I Cricchimiddi presentano “’Mprestimi a to’ mugghieri”

I Cricchimiddi presentano “’Mprestimi a to’ mugghieri”

Laura Giacobbe

I Cricchimiddi presentano “’Mprestimi a to’ mugghieri”

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mercoledì 11 Marzo 2015 - 23:07

La storica compagnia messinese de “I Cricchimiddi” ritorna in scena e celebra 25 anni di attività. Tempostretto ha avuto il piacere di incontrare la compagnia al completo. Lo spettacolo verrà rappresentato presso il teatro Annibale di Francia (con il sostegno di Unicredit e del Cral Unicredit messinese), venerdì 13 alle ore 21:00, sabato14 alle 17:00 e alle 21:00 e domenica 15 alle 18:30

Un’occasione molto particolare quella in cui, nei giorni 13, 14 e 15 Marzo, la compagnia de “I Cricchimiddi” rinnoverà il consueto appuntamento annuale con il pubblico. L’affiatatissimo gruppo, composto da dipendenti dell’ex Banco di Sicilia (oggi UniCredit), tanto in servizio quanto in pensione, festeggia infatti, quest’anno, il compimento dei 25 anni di attività. Un’avventura cominciata nel lontano 1990 e che ha portato grandi soddisfazioni, dalla scoperta di un forte legame di amicizia, andatosi rafforzando negli anni, alla gioiosa consapevolezza di lavorare insieme per un obiettivo comune ed alto. I proventi degli spettacoli sono infatti annualmente devoluti ad associazioni umanitarie che operano in vari ambiti del sociale. Il soggetto di quest’anno sarà “Mprestimi a to’ mugghieri”, una commedia dell’autore catanese Nino Mignemi, di cui il gruppo ha già rappresentato con successo “A. A. A. cercasi”. Lo spettacolo verrà rappresentato presso il teatro Annibale di Francia (con il sostegno di Unicredit e del Cral Unicredit messinese), venerdì 13 alle ore 21:00, sabato14 alle 17:00 e alle 21:00 e domenica 15 alle 18:30.
La vicenda è quella di Leonardo e Lucietta, che conducono una vita agiata grazie al sostentamento del facoltoso zio Francesco, che vive all’estero e crede che, com’era nei suoi desideri, il nipote sia sposato con Mariannina; questa, invece, è convolata a nozze con Pasqualino, ricco proprietario terriero.

Tempostretto ha avuto il piacere di incontrare la compagnia al completo, composta, oltre che dal regista e protagonista Armando Di Stefano, da Antonietta Del Dotto, Enzo Ferraro, Carmelo Manuli, Dionigi Marani, Nancy Barbaro, Ivana Cammà, Filippo Contino, Gianni Curcio, Rosalia Genovese, Carmelo La Monaca, Aldo Liparoti, Barbara Minutoli e Rosaria Romano. Con grande disponibilità e calore ci hanno permesso di entrare per un po’ nel magico mondo del teatro, raccontandoci la grande passione alla base del loro impegno e la voglia di mettersi in gioco nel nome del grande amore per la nostra terra.

Dal 1990 ad oggi: 25 Anni di attività e di grandi soddisfazioni. Ma come e con quali presupposti nasce la compagnia de “I Cricchimiddi”?

E’ una storia iniziata appunto 25 anni fa,(risponde il regista e fondatore Armando di Stefano) insieme a Dinni Marani e Antonietta Del Dotto. Abbiamo iniziato per scherzo, si faceva teatro in banca, ma ad un certo punto ci siamo guardati negli occhi e ci siamo chiesti se potevamo fare qualcosa di un po’ più serio, magari in teatro. Così, sempre a livello dilettantistico, ci siamo cimentati nel “Civitoti in pretura” di Martoglio, che abbiamo messo in scena all’allora funzionante teatro della marina militare. E’ stato un successo, nessuno si aspettava che un gruppo di bancari fosse in grado di recitare. Così ci abbiamo preso gusto e per tre anni di seguito abbiamo continuato quest’avventura, mettendo in scena anche “L’eredità dello zio canonico” e “San Giovanni decollato”. Il quarto anno, a causa delle ridistribuzioni effettuate dalla direzione, il nostro gruppo di lavoro è stato separato e quindi, trovando difficoltà anche ad incontrarci per provare, ci siamo fermati. Fino a quando, sei anni fa, invogliati anche dalla direzione e dall’insistenza di Aldo Liparoti, abbiamo deciso di ricominciare. Nel corso degli anni si sono aggiunti diversi nuovi membri ed abbiamo anche deciso di costituire una onlus.

