare gli affari facendo leva su referenti di zona. Era a lui che spettava risolvere tutte le questioni, anche quelle più delicate come le “dispute” tra gli affiliati. Il capo poteva comunque contare sull’appoggio di Vincenzo Pino, che gestiva l’area di Malvagna, e Carmelo Caminiti che, insieme a Antonio Monforte, si occupava di Francavilla di Sicilia e zone limitrofe.

Per imporre il pizzo, il Clan Brunetto utilizzava un metodo ormai consolidato: dapprima rubava i mezzi agricoli delle aziende indispensabili per le attività e poi richiedeva grosse somme di denaro per la restituzione (il cosiddetto “cavallo di ritorno”). Altre volte le intimidazioni consistevano nell’appiccare il fuoco al fondo degli agricoltori, distruggendolo completamente, oppure rubare il raccolto di pesche.

Dagli accertamenti è anche emerso che il gruppo era attivo sul piano dell’approvvigionamento e del traffico di droga, principalmente marijuana, grazie alla collaborazione con alcune famiglie mafiose catanesi. Nello specifico, la droga proveniente da Catania veniva poi rivenduta sulle principali piazze di spaccio dell’hinterland di Taormina.

Per accertare tutti i reati, nonché i legami gerarchici tra i vari affiliati, sono state determinanti le intercettazioni telefoniche e ambientali. In una, ad esempio, Caminiti rimproverava un altro reggente del territorio di Malvagna promettendo di “rompergli le corna” qualora si fosse recato nuovamente nel suo territorio di competenza per commettere reati senza il suo permesso.

Il provvedimento è stato emesso dal Gip Monica Marino su richiesta del Sostituto Procuratore della DDA Liliana Todaro e conta in tutto 27 indagati. (Veronica Crocitti)

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