Giuseppe Fiorello incanta con il suo Modugno “privato”

Giuseppe Fiorello incanta con il suo Modugno “privato”

Domenico Colosi

Giuseppe Fiorello incanta con il suo Modugno “privato”

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venerdì 09 Gennaio 2015 - 12:45

Tutto esaurito al “Vittorio Emanuele” per uno spettacolo che coniuga con eleganza documento, canzone d’autore ed autobiografismo. La “prima” di mercoledì, saltata per motivi di salute, verrà recuperata domenica 11.

Dopo aver saltato la “prima” per motivi di salute, Giuseppe Fiorello si riprende la scena e stupisce il “Vittorio Emanuele” con il suo “Penso che un sogno così”, un avvincente viaggio tra documento, musica ed autobiografismo sulle tracce di Domenico Modugno. Accompagnato sul palco dai musicisti Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma (in passato anche collaboratori di Pino Daniele, omaggiato con un lungo applauso nel finale) e sorretto dalle interessanti soluzioni registiche di Giampiero Solari, Fiorello sorprende per brio e vitalità in un lungo racconto che prende le mosse dalle proprie esperienze personali per approdare al “mito” Modugno, l’uomo del Sud che conquistò l’America, Mr. Volare, l’attento osservatore delle peculiarità di un meridione infiammato dalla povertà ed immerso nel magma di un pensiero ancora in bilico tra arcaismi e modernità.

Tra suggestioni verghiane e momenti degni del miglior Tornatore, con le sofferenze derivate dall’emigrazione e gli equivoci legati alle origini rinnegate (Modugno, pugliese di nascita, si presentò nei primi anni di carriera come siciliano su suggerimento dell’industria discografica), si fa spazio nel racconto anche un certo tipo di riflessione sociale (la tragedia di Marcinelle, la devastazione delle coste siciliane ad opera delle industrie del petrolchimico): la realtà di Modugno, almeno nei primi passi della sua carriera, è quella della sua comunità, la storia di “Malarazza”, delle angherie subite, dell’iniquità sociale, di un riscatto spesso soffocato nell’indifferenza. Esemplare diviene dunque il lavoro di Giuseppe Fiorello (scritto in collaborazione con Vittorio Moroni), che narra la storia di un grande artista del novecento inserendo con modi accorti e con i giusti tempi la propria vicenda privata, quella di un bambino timido nei confronti del mondo ed incapace di manifestare il proprio potenziale perché affascinato da sogni inesprimibili. “Mio figlio è un sognatore”, afferma il padre di Giuseppe Fiorello a chi lo interroga sul mutismo del figlio: dipinto vividamente come un uomo dolce e generoso, vicino nelle difficoltà, elegante e pieno di vitalità, il padre del protagonista assurge a figura emblematica di uno spettacolo scritto proprio a partire dai ricordi di quel bambino divenuto attore tra i più noti ed affermati in Italia. Continuamente, nelle due ore di narrazione, le vicende della famiglia Fiorello e del grande artista pugliese si mescoleranno tra imprese suggestive, paure, personaggi bizzarri e ricordi familiari: raccontare Modugno, dunque, per illustrare la storia di un bambino di Augusta che fantastica un futuro da attore in un contesto esuberante costituito da feste di paese, l'America, Letojanni (dove viveva la nonna di Fiorello), il boom economico, fidanzamenti all’antica e viaggi in auto sulle statali siciliane.

Penso che un sogno così” è una storia italiana che si snoda da “Nel blu dipinto di blu” o “Io mammeta e tu” passando per la “Donna riccia” e “Lu pisci spada”, un viaggio che si conclude nella realizzazione del sogno di un attore chiamato ad interpretare per il grande pubblico il costante punto di riferimento musicale della propria infanzia. In un teatro da tutto esaurito, tornato sul palco per un richiestissimo bis, Giuseppe Fiorello si congeda quindi con l’immortale “Vecchio frack”, l'ultima struggente rievocazione di uno spettacolo costruito con la professionalità e la passione delle opere destinate a raccogliere ovunque convinti e meritati attestati di stima.

Domenico Colosi

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