Tutto è nato come una scommessa con noi stessi (interviene Dinni Marani), anche perché uscivamo dall’ufficio alle 17:30 e provavamo da quell’ora in poi, quindi era abbastanza sacrificante come impegno. Poi però è nato l’amore per un’attività in cui non solo ci divertivamo, ma che ci dava la possibilità di renderci utili a sostegno di tante situazioni di difficoltà. In questi anni abbiamo collaborato con diverse associazioni umanitarie, come Progetto Madagaskar, ABC – Amici dei Bimbi in Corsia o la mensa di S. Antonio dei Padri Rogazionisti. Oggi ci piacerebbe riuscire ad ampliare l’utenza, soprattutto perché lo scopo benefico va avanti grazie agli incassi. Ma abbiamo un pubblico affezionato che ci sostiene e ci lusinga anno dopo anno. Abbiamo avuto la soddisfazione di riuscire a coinvolgere tanti altri colleghi che, unendosi alla compagnia, scoprivano magari di possedere delle doti che non sapevano di avere. Ma una delle cose più belle credo sia l’amicizia che è venuta fuori all’interno di questo gruppo, che è più forte del tempo e di qualunque difficoltà. Abbiamo l’opportunità di lavorare insieme per un obiettivo comune, senza rivalità di nessun tipo, dal momento che tra di noi non ci sono professionisti, e questo ha creato un’intesa ed un cemento fortissimo. Dopo tanti anni siamo ancora qui a “fare i giovani” (scherza) e vorremmo che quanta più gente possibile potesse condividere con noi questa bellissima esperienza che è il teatro.

Vi siete fatti conoscere anche all’estero, grazie al blog di Eleonora Liparoti “Eta dorme sui pesci volanti”, che da Utrecht ha speso delle bellissime parole nei vostri confronti, esaltando la vostra sintonia e complicità, il vostro essere quasi una grande famiglia.

Si, è vero che la forza di questo gruppo risiede nella coesione e nell’essere uno per l’altro ed ognuno di noi cerca di dare il suo contributo. A questo proposito è doveroso menzionare il valentissimo fotografo Nando Centorrino, che ha prestato gratuitamente la sua attività estremamente valida, insieme ad altri colleghi che in questo momento non sono qui e che hanno sentito lo stesso impulso, come Rita Barbera, responsabile della biglietteria e Pina Morasca, la nostra costumista. Ma non c’è dubbio che tra di noi ci sia un primus inter pares nella persona di Armando Di Stefano, che con grande pazienza ed impegno guida e dirige questa massa di scalmanati.

La capacità di mettersi in gioco con grande spontaneità è una delle vostre caratteristiche. Un aspetto molto importante al giorno d’oggi, quando spesso nel nome dell’apparenza e per paura del giudizio altrui si tende a chiudersi in se stessi, o ad indossare delle maschere di fronte alla società.

Si, quello che ci unisce realmente è una buona dose di follia. Ci mettiamo in gioco e lo facciamo anche per noi stessi, perché condividere questa cosa è una grande compensazione per tutte le negatività del quotidiano, con i suoi malumori e le sue preoccupazioni. Qui troviamo una valvola di sfogo e dallo stare insieme traiamo un grande arricchimento interiore. Ma lo facciamo anche per questa città, che giorno dopo giorno sta scivolando in basso forse anche perché non c’è nessuno che ti fa ridere. D’altra parte se si pensa che con nostri spettacoli noi raggiungiamo ogni anno i mille spettatori nelle tre serate, evidentemente è un’attività da cui la gente riceve qualcosa di positivo. Ecco perché sarebbe bello che anche il teatro Vittorio Emanuele si aprisse alle attività amatoriali. E’ un appunto che facciamo spesso, anche perché a Messina c’è molta fame di queste cose.

Un’altra caratteristica del vostro repertorio è l’amore per la Sicilia, dunque il senso di appartenenza alla terra e l’esaltazione della tradizione, che ricercate anche attraverso il recupero linguistico del dialetto.

