Il riscatto degli schiavi: “Verso il giardino dei ciliegi”

Il riscatto degli schiavi: “Verso il giardino dei ciliegi”

Lavinia Consolato

Il riscatto degli schiavi: “Verso il giardino dei ciliegi”

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sabato 13 Giugno 2015 - 22:33

La Scuola Sociale di Teatro porta in scena al Teatro Savio un adattamento del classico russo del drammaturgo Anton Cechov, con la regia di Daniele Gonciaruk.

Dopo cinque anni, che paiono secoli, passati a Parigi, la signora Liubòv e la sua famiglia tornano in Russia, a casa, una grande villa con un vastissimo giardino di ciliegi, così bello e antico da essere addirittura menzionato nelle enciclopedie.

Vi trovano, ad accoglierli, Varia, la figlia adottiva, due ospiti – un uomo che legge, ed una donna vestita in modo vistoso che ha avuto “solo sette mariti” -, i domestici, Petia, cioè il vecchio istitutore e studente fuori corso ante litteram, e il commerciante Lopachin. Quest’ultimo li aspetta quasi con ansia prospettando di aiutare la famiglia, ormai messa in ginocchio dai debiti, col vendere la tenuta.

La padrona e la figlia Ania, vestite di bianco – quel bianco che Ejzenstejn associava con orrore agli zaristi –, e Leonìd, lo zio, rappresentano ciò che è rimasto dei proprietari terrieri di una Russia ormai scomparsa. Gli aristocratici fanno la fame e i figli dei servi della gleba sono milionari; Lopachin, figlio di contadini, figlio di schiavi, con tutta la volgarità dell’arricchito, deciso a riscattare il passato dei suoi avi, ridendo sguaiatamente dà la brutale notizia: “La proprietà in cui mio padre e mio nonno erano schiavi, ora è mia!”. Ancor più brutale è la logica affaristico-capitalistica: villa e giardino saranno devastati per creare degli squallidi villini per i villeggianti.

Il doppio di Lopachin è rappresentato dal vecchio servo Firs, un nostalgico della vecchia Russia; dopo la liberazione degli schiavi lui ha preferito restare con i padroni, la modernità ha solo peggiorato le cose, “E’ tutta una gran confusione, non si capisce più nulla!

Cechov scrisse “Il giardino dei ciliegi” prima della Rivoluzione del 1917 e dei suoi sconvolgimenti sociali. Il regista Daniele Gonciaruk ha chiaramente adattato il testo, facendo dei tagli scrupolosi e inserendo testi originali – specialmente nelle parti dei due ospiti, che di fatti nel testo sono assenti, e forse per questo danno un senso di straniamento che non sempre funziona -, con una colonna sonora molto ben scelta, ed ha inserito nella scenografia una cornice bianca quadrata: è un elemento che si apprezza molto e che si può leggere come una finestra che dall’esterno ci mostra il salotto del teatro borghese, nonché una finestra sull’anima e sui drammi dei personaggi.

Drammi che non si sono sentiti molto a livello attoriale: considerando che gli attori non sono dei professionisti, c’erano delle pecche, soprattutto a livello della voce, non troppo sostenuta.

La replica sarà stasera, 14 giugno, alle ore 18, al Teatro Savio.

Lavinia Consolato

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