Due. Operetta sugli amori liquidi del nostro tempo

Due. Operetta sugli amori liquidi del nostro tempo

Tosi Siragusa

Due. Operetta sugli amori liquidi del nostro tempo

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domenica 18 Marzo 2018 - 08:32

Scontata iconografia delle angosce e della tempesta di interrogativi che agitano due monadi che mai diverranno un uno

Lo spettacolo teatrale tratto dallo script di Luca Miniero e Astutillo Smeriglia, diretto dallo stesso Miniero e interpretato da Raul Bova e Chiara Francini, già presentato in anteprima nazionale presso il teatro Dei Marsi in Avezzano, e approdato poi nei teatri d’Italia, giunge in programmazione anche a Messina. Sono stati messi in scena i battibecchi fra i protagonisti, unici due attori della piece, nel ruolo di due fidanzati- peraltro conviventi da 7 anni – a un passo dalla condivisione della vita matrimoniale futura, costellata da ovvi dubbi esistenziali, in quel periodo di passaggio sovente foriero di ripensamenti. Le scene di Roberto Crea fin dall’apertura sono state ridotte davvero all’essenziale, con Paola che tempesta di interrogativi Marco alle prese con il montaggio del loro letto matrimoniale, che li dovrebbe accogliere fra una settimana.

I due attori hanno dato voce anche ad una serie di personaggi evocati, resi da cartonati, poco a poco magicamente illuminati, a rappresentare la personificazione di un possibile loro futuro in uno scenario ventennale, e così fra genitori, amanti, figli – dagli improbabili nomi di Epicura, Atarassia e Ken – e cani, e il filosofo Epicuro scimmiottato vieppiù, si sono dipanate le probabili interferenze a venire, che realmente avvelenano le esistenze della gran parte delle coppie. Fino alla chiusura il palcoscenico ha ospitato dunque tutte quelle sagome, simbolo delle molteplici presenze nelle vite di coppia, con riscontro nel reale. Il tempo che scorre e trascorre rende inevitabilmente poi più stanchi , imbolsiti e meno appassionati, e anche tale ovvietà è fonte di angoscia per la coppia. Ciò detto, è davvero poco per confezionare una mise en scene convincente. Certo ,nelle intenzioni la sceneggiatura si poneva quale piatto forte,ma si è dimostrata banale nello sviluppo – e l’uso delle troppe parolacce (in modo davvero esagerato )per bocca femminile non ha contribuito di certo ad una buona resa del prodotto – e se la recitazione non è stata pienamente soddisfacente, l’attrice toscana Chiara Francini, va detto, è apparsa – pur nelle eccessive mossette e negli abiti da vispa teresa – più spontanea e sicura dell’altro coprotagonista, Raul Bova, di scultorea bellezza sicuramente, ma non perfettamente a proprio agio in questa commedia, dopo i 17 anni trascorsi lontano dai teatri. I costumi di Eleonora Rella non hanno appassionato, ben fatto invece il disegno luci di Daniele Ciprì. Il tentativo di fotografare la quotidiana esistenza, spesso è risultato – come accade quasi sempre per opere di tal fatta – connaturato da tempi lenti e indaginosi momenti introspettivi, non retti sapientemente e tali da apparire un monotono spot. Gli universi di genere che per lo più si scontrano – e solo raramente riescono a incontrarsi – portati in scena dall’esplosiva Francini e dal più pacato Bova, avrebbero voluto scandagliare i mille timori, speranze e insicurezze sottesi ad un cambiamento tanto significativo che prelude alle future nozze.

Nel gioco delle coppie Paola è però rappresentativa del clichè della donna lunatica e manifesta in modo palese le proprie fragilità e Marco, con velleità filosofico-letterarie, nel tentativo di calmarla, commette innumerevoli gaffe, che rendono la compagna una sorta di Medusa… non ci sono vincitori, solo vinti, né gli interrogativi, che costellano gli inizi di un percorso matrimoniale, possono trovare plausibili risposte e componimento, se non forse nella necessità di privilegiare il vivere mettendo in giusto conto che siamo mutevoli e fallibili e come ogni cosa sia in sé perfettibile: è innegabile comunque come sia rappresentata la scontata visione maschile del rapporto matrimoniale, più prosaica e incosciente rispetto a quella femminile, idealistica e nevrastenica. In conclusione, un’operetta contemporanea, che tratta degli amori liquidi dei nostri tempi, solo qualche volta divertente (infarcita come è di filosofia spicciola) ma che ha offerto certo spunti di riflessione, con un cast solo discreto e non in grado di suscitare autentiche emozioni e la regia, a tratti carente e da saggio di fine anno, di Miniero, che, dopo le fortunate esperienze cinematografiche, si è cimentato sulla scena teatrale. Le musiche e i balletti della coppia di attori hanno connotato i momenti clou, quelli in cui si esprime – con citazioni pseudo-filosofiche e aforismi – la morale dell’autore/regista e quella sua iconografia convenzionale e poco rassicurante sulla vita reale di coppia.

Tosi Siragusa

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