"Il processo": Kafka portato sul palcoscenico

“Il processo”: Kafka portato sul palcoscenico

Lavinia Consolato

“Il processo”: Kafka portato sul palcoscenico

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sabato 24 Gennaio 2015 - 09:04

Il regista Domenico Cucinotta ha adattato e portato in scena la trasposizione teatrale di Peter Weiss di uno dei più grandi romanzi espressionisti del secolo scorso, rendendo reali gli incubi e le angosce dell'uomo contemporaneo.

“Qualcuno doveva averlo calunniato, perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina Josef K. fu arrestato.” Questo è l’incipit fatale. Josef K. è accusato, di cosa, nessuno sa dirglielo.
Nonostante sia in arresto, può andare a lavoro in banca, girare in città, tuttavia si ritrova perseguitato da tutti coloro che fanno parte del tribunale, e tutti ne fanno parte.
Inutile parlare con un avvocato e cercare sostegno, inutile andare in tribunale, pare non esistano appigli: “Non ci si può salvare da quel tipo di tribunale: confessi, confessi di essere colpevole!”
Josef K. si ritrova costantemente accerchiato da individui meschini, grotteschi oltre ogni misura e demenziali, che non fanno altro che rendere ancora più angosciante l’incubo dell’uomo innocente.
L’inconscio appare nella realtà, con tutte le oscenità sopite: la pornografia nel tribunale, la lascivia delle donne, l’innocenza perduta delle ragazzine, la camera delle punizioni.

Cosa è dunque la Legge se mette sotto accusa un uomo onesto? Come possono amministrarla questi uomini? C’è una Legge suprema alla quale K. si deve accostare: ma è irraggiungibile benché vi sia una porta appositamente per lui. Essa è come il Dio dantesco: è luce accecante; persino i guardiani della Legge gradualmente sono inaccostabili: il tribunale che conosciamo è quello “terrestre”, infimo.
È Dante, sì, ma soprattutto Platone che salta alla memoria: la Legge suprema ed i guardiani degni o meno di esserlo, da chi sono controllati a loro volta? Dunque nessuno vuol niente da K., nemmeno il tribunale: “Il tribunale non vuole niente da te. Esso ti accoglie quando vieni e ti lascia andare quando vai”. Non meno vero è comunque che Josef K. è chiamato ad essere giudicato.

Si susseguono i capitoli, tra una trasformazione ed un’altra degli attori, dei cinque attori: Isabella Giacobbe è Josef K., e la scelta di una donna non deve sorprendere, considerata in merito alla bravura e alla capacità fisica di rappresentare quella resistenza e allo stesso tempo cedimento nervoso del carattere di K.; Orazio Berenato, Giulia De Luca, Francesco Natoli e Fabrizia Salibra sono gli attori camaleontici capaci di interpretare a ritmo serrato in un meraviglioso trasformismo tutti i personaggi che si accostano a K. senza far scendere per un momento la tensione.

Domenico Cucinotta dunque ha riadattato il testo di Peter Weiss, che intendeva rappresentare la crisi dell’uomo, il rapporto dell’uomo con il divino, con l’irraggiungibile. Certo, ha anche dovuto contestualizzare ciò che era la crisi dell’uomo per Kafka.

Kafka scrisse il romanzo nel 1914, in pieno stile espressionista, tanto da renderlo paragonabile ad un film di Murnau: stesso stile angosciante e onirico. La condizione dell’uomo kafkiano viveva di un ambiente intellettuale, in cui il suo richiamo agli archetipi della tradizione ebraica si fonde con i temi della cultura europea, su cui si innesta la psicoanalisi freudiana appena nata.

“Il processo” è un dramma complesso, ma dalla filosofia sublime. Non perdete lo spettacolo che continua stasera e domani sera, ovvero 24 e 25 gennaio, alle ore 21 al Teatro dei Naviganti, Magazzini del Sale, via del Santo.

(Lavinia Consolato)

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