Ci siamo posti l’obbiettivo di mettere in scena soltanto opere in dialetto siciliano, o comunque adattate, come nel caso di “Miseria e nobiltà” o de “Il medico dei pazzi” che originariamente erano in napoletano. Tempo fa Pietro Barbaro lanciò la proposta di una mini rassegna sul teatro dialettale siciliano. Poi la cosa non andò in porto per questioni burocratiche, ma speriamo di poterla realizzare l’anno prossimo. L’impegno a preservare il dialetto ci sta molto a cuore, perché è qualcosa che fa parte delle nostre radici e che oggi rischia di andare perduto. Nel grande calderone di quello che genericamente chiamiamo dialetto siciliano e che è composto dai tanti dialetti delle varie aree geografiche, il dialetto messinese, che è quello a cui specificamente attingiamo nei nostri spettacoli, possiede delle peculiarità davvero incredibili ed una straordinaria ricchezza lessicale. Pensiamo a termini come ‘ngignare o briscì… Oltretutto una tradizione teatrale in dialetto tipicamente messinese non esisteva prima di noi.

Anche le stesse situazioni ed i siparietti che proponete sono fortemente contestualizzati. Allora quanto c’è di autentico e quanto di stereotipato nel carattere del siciliano? Siamo realmente così, pigri, caciaroni, sentimentali… o è un luogo comune?

Non è uno stereotipo, in effetti sulla scena prendono vita alcuni elementi fondamentali della nostra essenza e della nostra identità di popolo, anche se chiaramente in forma esasperata. In fondo se ci si pensa molti comici, ad esempio lo stesso Frassica, basano un po’ su questo le proprie gags, sulla trasposizione in chiave comica di situazioni della vita di tutti i giorni. E noi nella realtà non ci sentiamo poi così diversi da come appariamo sul palcoscenico.

Sul piatto della bilancia abbiamo da un lato la vostra volontà di preservare la storia e l’identità siciliane come un bene prezioso, dall’altro la tendenza sempre più forte delle nuove generazioni ad andar via. Da cosa dipende veramente? La voglia di fuga è insita nella natura del giovane o si fa poco per trasmettere l’amore per le radici?

La triste verità è che questa città, purtroppo, dal punto di vista lavorativo offre poco e niente alle giovani generazioni, e quindi andar via diventa quasi indispensabile per costruirsi un futuro. Anche se sicuramente ci sarà una percentuale di giovani che si allontana per voglia di avventura, non è tanto un discorso di scontro generazionale. L’imponente crisi che stiamo vivendo fa si che molto spesso siano costretti, anche a malincuore, ad abbandonare la propria terra, che non consente di crescere professionalmente. Ma l’importante è che non si perdano mai le radici. Noi genitori dobbiamo continuare a trasmettere l’amore per le nostre origini, l’orgoglio di essere siciliani che ci caratterizza e che traspare dall’ostinazione con cui continuiamo a batterci per questa città, anche nei momenti peggiori, come quello che stiamo vivendo.

Concludiamo con la commedia di quest’anno, “’mprestimi a to’ mugghieri” di Nino Mignemi. Qualche piccola anticipazione?

Si tratta di una commedia che alcuni di noi hanno visto a Catania, inscenata dalla Compagnia Odeon. Noi abbiamo deciso di ambientarla a Castanea delle furie e precisamente nelle abitazioni di villeggiatura di Pasqualino e Leonardo. Quindi la scenografia è quella di un ambiente di campagna, molto ben realizzato da una squadra di ragazzi di S. Giovanni La Punta. E’ una commedia degli errori, in cui l’arrivo dalla Spagna dello zio di uno dei protagonisti scatena una serie di fraintendimenti e situazioni comiche. Il cambiamento fondamentale che abbiamo apportato al testo sta proprio nella provenienza dello zio, che nell’originale di Mignani veniva dall’America. L’ambiente spagnolo, oltre ad avere delle somiglianze con la Sicilia, ci ha consentito di giocare con la comicità delle situazioni. Le scenette si susseguono di sorpresa in sorpresa fino alla conclusione in cui tutto si risolve per il meglio. Anche il finale è un po’ diverso dall’originale… ma ci fermiamo qui per evitare di svelare troppo.
Scoprirete di più quando verrete a vederci e speriamo di riuscire a farvi divertire.

Laura Giacobbe

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