Alfa e Omega. Contro le ipocrisie

Alfa e Omega. Contro le ipocrisie

Tosi Siragusa

Alfa e Omega. Contro le ipocrisie

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domenica 16 Luglio 2017 - 08:38

Due esistenze ai margini impegnate in micro collisioni con il mondo

La morte addosso è una novella pirandelliana, potente e provocatoria (che ha costituito lo script per l’atto unico teatrale oltremodo famoso L’uomo dal fiore in bocca del grande artista agrigentino) con due protagonisti maschili, un avventore (che ha perso il treno) e lo stralunato uomo dal fiore in bocca, che siedono di notte allo stesso tavolino da bar, sperimentando una comunicazione a tratti surreale. Quasi cento anni dopo, questa rappresentazione al femminile, se ricalca il più celebre precedente, riesce a rielaborarlo in modo alquanto originale e creativo, smascherando con terminologia scomoda le ipocrisie umane e condendo il tutto con una sapiente resa, anche gestuale.

Alla fermata del bus 27, contrassegnata da una tabella colorata indicativa degli orari, una ruvida panchina di legno e due signore in abiti di colore canarino, apparentemente agli antipodi, si incontrano scontrandosi: una scenografia,quella di Catanoso veramente minimalista, con pochi altri oggetti in scena (tra i quali un trolley). Il testo è di Domenico Loddo e Maria Milasi, la regia di Americo Melchionda, e le attrici coprotagoniste, la stessa Maria Milasi e Kristina Mravcova, artisti tutti residenti a Reggio Calabria, che hanno sapientemente interagito nei rispettivi ambiti, raccogliendo applausi convinti dal numeroso pubblico presente. La cifra predominante in questa piece che alterna toni e registri – ora esilaranti, spesso neri, virando verso il sarcasmo più lancinante – è comunque l’introspezione, e le pennellate, ruvide e in uno delicate ,sono atte a rendere molto bene le connotazioni esistenziali di Alfa e Omega. Già le loro denominazioni nell’intitolazione mettono in chiaro l’abissale distanza che parrebbe separarle, sconosciute l’una all’altra, con Alfa in attesa di un bus, ma più verosimilmente di un treno (in un posto oggettivamente sbagliato) che dovrebbe condurla lontano, ad Est, che è una donna un po’ svanita, dipendente da farmaci, dall’espressione gentile e smarrita e Omega che, invece, appare disincantata, aspra e critica e sembra avere una missione da portare a compimento – dopo avere incontrato una persona vestita di rosso – che le consentirà di abbandonare il percorso già segnato di prostituta, per ricongiungersi alla figlia che ha dovuto abbandonare. Due prove interpretative eccellenti, ove la malattia e la morte sono centrali, e i deliri, spesso confinanti con una poetica follia, si alternano a momenti di leggerezza con predominanza di pezzi canticchiati, passi di ballo, risate, che parrebbero lasciare intendere che si possa stabilire fra le due un legame in divenire, poiché entrambe sono alla ricerca di una società più equa, con il dio denaro che non regni incontrastato e le ingiustizie non siano predominanti. Le due esistenze in sofferenza, diversamente straziate, nel finale a sorpresa convergeranno, ma l’una contro l’altra, e l’esito non sarà scontato, e ciascuno potrà completare la sceneggiatura secondo il proprio sentire, contribuendo a determinarne la stesura. Ogni aspetto esistenziale attuale è passato a setaccio, dai difficili rapporti affettivi , alla ricerca in questi tempi di una patria diversa da quella d’origine, ove le condizioni oltremodo disagevoli spingono a migrare. Al colmo della disperazione in quelle loro vite che le vedono infine antagoniste, dapprima Alfa e Omega vivono l’attesa di un proprio Godot (che regolarmente non giungerà) e si struggono e ci struggono con quella loro volontà di riscatto e con il tentativo di rivoluzionare il corso delle rispettive esistenze; infine però all’alba – che immaginiamo livida – una tragica rivelazione giunge a sconvolgere ogni tentativo di assetto, a conferma che la vita non può sottomettersi a predefiniti disegni.

La compagnia teatrale Officine Arti di Reggio Calabria porta avanti da tempo una riuscita interazione fra arti performative e percorsi innovativi, dando un coraggioso impulso alle opere di giovani registi, e promuovendo autori fin qui, a torto, poco conosciuti. Lo spettacolo teatrale in parola è stato a più riprese portato in scena non solo in Sicilia e in Calabria, ma anche all’estero, come in Slovacchia, con sopra titoli in lingua slovacca curati dalla Mravcova. Questa rassegna estiva dell’Associazione dei 3 Mestieri “Qui è estate” prosegue dunque il suo validissimo percorso con mise-en-scene di qualità, spesso intimiste e sempre di intensa ricerca interiore, con testi mai banali o convenzionali e si segnala quale realtà ormai consolidata nel panorama cittadino, con fondate aspettative di allargare i propri orizzonti oltre i confini territoriali locali. Il Teatro dei 3 Mestieri, insomma, fa la propria parte,con forte inclinazione alla sperimentazione , e con una formula che abbina a momenti teatrali di spessore pause di intrattenimento con degustazioni di apericena di buon livello, diversificando in tal modo l’offerta e rendendola ancora più appetibile. Si ringrazia inoltre per la collaborazione l'ufficio stampa della rassegna Chiara Chirieleison. Il prossimo (quarto) appuntamento nel giardino teatrale sarà il giorno 20 luglio, con una rappresentazione molto apprezzata, qui proposta dall’Associazione culturale “Il Castello di Sancio Panza”: Mamma, piccole tragedie minimali, quattro brevi atti unici del 1986 (con tre microstorie e un episodio, il primo, composto da favole, ove le figlie appaiono protagoniste) del compianto Annibale Ruccello – che morì prematuramente in quello stesso anno – portata in scena da svariate compagnie, essendo un testo molto amato. Dapprima nello script originario, quando era ancora inedito , la Mamma del titolo si scindeva in quattro “Mamme”, Jennifer, Ferdinando, Clotilde e Adriana, che fanno rivivere lo sfortunato autore, che ne fu in uno anche regista e interprete. Il rapporto madre – figlia è distruttivo e slega, rendendo insignificante il ruolo maschile. La prossima piece è dunque sicuramente da non perdere, poiché dopo oltre un trentennio questa opera teatrale è più che mai viva e palpitante.

Tosi Siragusa

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